Nella Giornata Mondiale dell’Alzheimer (21 Settembre) una storia personale, ma al tempo stesso universale perché universali sono le emozioni, forti e contrastanti, che ogni individuo vive quando un familiare viene colpito dal morbo di Alzheimer.
Una storia di duplice sofferenza, quella raccontata da Giulio Scarpati in “Ti ricordi la Casa Rossa? edito da Mondatori: da un lato la sofferenza dei familiari, dall’altro la sofferenza di chi viene colpito dalla malattia.
La progressiva perdita della memoria, della facoltà di esprimersi, della propria identità, dei sentimenti, la paura di precipitare nel vuoto, nella confusione – prospettive assolutamente difficili da accettare.
“È un continuo rimandare, finché non dimentichi cosa dovevi fare”
Nel libro “Ti ricordi la Casa Rossa?” Giulio Scarpati cerca in qualche modo di “riportare le cose al proprio posto” e lo fa con una lettera indirizzata a mamma Flavia.
Nella lettera Giulio le rammenta soprattutto i viaggi da Roma a Licosa (SA), il suo paese di origine. A Licosa c’è la Casa Rossa, una casa per le vacanze, dove la famiglia ha trascorso negli anni lunghi periodi di spensieratezza. Giulio conosce bene l’amore della madre per quella casa e per il suo paese di origine e prova, a trasmetterle, se non i ricordi, almeno quella sensazione di benessere di quando erano bambini e la mamma era presente.
“Eri sempre impegnata a scrivere i tuoi libri e, quando hai perso la capacità di formulare lunghe frasi, ti è rimasta comunque l’ansia di dover finire qualcosa. Una parte di te sapeva di aver lasciato un compito irrisolto, allora improvvisamente avevi un sussulto: <<Devo scrivere>>. E io: <<Certo, ma senza fretta, puoi cominciare piano piano>>. <<Hai ragione, dopo comincio>>. È un continuo rimandare, finché non dimentichi cosa dovevi fare”.
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“Ti ricordi la Casa Rossa?”:un album fotografico
Quello di Giulio Scarpati, più che un testo narrativo, è un album fotografico. Dalle pagine del suo libro affiora Flavia, napoletana, iperattiva, giovane ed incredibilmente bella. Di contro emerge Franco (il padre di Giulio Scarpati) svizzero, serio, compassato, studioso. E poi, i bambini, le tate, gli animali. Pagine come tante piccole diapositive.
“Sono qui accanto, ma non mi vedi. O mi vedi e non mi riconosci. Mi fissi e mi attraversi con lo sguardo. Vedi altro”
“In questa tua stanza affollata di ricordi antichi riconosci loro e non noi. Sei nel nostro spazio, ma sospesa in un tempo tutto tuo”.
Scarpati ha voluto scrivere questo libro per diversi motivi: per metabolizzare il proprio dolore, per il desiderio di restituire alla madre la dignità del suo passato, ma anche per aiutare tutte le persone che si trovano a vivere situazioni simili, in particolare chi vive questi drammi in totale solitudine.
Giulio Scarpati al Premio Penisola Sorrentina
Durante la serata conclusiva del Premio Penisola Sorrentina, l’attore romano ha raccontato sul palco del Teatro delle Rose delle difficoltà nell’approcciarsi alla malattia, del disperato desiderio che la madre ricordasse, delle forzature fatte per riportarle i ricordi.
“All’inizio è stato difficile perché per primo non accettavo la sua malattia, non la guardavo negli occhi. Pensavo a torto che bastasse metterle le cuffie dell’iPod, farle ascoltare la musica classica o napoletana che amava tanto per riportarla indietro, mi raccontavo da solo una grande balla, continuavo a mentire.”
Solo col tempo si è reso conto che volere a tutti costi che lei ricordasse provocava dolore ad entrambi; così ha deciso che a fermare i ricordi di sua madre sarebbe stato lui, attraverso il suo libro, e che l’avrebbe curata con l’unico rimedio efficace: l’Amore.