Paradise Hills, trama e recensione

Paradise Hills – Uma (Emma Roberts) si è appena sposata e si appresta a vivere la prima notte di nozze con il marito che le fa notare quanto sia cambiata in meglio. Flashback a due mesi prima: Uma si risveglia su un’isola chiamata Paradise dove viene rieducata ad essere più mansueta insieme ad altre compagne di sventura: c’è la cantante di grido Amarna (Eiza González) in crisi col suo produttore, Chloe (Danielle Macdonald) che ha problemi di sovrappeso e Yu (Awkwafina), in preda ad attacchi di panico. Le ragazze proveranno a sfuggire alle grinfie della Duchessa (Milla Jovovich), che gestisce l’isola misteriosa in maniera alquanto losca.

Paradise Hills, recensione

Tra fantasy, fantascienza e horror “Paradise Hills” crea un mondo magico con un budget più basso di quello che ci si aspetterebbe: circa sei milioni di euro. Il miglior lavoro lo fa con i costumi (di Alberto Valcárcel) e le scenografie, ma anche in quanto a effetti speciali riesce a stupire per certi versi. La regista Alice Waddington, al suo esordio in un lungometraggio dopo il successo del corto “Disco Inferno” del 2011, è una trentenne spagnola anche scrittrice e costumista con le idee chiare.

Produzione spagnola (anche se con la collaborazione americana) realizzata alle Canarie, ad una certa ricchezza visiva con un suo fascino accompagna una sceneggiatura (Brian DeLeeuw e Nacho Vigalondo) senza guizzi specie per quanto riguarda i dialoghi. In quanto a performance spiccano Milla Jovovich ed Emma Roberts, mentre il personaggio con più spessore risulta essere quello interpretato dalla rapper Awkwafina.

Tra superiori e inferiori che determinano una distopica piramide sociale, l’ombra nazista si allunga per mezzo di inservienti uomini che drogano le ospiti dell’isola pur chiamandole gentilmente con l’appellativo “mademoiselle”. Ne verrà fuori la morale che in un mondo che tende a omologarci sono i ricordi a renderci unici, simbolizzata dal ciondolo che Uma porta sempre al collo.

Nel suo contenere un messaggio femminista di fondo il film riesce a non essere pretenzioso ma la sua fase centrale langue fino al colpo di scena brillante a mezz’ora dalla fine, con annessa svolta horror. Diverse buone idee visive alla lunga da sole non bastano, per un film che doveva e poteva essere più ambizioso al di là dell’inflazione delle tematiche di genere. Con tanta forma e molto meno sostanza, il racconto di formazione insito in “Paradise Hills” non riesce infine ad uscire dalle convenzioni (vedi il personaggio dell’antagonista Jovovich) nonostante avesse in sé i semi di alcuni spunti interessanti.

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