In attesa del vertice di centrodestra che dovrebbe confermare la candidatura di Berlusconi al Quirinale, Salvini sta cercando di trovare spazio nelle trattative con le altre forze politiche, in particolare con il movimento a 5 stelle, al quale il segretario della lega riconosce di aver condotto insieme nel governo la battaglia per evitare il vaccino obbligatorio e addirittura l’apertura ad una candidatura del centro destra, che non sia quella del presidente di forza Italia.
Elezione del nuovo Presidente, fissata la data
Dopo l’Epifania i giochi per l’elezione del presidente della Repubblica cominciano ad entrare nel vivo, anche perché è stata fissata la data del 24 gennaio, come quella della prima votazione dei grandi elettori e i maggiorenti dei partiti vorrebbero evitare di portare alle lunghe la partita, anche per il timore di terminare negli stessi giorni del festival di Sanremo.
La ripresa del dialogo tra Lega e movimento non significa tornare ai tempi del governo gialloverde di Conte, anche perché ci sono ancora temi come il nucleare che dividono profondamente le due forze politiche, ma serve a fare capire al PD di Letta che la Lega non ha solo Berlusconi come candidato e che è venuto il momento di decidere allo stesso tavolo cosa fare per il Quirinale, ma anche per il governo.
A tale proposito pesa molto l’assenza di Giorgetti nell’ultimo consiglio dei ministri perché fa capire che ormai nel centrodestra si viaggia su orizzonti diversi e che seppure l’emergenza pandemica sia ancora un tema incalzante, rilanciare le ragioni dell’unità nazionale non è un fatto scontato e che per farlo potrebbe non bastare nemmeno lasciare Mario Draghi a Palazzo Chigi.
Pier Ferdinando Casini, esperto “palombaro”
In questo tempo difficile comincia ad emergere nuovamente Pier Ferdinando Casini, esperto palombaro, che già alla fine del 1993 si inabissò dopo la fine della Democrazia Cristiana e la nascita del Partito Popolare Italiano di Martinazzoli. Casini all’inizio del 1994 riuscì ad emergere, insieme a Mastella, con il CCD, un partito completamente nuovo, il cui simbolo fu fatto sviluppare da Giugiaro, il più famoso designer della nostra nazione in una prospettiva di alleanza col centro destra, completamente diversa da quella di Martinazzoli.
Casini trovò l’accordo con l’imprenditore Berlusconi, sceso clamorosamente in campo con il suo partito azienda Forza Italia, e seppe costruirsi una nuova carriera politica, che diventò piena di successi, con la presidenza della Camera e quella delle Commissioni più importanti, tra le quali quella speciale d’inchiesta sulle banche.
Dopo più di cinque lustri, tutti passati da protagonista nelle due Camere, Casini e Berlusconi si trovano ora ad ambire alla stessa poltrona, quella più prestigiosa di tutte del Quirinale.
La differenza consiste nel fatto che il presidente del Monza la coltiva alla luce del sole, mentre il grande tifoso del Bologna insegue il sogno, obbedendo alle regole di navigazione subacquea, che aveva già sperimentato con successo nel gennaio del 1994, prima di fondare appunto il CCD.
Casini, chi l’ha visto?
Anche questa volta Casini è praticamente scomparso dai radar della politica, rinunciando alla partecipazione ai vari talk show televisivi e alle dichiarazioni pubbliche e come dice simpaticamente qualche suo amico, evitando persino di rispondere ai messaggi sul cellulare degli interlocutori di cui non si fida.
L’unico che ha fatto una dichiarazione pubblica favorevole alla sua candidatura è per il momento Matteo Renzi, ma pur non avendo un punto di partenza ampio di grandi elettori come Berlusconi, conosce bene le regole fondamentali che devono attuarsi in questi periodi, suggerite dall’esperto Ugo Zampetti, ex suo segretario generale ai tempi della presidenza a Montecitorio e attuale segretario generale del Quirinale.
Secondo queste regole, il fatto di non essere sostenuti da nessuna forza politica consistente numericamente, significa potenzialmente di trovarsi nelle condizioni di essere sostenuto da tanti, se non proprio da tutti. In fondo questo assioma lo insegnavano anche alla scuola democristiana dei dorotei dove Casini si forgiò agli insegnamenti di Flaminio Piccoli, Attilio Ruffini e soprattutto di Toni Bisaglia. In effetti, crescendo alla scuola democristiana e seguendo i motti dei gesuiti Casini nella sua lunga attività politica ha sempre ostentato modi energici, ma è sempre approdato sostanzialmente a scelte politiche moderate.
È sempre stato distante dal mondo cattocomunista di Nino Andreatta e oppositore dei prodiani, ma questi dati di fatto della sua attività politica in diverse fasi della sua carriera non gli hanno impedito di essere candidato, alle ultime elezioni politiche del 2018, dal Partito Democratico, addirittura nel collegio uninominale di Bologna e di vincere con largo consenso.
Questo è stato possibile perché nel corso della ultra ventennale sfida tra berlusconiani e antiberlusconiani ha saputo restare perfettamente in mezzo, pur non standoci mai, nel mezzo. Il suo segreto di rimanere sempre in auge negli anni caldi del bipolarismo è nella sua ricetta della pozione magica, praticata nei confronti di Silvio Berlusconi, e cioè il fatto di non dire mai, né si, né no. Casini ritiene infatti che, se si dice sì al presidente di Forza Italia, Berlusconi fagocita inesorabilmente, se invece non gli si dà ragione, si offende terribilmente.
Ora che potrebbe profilarsi una sfida tra i due per la poltrona del Quirinale questa pozione magica potrebbe per la prima volta essere inutile, ma Casini da buon bolognese si affida anche alla Madonna di San Luca e una volta emerso dall’inabissamento volontario, come nel 1994 potrebbe ritrovarsi ad essere il candidato gradito da tutti o comunque il meno sgradito per il Colle e non solo dalle forze politiche di centro del volpone Renzi e del vecchio amico Mastella.