Non deve aver creduto alle proprie orecchie Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, ucciso dalla mafia il 19 luglio del 1992 insieme alla sua scorta, quando, nel corso di uno degli innumerevoli incontri che tiene in tutte le scuole italiane per parlare di mafia e di legalità, è stato interrotto dal Preside di una scuola del milanese in cui si trovava.
A scuola vietato parlare di politica
Il fratello del magistrato ucciso stava rispondendo a una domanda sui rapporti fra mafia e politica e lo zelante dirigente scolastico è intervenuto interrompendolo con la bizzarra e ipocrita motivazione che a scuola non bisogna parlare di politica! Borsellino ha quindi deciso di interrompere l’incontro e andare via.
Il vergognoso episodio è stato raccontato dettagliatamente dall’interessato sulla sua pagina Facebook.
Il racconto di Borsellino
“Oggi (12 aprile, n.d.r), durante un incontro in una Scuola Media di Baranzate, mentre stavo rispondendo alla domanda di un ragazzo che mi aveva chiesto se ci fossero dei politici collusi con la mafia, sono stato bruscamente interrotto dal Preside della stessa scuola con la motivazione che in una scuola non si deve parlare di politica.
Nella mia risposta stavo facendo, per rispondere alla domanda, i nomi di Marcello Dell’Utri e Giulio Andreotti. Il primo sta attualmente scontando una pena detentiva per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Il secondo, secondo una sentenza della Corte di Appello, poi confermata in Cassazione, “con la sua condotta, non senza personale tornaconto”, avrebbe “consapevolmente e deliberatamente coltivato una stabile relazione con il sodalizio criminale ed arrecato, comunque, allo stesso un contributo rafforzativo manifestando la sua disponibilità a favorire i mafiosi”. Per questo reato “commesso fino alla primavera del 1980” i giudici avevano decretato la prescrizione, per il periodo successivo Giulio Andreotti era stato assolto per insufficienza di prove. A questo punto non ho potuto fare altro che interrompere il mio intervento e, dopo avere salutato i ragazzi, lasciare la scuola. Non stavo parlando di politica, ma di sentenze della Magistratura e non lo avevo fatto di mia iniziativa, ma per rispondere ad una domanda di un ragazzo. Ho lasciato l’aula dell’incontro mentre il Preside diceva ai ragazzi che non poteva permettere che nella sua scuola si parlasse in tali termini di persone che avevano dato lustro al nostro Paese. Voglio sperare che si riferisse soltanto al secondo e non ad entrambi i personaggi, ma, visto che ha usato il plurale, non posso esserne del tutto sicuro”.
Qualche osservazione su Borsellino e l’antimafia
Si può osservare che non ha molto senso invitare Borsellino a parlare per poi censurarlo. Si vuole parlare di mafia solo per evidenziarne gli aspetti folcloristici o macchiettistici? Si vuole ignorare che esiste un livello di rapporti con la politica, e con esponenti politici di spicco a livello nazionale, certificato da sentenze passate in giudicato, che è ciò che ha consentito alla mafia di occupare le istituzioni? Se è così, si tratta di un’antimafia di facciata, di un’antimafia dei sepolcri imbiancati, che di certo non fa bene a questo Paese e ai suoi giovani, spesso molto più svegli e informati di coloro che da una cattedra decidono cosa sia giusto per loro sapere e cosa no. E tutto ciò proprio nei giorni in cui va a sentenza il processo d’appello per la trattativa Stato-mafia.
Una cosa è certa: la strada che questo Paese deve percorrere per raggiungere la normalità è ancora molto lunga.
Foto per gentile concessione di Movimento Agende Rosse (http://www.19luglio1992.com/)