Hosteria “Lu Vic P’ Dent”: tradizione, ricerca e innovazione


Settembre è un mese un particolare. Se da un lato è il mese dei buoni propositi dopo la ricarica delle vacanze estive, dall’altro ha in sé una dolce nostalgia e malinconia dei tempi trascorsi. Non è una cosa negativa, anzi, è una sensazione che ti fa riappacificare con il mondo.

Con Andrea, mio cognato, molisano doc, ci eravamo promessi di venire in questo locale che per mera coincidenza avevamo trovato chiuso qualche settimana prima. Ed è così che, parcheggiata l’auto in uno slargo storico, passeggiando di sera per i vicoli storici di Bojano, una cittadina in provincia di Campobasso, tra case e strade medievali ben tenute e quella fioca luce gialla dei lampioni, l’aria è già frizzante (siamo sempre a 500 metri sul livello del mare), appare la porta dell’Hosteria “Lu Vic p’ dent”, un’osteria che si presenta in tutto il suo splendore con un architettura che, appunto, ricorda i fasti medievali della cittadina Molisana.

Ci accolgono vecchi e grandi amici di Andrea: Rosanna, padrona di casa con un sorriso a 32 denti, insieme a Federico, e ci fanno accomodare all’interno della prima sala all’ingresso. La sala è molto bella, ad arco, ma non è l’unica, tant’è che ci fanno visitare l’intero locale, che oltra elle cucine, ha una sala cantina, ricca di etichette di vino ed attrezzata per deliziosi entreè, e infine la sala più interna, che è all’aperto, che abbiamo evitato perchè la serata era fresca.

Gustato l’entreè nella sala cantina, tra tarallini, formaggi e affettati, restando in piedi e facendo due chiacchiere con Rosanna, io e Andrea ci siamo accomodati per iniziare un vero viaggio degustativo. Il menù dell’osteria “Lu Vic p’ dent” è un menù tipico con pietanze tipiche del territorio molisano, caratterizzato, però, da una serie di piatti rivisitati ma con grande rispetto della tradizione e della materia prima. Nel menu non manca qualche contaminazione di altre regioni italiane e che vi racconterò più avanti.

Volevamo restare leggeri, ma dovete sapere che “leggeri” in Molise è un aggettivo vuoto. Scherzi a parte, abbiamo iniziato a mangiare consigliati da Rosanna e chiaramente l’impatto è stato fantastico.

Come antipasto abbiamo mangiato “La passita”, ossia una scamorza, che da queste parti è l’esatto equivalente della mozzarella per noi napoletani, che è bruscata su pietra rovente guarnita con fichi e gocce di miele. Un piatto rustico, come la scamorza passita che si presenta con la tipica crosticina, è addolcito dai fichi e dalle gocce di miele. Il profumo che arrivava dalla pietra lavica, che ancora faceva il suo lavoro, è ancora vivo nella mia mente. Abbiamo accompagnato il piatto con una verdura di stagione ripassata e patate gratinate al forno.

L’antipasto e i primi sono accompagnati da un calice di Tintilia, vitigno autoctono molisano, di Campi Valerio, un vino dai tannini delicati, giusta acidità,  godibile, 14° da meditazione. Si presenta rosso rubino, olfatto frutti rossi, ciliegia, con terziari di pelle e tabacco.

Passiamo ai primi e decidiamo di prenderne due differenti, per assaggiare due tipologie di piatti. La scelta cade su “La Fettuccina Verde”, che si presenta su una fonduta allo zafferano e guarnita con carpaccio di tartufo, sullo “Gnocco di Patate”, spadellato con funghi porcini, julienne di crudo ed emulsione di latte.

I piatti di pasta, rigorosamente realizzati a mano e abbondanti, sono davvero squisiti. La fettucina verde è un gioco di contrasti di sapori e consistenze: la fettucina al dente è ammorbidita dalla fonduta allo zafferano e contrastata dal carpaccio di tartufo. Un piatto fresco, vivo e che lascia il segno. Lo gnocco di patate, invece, è una dolce scoperta: la cremosità dello gnocco di patate e del latte emulsionato che funge da legante viene contrastata dalla croccantezza del prosciutto crudo, tagliato alla julienne, e dai profumi dei porcini. Non è un caso che i primi sono uno col tartufo e uno coi porcini, altrimenti che Molise sarebbe? Sul tartufo e il Molise c’è tanto da approfondire, e lo faremo in altro articolo, una vera cultura del territorio superiore a tante altre realtà italiane tanto decantate.

Saltiamo ai dolci per ovvi motivi di carico serale (forse Andrea, vista la mole, ne avrebbe ancora, ma accetta). Contaminazione nordica nelle “Frittelle”, ossia kraft di mele accompagnato con gelato alla cannella. La frittella calda, dorata e succulenta, grazie alla mela, contrasta alla perfezione con il gelato alla cannella. Il “Pistacchioso”, invece, è una prelibatezza, con la mouse di ricotta molto delicata, che si abbina perfettamente all’acidità della crema di pistacchio e alla giusta croccantezza del biscotto morbido. I dolci sono accompagnati da due distillati prodotti a mano: un distillato alla  mela verde e un nocino. Davvero deliziosi, ma una menzione a parte la merita la mela verde quella biologica di Castel del Giudice, vicino Isernia, recuperata con una coltivazione ad 800 metri di altezza, che qui in osteria, come ci spiega Rosanna, ha un grande valore sia affettivo che gastronomico.

Se passate per Bojano, o siete in zona Campitello Matese, consiglio vivamente una visita: cordialità e un bel sorriso vi accoglieranno e poi vi divertirete nei vari assaggi. Altro elemento di interesse è la mancanza del costo del coperto, non tanto per il risparmio (anche se oggi, visti i tempi, è tanta roba e sarebbe meritato in questa bella location), ma per le motivazioni storiche che vengono spiegate perfettamente sul menu: se il coperto si pagava quando i commensali di fermavano in taverna per consumare i propri cibi, perchè si dovrebbe pagare oggi quando i commensali consumano i cibi già venduti dall’osteria? Non male come idea, ottime le motivazioni.

L’Hosteria “Lu vic p’ dent” ai trova a Bojano (CB), al Corso Umberto I, 18.

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