L’incontro: intervista a Sergio Sivori del Vomero Fest

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Intervista a Sergio Sivori ideatore e realizzatore del Vomero Fest dal 12 al 14 maggio 2017.

Il “Vomero Fest” è un evento ideato da Sergio Sivori, che ne è anche direttore artistico in sinergia con Maria Rosaria Picardi, con la SerMar Events, inserito nel Maggio dei Monumenti 2017 dedicato a Totò, puntando ad essere un appuntamento annuale.

Tanti appuntamenti per un festival all’insegna delle arti, che precede quello dell’anno prossimo il Vomero International Film Fest 2018. Lei ha detto che il Vomero sarà il crocevia con la storia, la letteratura, il teatro, la pittura, la prosa, la poesia, la fotografia. Perché proprio il Vomero?

Il Vomero è un ‘pretesto’ perché qui nasce il cinema italiano. Al Vomero alla fine dell’800 ed inizio del ‘900 c’erano gli studios come Cinecittà, che all’epoca ancora doveva essere costruita, dove si faceva cinema sperimentale, era all’inizio per cui c’erano i fratelli Troncone che avevano aperto qui la Partenope Film, poi c’è stata la Tina Film su via Luca Giordano, addirittura su via Cimarosa la Lombardo Film che più tardi diventerà la Titanus. Questo è il motivo per cui questa cosa prende il via qui, in realtà è un festival della città, una festa per tutti.

La prima stella della via delle stelle, dedicata a Totò.  Quale criterio verrà seguito per attribuire le prossime stelle nei prossimi anni?

Con Totò è molto semplice, non ci vuole una commissione per deciderlo, anche in concomitanza dell’anniversario della sua scomparsa. Penso che con altri nomi sarà lo stesso, immagino Eduardo De Filippo, Triosi. Nell’ambito degli anniversari lo terremo presente e saremo sensibili a questo. Ci sarà un criterio valutato da un comitato che seguirà una serie di criteri soprattutto sui viventi. Sono tantissimi ma lo scopo è anche quello di tirar fuori i dimenticati. Non dimentichiamo che all’inizio della cinematografia italiana, considerando quella napoletana, i primi sceneggiatori furono Roberto Bracco, Ernesto Murolo, Libero Bovio persone che non sono accostate al cinema, ad esempio anche Scarpetta Vincenzo ed Eduardo hanno contribuito al cinema come Viviani. Intorno a questo c’è una miriade di nomi dimenticati come la Bertini  (Francesca Bertini, nome d’arte di  Elena Seracini Vitiello – Firenze, 5 gennaio 1892 – Roma, 13 ottobre 1985, n.d.r.), l’attrice per la quale è stato coniato il termine di diva. Via Scarlatti ai primi del ‘900 era il boulevard del cinema napoletano, stiamo parlando di un cinema commercialmente forte, perché veniva esportato negli Stati Uniti. Poi c’è stata la Dora Film della famiglia Notari, la Coda Notari (Maria Elvira Giuseppa Coda Notari, Salerno 10 febbraio 1875, Cava de’ Tirreni 17 dicembre 1946, n.d.r.) è stata la prima regista donna della storia del cinema, questo è importante. Questo in qualche modo mette le basi per recuperare la memoria, poi andare sul contemporaneo per dare spazio ai giovani, i festival servono per quei film che non si vedranno facilmente al cinema.

L’intento dichiarato del Vomero International Film Festival è quello di far risorgere della cinematografia, in forma nuova, competitiva, sperimentale e gratificante per quanti fanno cinema. In che modo?

Certamente il Vomero Internazionale Film Festival avrà un occhio di riguardo alla cinematografia nostrana, di Napoli quanto del sud. Teniamo conto che anche nel panorama nazionale, a ben vedere anche i prodotti come quelli di Sorrentino come altri, hanno sempre contribuito al cinema italiano. Tra questi e quelli meno noti, che hanno delle idee molto forti, hanno una capacità di espressione cinematografica che merita di essere messa in luce, il sud è molto produttivo sotto questo aspetto.

Tra gli intenti, si potrebbe provare a riportare le case di produzione al Vomero?

Questo non dipende da me, forse più il seme di un boulevard come una walk of fame napoletana, potrebbe dare questo avvio. Certo gli spazi del Vomero non sono più quelli dell’inizio del ‘900. Dobbiamo immaginare che qui era per la maggior parte un territorio fatto di campagne, di ville, ad esempio i fratelli Troncone avevano una grande villa (sviluppando poi la Partenope Film, n.d.r.). La Polifilms divenuta la Lombardo Film erano ubicate in grandi ville qui al Vomero. Gli spazi come vediamo non ci sono più, potrebbe essere un la che possiamo dare.

Vivendo in Spagna, a Barcellona disse che rimpiangeva Napoli, sarebbe voluto tornarci per:’ poter creare un luogo di lavoro, un cantiere, un luogo fisico dove poter lavorare ed invitare maestri  di varie discipline provenienti da tutto il mondo’. Con l’ideazione di questo Festival ci è riuscito?

Io vivo tra la Spagna e Napoli. Di fatto sono a Napoli, nel senso che il mio lavoro mi porta ovunque, perché mi occupo di teatro che di cinema, di televisione con il doppiaggio, ho il New Laboratorium Teatro, dividendomi tra tutto questo lavoro, sono piacevolmente tra qui e la Spagna. Ovviamente il mio cuore è a Napoli, la mia città, nonostante io sia vissuto per moltissimo tempo fuori ho sempre avuto il desiderio di fare questo, c’è sempre stata questa intenzione che si è concretizzata finalmente l’idea, forse concomitante con un certo sviluppo di attenzione turistica sulla città che ci favorisce, però penso che il seme può servire non tanto a noi stessi ma agli altri, a chi arriverà. Io dico che questa è una manifestazione popolare, ma nel vero senso della parola, io vorrei che le arti, almeno dal mio punto di vista avessero un rapporto elisabettiano quanto più possibile, non elitario, perché fare comizi con chi è d’accordo non ci vuole niente, il problema è porre un punto di domanda con chi non è concorde.

Per la realizzazione di questo Vomero Fest su quali forze economiche si è basato?

Dal Comune di Napoli non abbiamo avuto sostegno economico, ci sono stati piccolissimi sponsor, abbiamo messo con Maria Rosaria Picardi che è la direttrice organizzativa, soldi nostri. E’ incredibile da credersi, perché io parto da un principio che quando un progetto è partito bisogna portarlo a termine. Abbiamo chiesto, ma non sappiamo se all’ultimo secondo la Camera di Commercio riuscirà ad aiutarci in questa impresa, se ci sarà ben venga, saremo contenti, se non ci sarà il risultato è questo. Si possono fare le cose, chiaramente non si può fare a lungo termine, perché un festival del cinema è molto complesso, bisogna lavorarci dodici mesi, per cui ci sono tanti reparti da organizzare, non è molto facile, per cui spero ed abbiamo avuto anche l’assicurazione sia dalla Città Metropolitana che dal Comune stesso nella persona dell’Assessore alla Cultura, vedremo come si concretizzerà questa ipotesi. In questo momento sono orgoglioso, per coloro che si preoccupano dei soldi spesi dal Comune, posso assicurare che il Comune non ha speso un euro, sono fiero di poterlo dire e tirare fuori dall’imbarazzo il Comune. Io penso che per la propria città bisogna fare il massimo.

 

 

 

 

 

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