“Panni sporchi per Martinengo”, edito da Fratelli Frilli Editori, è l’ultimo romanzo di Fabrizio Borgio, che ha per protagonista l’investigatore privato Giorgio Martinengo.
“Panni sporchi per Martinengo” è disponibile anche su Amazon
Durante il pranzo di Natale che vede riunita tutta la famiglia, magna Luisa propone un’indagine a suo nipote, l’investigatore privato Giorgio Martinengo. Mentre Martinengo indaga sugli affari poco chiari di uno zio acquisito, si ritrova a dover indagare anche sul conto di un dipendente sospettato di fare il doppio gioco con una ditta concorrente e sulla presunta infedeltà dell’affascinante e sensuale Melissa. Indagini multiple, grane di famiglia, mafie dall’Est e l’aiuto di un outsider dai modi spicci e le mani pesanti complicano non poco le giornate di Martinengo.
“Panni sporchi per Martinengo” di Fabrizio Borgio (Fratelli Frilli Editore)
Non righe, ma fotogrammi. La scrittura di Borgio è piacevolmente astuta. La minuziosa descrizione di ogni particolare, soprattutto nella parte iniziale e in quella finale del romanzo, rallenta l’azione concedendo al lettore di immergersi nell’atmosfera e vivere le tensioni di Martinengo, uomo sensibile, ma solitario (quasi schivo) che vive nel territorio compreso tra le Langhe e il Monferrato.
“La mattina del venticinque Dicembre era grigia come il suo umore e come la müda che stava indossando per l’occasione. Mentre si annodava la cravatta, rigorosamente rossa, nello specchio osservò la contrattura della mascella serrata, la curva scontenta della bocca e la barba di dieci giorni che gli imbiancava il volto, sembrava fosse stato schiaffeggiato a mani piene di borotalco.”
“Giorgio rincasò all’alba, mise su la Bialetti da tre tazze e aprì al gatto che lo richiamava lamentoso dalla finestra della cucina. Il felino balzò sul davanzale e, soddisfatto, fece un giro intorno al tavolo, poi saltò su una sedia libera e lo fissò con quella flemma che da millenni riusciva ad affascinare gli uomini. Il caffè iniziò a bollire. Giorgio si alzò, accarezzò il gatto concedendogli una grattatina dietro le orecchie e in cambio ricevette fusa. Si versò tutta la caffettiera nel tazzone con il logo della Croce Rossa Italiana, aggiunse mezzo cucchiaino di zucchero di canna e un goccio di latte, da bravo profano del caffè.”
Da napoletana, oltre a storcere il naso per la preparazione del caffè, ho avuto qualche difficoltà nel comprendere parte di alcuni dialoghi. Ciò per via dell’uso del dialetto piemontese che tuttavia, riconosco, conferisce autenticità e spessore alla narrazione.
Se sul caffè non ci siamo, non posso dire altrettanto dei numerosi vini richiamati nel romanzo. Se siete astemi, leggete con cautela. Resterete inebriati non solo dalla scrittura di Borgio, ma anche dal profumo dei vini piemontesi coprotagonisti del romanzo.
Il libro tratta tematiche delicate: dai rapporti familiari talora combattuti si passa a discutere di forme illegali di reclutamento della manodopera, sfruttamento dei lavoratori e organizzazioni mafiose dei paesi dell’Est. Il libro, dunque, è un aperto invito alla riflessione ed è per questo che ho voluto saperne di più prendendo contatti con l’autore.
Intervista all’autore
- Martinengo è un personaggio ben caratterizzato. Una rara sensibilità che lo spinge ad essere talvolta cupo e malinconico, quasi schivo. Quanto c’è di Fabrizio Borgio in Martinengo?
Abbastanza, ma non è un alter ego. È comunque inevitabile che costruendo il personaggio protagonista si utilizzino aspetti caratteriali propri per avere una base di partenza agevole e per fare propria la narrazione che lo vedrà agire.
- Protagonista del libro, oltre a Giorgio Martinengo, è il vino, anzi i vini, quelli piemontesi. Fabrizio Borgio, semplice appassionato o professionalmente impegnato nel settore?
