Burnley è una cittadina del nord-ovest dell’Inghilterra, situata nel Lancashire. Conta meno di 75.000 abitanti e, come tanti piccoli centri di quella zona, è di base operaia per le fabbriche tessili che vi si trovano.
Operaio è sinonimo di sacrificio, di forza di volontà e di conoscere a fondo la differenza tra le cose importanti della vita e quelle legate alla superficialità.
La squadra di calcio guidata da Sean Dyche non è da meno della sua gente, non potrebbe essere altrimenti.
In quel catino che ribolle ad ogni match che porta il nome di Turf Moor, i “Clarets” stanno costruendo le basi su una salvezza che risulterebbe storica.
Stiamo parlando di una compagine il cui talento medio è tutt’altro che eccelso se si esclude la presenza in rosa di Steven Defour, quotato centrocampista belga di cui si prospettava un grande avvenire ma che non ha mantenuto le attese.
Degli altri, si contano sulle dita della mano coloro che hanno avuto un’esperienza nella massima serie per più di due campionati ma non è di certo un handicap irrimediabile se, nel corso dei 90 minuti, ci metti la giusta grinta e volontà.
Se ne sono già accorti Liverpool, Everton e Man Utd di quanto pericolosi possono essere questi ragazzi se non li si affronta col piglio giusto. Da Ben Mee a Jeff Hendricks, da Stephen Ward ad Andre Gray, vedere all’opera il Burnley è un piacere per chi ammira quelli che non mollano mai.
La lotta per rimanere in Premier League sarà lunga e molto dura. Sarebbe bello che raggiungano il loro obiettivo che varrebbe più di un titolo per i tifosi e la città. Al di là di come andrà a finire, comunque, realtà come questa fanno capire quanto sia difficile giocare in Inghilterra..
Up the pints!!
Davide
