“Non era mia madre ma io ero sua figlia”. “Adesso che sei qui” di Mariapia Veladiano, edito da Guanda, è un delicato viaggio nella crudeltà di una subdola malattia.
“Adesso che sei qui”di Mariapia Veladiano, trama
Zia Camilla non ha avuto figli. E’ vissuta in una grande casa di campagna con il suo amato Guidangelo e sua nipote Andreina che ha tirato su meglio di una figlia. Ora Andreina è una donna, è moglie e madre. Zia Camilla, invece, è rimasta sola. A fargli compagnia però è arrivato il «signor Alzheimer».
I familiari di Zia Camilla pensano che l’unica soluzione sia metterla in un istituto. Andreina però non è d’accordo. Zia Camilla deve restare nella sua casa di campagna, tra fiori, galline e orologi. Andreina, dunque, sarà l’unica a prendersi cura della zia. Ad aiutarla alcune donne che nella casa di Zia Camilla trovano un rifugio.
Tra alti e bassi, nonostante la presenza ingombrante del «signor Alzheimer», Zia Camilla continua a dispensare gioia e buoni consigli, insegnando a chi la circonda il gusto e l’amore per le piccole cose.
Recensione
Nonostante tratti un tema particolarmente doloroso Adesso che sei qui è un romanzo pieno di grazia ed amore. La scrittura della Velapiano è semplice e scorrevole, ma al tempo stesso coinvolgente e ricca di descrizioni.
Zia Camilla era forte. Aveva la tranquilla indistruttibilità di chi era stato molto amato. Zio Guidangelo l’aveva adorata. Fin da piccolissima li avevo visti ogni giorno darsi un bacio veloce quando lei tornava prima dai campi per preparare il pranzo.
Andreina sa che Zia Camilla non potrà guarire dall’Alzheimer e per questo si affida al cambiamento scoprendo la gioia delle piccole conquiste.
Quando arriva la malattia si può pensare di doverla affrontare controvento oppure si può assecondare il vento e ballare e lasciare che ci alzi le gonne e ci rubi il cappello, che la vita continui.
Grazie all’aiuto di alcune donne Andreina riesce ad avere uno sguardo diverso, scorgendo in anticipo i silenzi smarriti di Zia Camilla. Tra le donne si instaura una rete, un fitto scambio di affetti. Nessun legame di sangue, ma condivisione ed amore, umanità.
L’arrivo della malattia di Alzheimer significa vedere tante persone per la prima volta. E’ come un primo giorno di scuola continuamente ripetuto. Io mi presento. Tu ti presenti. Chissà se andremo d’accordo. Però mi pare di conoscerti. Ma sì, sei una mia amica. Quando la sera venivo a prendere Merhawit per portarla alla canonica di don Marco, la zia immancabilmente le diceva: “Ti voglio bene e ti porto nel mio cuore”. Era la sua dichiarazione d’amore.
Quello della Veladiano è, dunque, un racconto di affetti che si moltiplicano, è il manifesto per eccellenza della maternità che non sempre coincide con quella biologica, è la prova che l’amore ripaga sempre. La forza di Zia Camilla sta nell’amore che ha saputo dare e che ora, con l’arrivo del tedesco, il «signor Alzheimer», riceve in cambio, in maniera ancor più nobile e generosa.
Come stai zia Camilla?
Adesso che sei qui, il mondo comincia per me
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