Sono stato professionalmente impegnato nel settore in passato lavorando per alcune cantine e distillerie. Continuo inoltre a essere membro dell’ONAV, l’Organizzazione Nazionale Assaggiatori di Vino. D’altronde, il vino è una componente preponderante della cultura e del territorio che mi appartengono.
- Quale dei vini menzionati in questo tuo ultimo romanzo preferisci maggiormente e perché?
La Barbera d’Asti superiore è il vino che ho maggiormente approfondito e citato. Appartiene alla nobile famiglia di rossi piemontesi fermi e forte struttura che sono le caratteristiche principali che tendo a preferire in un vino. Questo senza voler nulla togliere al sovrano rappresentato dal Barolo.
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“Giorgio decise di spostarsi. Mise in moto, abbandonò la piazza e gironzolò senza meta attorno a San Costantino. Trovò le indicazioni per una panchina gigante, fermò in un’area picnic molto ben attrezzata e si mosse a piedi fino alla cima del bricco da dove, seduto sull’enorme struttura, si godette lo spettacolo della Langa squadernata davanti ai suoi occhi. Rimase fermo e silenzioso, per minuti dimentico di tutto, la vista cullata dall’immenso mare di terra ondulata che aveva risvegliato il senso del mito in Pavese, la resistenza di Fenoglio. Si riempì le orecchie del silenzio della langa, del vento lieve che gli soffiava sul viso un’idea di mare e se ne lasciò cullare, vecchio bambino vezzeggiato da un’antica madre.”
Per questa e per tante altre descrizioni presenti nel romanzo, proporrei la tua candidatura alla carica di assessore al turismo. Iniziamo col dire quando e perché visitare le Langhe?
La battuta mi lusinga, ma non credo di aver grandi capacità politiche. Chiusa questa parentesi, in altri paesi, sfruttare la narrativa per promuovere il territorio è una pratica diffusa e apprezzata. Si parla anche di marketing territoriale a riguardo della narrazione di un territorio, disciplina che mi aveva incuriosito e che avevo studiato da autodidatta anni fa.
La triade dell’UNESCO, Langhe, Monferrato e Roero esprimono il massimo della loro espressività verso l’autunno, dall’inizio della vendemmia fino a novembre. L’inverno, specie una volta, è freddo e umido e tende a essere nevoso verso la fine. La primavera è splendente e rigogliosa, ma tende a essere piovosa. L’estate calda, molto calda e a volte capricciosa. In fondo ce n’è per tutti i gusti. Amare un luogo può portare ad appassionarsi alle sue diverse espressioni lungo l’arco delle stagioni.
- Il romanzo offre diversi spunti di riflessione: rapporti familiari non sempre idilliaci, tradimenti, caporalato, crimini in nome del Dio denaro. Tanta roba per un unico romanzo. Perché “sparare tante cartucce” in una sola volta?
Come mi è già capitato di raccontare altre volte, la storia nasce quasi sempre da più di un’idea. L’intrecciarle e sovrapporle permette di rendere la trama più tortuosa e, mi auguro, la lettura più coinvolgente in questo modo.
- Troveremo Martinengo impegnato in un’altra indagine?
Sicuramente. Sto preparando la documentazione per la prossima storia.
- In cosa sei impegnato ora? Cosa stai scrivendo?
Scrivo sempre. Anche racconti, altre storie di genere completamente diverso. Mi piacerebbe tornare all’horror e cercare di far paura con due progetti che accarezzo da tempo.
- Una piccola grande curiosità. Perché nella tua biografia sottolinei il fatto di esser nato prematuro?
Perché nella cultura piemontese, il Settimino è un individuo speciale, dotato di poteri e talenti particolari. Una specie di scaramanzia per i miei lavori.
Ringrazio Fabrizio Borgio per la sua disponibilità e per avermi fatto conoscere meglio un territorio, che (ahimè!) non ho ancora esplorato. Mi riprometto di organizzare un soggiorno nelle Langhe e di godermi un buon calice di Barbera d’Asti. Anche io prediligo i vini fermi e ben strutturati. Intanto vi consiglio di seguire le indagini di Martinengo, un personaggio che, vi assicuro, amerete senza alcuna fatica.