Google e la questione palestinese

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Google ha davvero cancellato la Palestina dalle sue mappe?

Nelle ultime ore una tempesta mediatica sta investendo Google. La questione è semplice: pare per qualche motivo la Palestina sia stata rimossa dalle mappe del colosso di Mountain View su cui, tuttavia, restano la Giordania e la striscia di Gaza.

Alla notizia si è ovviamente risvegliato un enorme movimento di protesta digitale e non, che subito ha accusato Google di aver negato ai palestinesi il diritto della loro terra, e di aver così acceso, almeno verbalmente, lo scontro tra Palestina e Israele. La diatriba tra Google e la rete in merito alla questione palestinese è comunque molto più vecchia, ed è radicata nella mancanza di una presa di posizione da parte di Google che, già nel 2012 (ossia quando l’ONU riconobbe la Palestina come stato “osservatore non membro”) scelse di non inserire la Palestina sulle sue mappe, pur avendo modificato nel maggio del 2013 la precedente nomenclatura utilizzata nelle sue pagine di dominio .ps, passando dall’uso di “Territorio palestinese” al più “Palestina”. Ciò comunque non significò da parte di Google l’uso del termine Palestina all’interno dei suoi servizi la qual cosa portò, come intuibile, ad una forte protesta da parte della stampa palestinese che accusò Google di alimentare le tensioni sulla questione israelo-palestinese.

 

Il punto è che Google non ha mai effettivamente inserito la Palestina su Google Maps, e qui si concentra la linea di difesa del colosso che in tal senso ha chiarito di non aver rimosso nulla, semplicemente perché non c’era “nulla da rimuovere. La rete a questo punto non se n’è stata con le mani in mano ed ha lanciato una petizione affinché Google adegui i suoi servizi ad una più corretta nomenclatura. Non solo, in coda al movimento di protesta sono nati moltissimi hashtag che inneggiano al boicottaggio dei servizi di Mountain View, che cercano di diffondere l’uso del principale concorrente di Big G, ossia Bing, che nei suoi servizi ha praticamente usato sin da subito il termine Palestina. Google intanto tace, e sembra intenzionato a restare sulla sua posizione, nonostante i social, Twitter in testa, continuino la loro campagna di protesta al grido di #PalestinaIsHere e #BoycottGoogle.

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