Riforma delle pensioni 2023: come funzionerà


Nelle ultime ore, il Governo e i sindacati stanno riaprendo il confronto in merito al tema della riforma delle pensioni 2023. Infatti, l’avvio del confronto era stato già intrapreso all’inizio all’inizio dell’anno poi si era interrotta a causa dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Però, a settembre dovrà essere definita la nuova legge di Bilancio e quindi dovranno esserci anche le nuove misure previdenziali relative al 2023. Infatti, quota 102 che era stata prevista dall’ultima legge di Bilancio e che prevede la pensione a 64 anni di età con 38 di contributi, scade a dicembre 2022. Cosa accadrà dopo questa data? Cosa prevede fino a ora la nuova riforma delle pensioni 2023? Scopriamolo insieme.

Le ipotesi sulla riforma delle pensioni 2023

La Riforma delle pensioni 2023, riesce a dividere e ad unire le parti sociali allo stesso tempo. Infatti, i sindacati puntano a prevedere nuovi canali per il pensionamento anticipato. L’obiettivo è cercare di non tornare nuovamente alla legge Fornero che prevedeva la pensione a 67 anni di età. Piuttosto, si vogliono ottenere delle forme di pensionamento anticipato, nonché forme di flessibilità in uscita dal mondo del lavoro che riescano però a rientrare nel sistema contributivo. Allo studio, vi sono diverse ipotesi. Innanzitutto quella della pensione in due tempi. Questa misura prevede una prima quota calcolata col sistema contributivo, mentre un’altra con quello retributivo che sarà poi corrisposta nel momento successivo. Grazie a questo metodo l’assegno pieno, cioè quello composto da entrambe le quote, arriverebbe solo quando sopraggiunge l’età per la pensione di vecchiaia. È possibile però anche prevedere una nuova forma di pensionamento che è una delle ipotesi al vaglio. Parliamo di quota 41. Si tratta ovvero di una pensione che prevede l’erogazione già a 41 anni di contributi a prescindere dall’età lavorativa. Poi vi è anche l’ipotesi dell’uscita dal lavoro con 64 anni di età e con almeno 20 anni di contributi. In realtà, però i sindacati stanno facendo pressing per ottenere l’estensione di questo tipologia di pensione a partire dai 62 anni di età.

La questione delle pensioni integrative

Su pressing dei sindacati, inoltre, si sta parlando anche molto delle nuove misure per incentivare le pensioni integrative. I sindacati in particolare, puntano sul silenzio assenso per la destinazione del TFR alla previdenza complementare. Ma si sta anche lavorando molto per ottenere incentivi fiscali per i lavoratori e per i giovani che hanno redditi più bassi. Insomma, per tutti coloro che rischiano di trovarsi con una copertura previdenziale che potrebbe risultare inadeguata. C’è anche chi propone un patto intergenerazionale tra anziani e giovani. Poiché l’Italia è uno dei Paesi con la popolazione più vecchia al Mondo, si potrebbe pensare di far fare lavori socialmente utili a oggi destinati ai giovani agli anziani che lo desiderano. In questo modo, si andrebbero a integrare le pensioni più basse. Al contempo invece, i giovani potrebbero assistere le persone anziane e aiutarle a comprendere la nuova tecnologia. Questo poi aiuterebbe anche a creare nuovi posti di lavoro per giovani, nonché a dare una mano alle persone più anziane. Insomma, le ipotesi al vaglio sono numerose ora si cerca di trovare una quadra attraverso il confronto tra le parti sociali.

 

 

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