Il tributo alla Vergine dei battenti di Guardia Sanframondi

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Una tradizione antica, a scadenza settennale, in un reportage fotografico di Massimo Solimene

I riti penitenziali di Guardia Sanframondi in onore della Vergine hanno origine incerta; taluni li fanno risalire addirittura a dei culti pagani, su cui si è instaurata la tradizione cristiana successivamente. Il dato storico, comunque, ci riporta al 1620, quando, in occasione di una grave carestia che aveva colpito Guardia Sanframondi, gli abitanti portarono la Vergine in processione.

Massimo Solimene, profondamente appassionato di fotografia, dopo il reportage su Apice, ha colto l’occasione per realizzare a Guardia Sanframondi degli scatti in cui la processione perde ogni connotato rievocativo per riacquistare, nella pienezza di immagini forti, con particolari talvolta crudi ed inclementi, il suo senso primo: offrire la propria sofferenza all’Assunta, la contrizione del popolo che arriva a flagellarsi e a sanguinare. Proprio come in un rito pagano, c’è un sacrificio di sangue, l’uscita dal tempio senza dare le spalle alla Madonna e le varie processioni in cui si assiste alla rappresentazione dei misteri. 

Eppure ciò che da secoli attira credenti e curiosi da ogni parte della Campania sono proprio i battenti, il sughero chiodato con cui si trafiggono e il vino bianco versato sulle ferite lasciate dagli spilli. Il bianco e nero di alcuni fotogrammi trae in inganno lo spettatore, trascinato dolcemente dalle prime note del Requiem mozartiano e sospende l’evento in un tempo senza precisa datazione. Sono le sequenze a colori che ci riportano ad una realtà dolorosa e a tratti cruenta, in cui la mano di un uomo è unita al divino attraverso l’aspersione del sangue. Che questa volta è umano.

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