Disturbi alimentari: una giornata internazionale per parlarne

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LA QUARTA EDIZIONE de “LA GIORNATA DEL FIOCCHETTO LILLA” sui disturbi alimentari

Il fiocchetto lilla è stato adottato per la prima volta nel 2012 dal presidente dell’associazione “Mi nutro di vita” di Genova ,  Stefano Tavilla padre di una ragazza di 17 anni morta per bulimia nervosa.

 “Non può, non deve capitare ad altri. La morte di mia figlia deve servire a tutte le persone e le famiglie che vivono un dramma di questo genere. Il dramma di vedere chi ami che piano piano si spegne, non ride più, non mangia o vomita. Non accetta di farsi curare e a te resta la sensazione di non aver fatto abbastanza” .

L’evento si svolgerà in 40 città italiane, il 15 marzo,  per sensibilizzare e far conoscere più da vicino questa triste realtà attraverso testimonianze di chi ha vissuto e vive questo problema -soprattutto adolescenziale- che affligge  tantissime persone.  Questo appuntamento nasce dalla collaborazione di numerose associazioni contro i disturbi alimentari. Ogni comportamento disfunzionale a noi stessi nasconde disagi interiori, emozionali e psichici.  Le domande sono tante, le speranze di vincere questo mostro interiore ancora maggiori. La necessità di trovare soluzioni, una via giusta per debellare questo disagio, diventa sempre più impellente. Perché si mettono in moto questi meccanismi autodistruttivi? Perché la risposta allo stress è quella ancora una vola di rimpinzarsi di cibo per poi vomitarlo? Quale vuoto si sta riempiendo? Bisogna cambiare la propria risposta comportamentale. E per fare questo bisogna diventare consapevoli delle spinte che ci portano ad agire, bisogna fare un percorso di conoscenza e consapevolezza. Cosa stiamo nutrendo, la nostra anima o il nostro corpo, quale bisogno nascosto stiamo soddisfacendo, a cosa ci serve più questo legame? Perché non si riesce a spezzare questo cordone ombelicale invisibile all’ occhio umano. Paura del cambiamento? Paura di essere liberi e felici?

Il cibo deve essere un nutrimento fisiologico ma spesso si trasforma in nutrimento psicologico disfunzionale a se stessi. Bisogna scindere la fame fisiologica dalla fame di “coccole”, come mezzo per attirare l’attenzione, o per crearsi una corazza dalle paure della vita. Il cibo non ha il potere di modificare gli stati d’animo come spesso si pensa, ma sono i nostri pensieri, le nostre risposte emozionali, che possono cambiare il modo di percepire la vita e  i nostri comportamenti. Il cibo deve essere un alleato, un amico, qualcosa che deve nutrirci e contribuire al nostro benessere. I disturbi alimentari, come tutte le dipendenze, sono scatenati da un’emozione negativa e dalla difficoltà a gestirla. Si cerca un effetto confortante nel cibo, ma, svanito l’effetto consolatorio, l’emozione negativa ritorna, e spesso è aggravata dal senso di colpa per non aver saputo controllare l’attacco, per aver ceduto all’impulso irrefrenabile di mangiare. Si instaura così un circolo vizioso tra emozioni, cibo, senso di colpa e di nuovo cibo.

La condivisione , la comunicazione dei malesseri più profondi è fondamentale; cerchiamo altri stimoli compensatori, trasformiamo i nostri pensieri disfunzionali in  altri che sono più funzionali a noi stessi. I disturbi alimentari sono una realtà multifattoriale, l’approccio deve essere multidisciplinare, un insieme di interventi che insieme portano ad uno stato di benessere totale e duraturo. La prigione che si viene a creare  parte da una percezione della vita e delle cose che vivi che non sono allineate al tuo Se interiore,   e così nasce il conflitto che porta ad un rapporto malsano con il cibo. Il cibo per ognuno ha un significato diverso, in base al proprio vissuto si da una connotazione diversa in base al proprio sentire e percezione delle cose che ci circondano. Per l’uscita dal baratro l’amore è sempre foriero, l’amore di Sé, quello che spesso  ci hanno passato come egoismo.

Partire da se stessi è fondamentale, accettare le proprie fragilità come un dono, focalizzare i nostri pensieri su ciò che vogliamo e non su cosa non vogliamo aiuta a diventare come dei magneti di positività.  La rinascita è possibile, nulla è irreversibile, l’importante è trovare la strada che per ognuno è diversa.  Si tratta di riprogrammare il  cervello, e creare nuove abitudini. E’ scientificamente provato che bastano 21 giorni per creare un’abitudine nuova, il cervello recepisce lo stimolo e lo fa suo. Basta volerlo e trovare le persone giuste che ti aiutino a farlo.

La vita è un dono meraviglioso e arrivati ad un certo punto la forza primordiale che abita dentro ognuno ti porta a fare una scelta, scegliere di vivere ed essere co-creatore del tuo destino, o abbandonarsi all’ oblio e alla sofferenza.

photo: targatocn.it

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1 commento

  1. Non dovrebbe essere solo una giornata, questo tipo di lavoro di sensibilizzazione anderebbe fatto sempre! Soprattutto è necessario, il costante coinvolgimento dei genitori. Oggi il telegiornale ha riportato i dati istat, dove, purtroppo, si evinceva che i casi di bulimia e anoressia sono presenti in ragazzine di 8-9 anni. Una giornata non basta, ci vuole perenne attenzione e costanza.

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