Le recenti elezioni politiche in Polonia hanno mostrato un volto diverso del paese di San Giovanni Paolo II, perché potrebbe tornare al potere una maggioranza europeista, dopo otto anni di governo del partito conservatore del PiS, denominato Diritto e giustizia, che sulle questioni dei migranti e dei diritti arcobaleno si era posto in modo opposto alle decisioni dell’Unione europea, così come sui temi dell’indipendenza dei giudici e della stampa.
L’elettorato polacco ha voluto il ritorno al potere, con alla guida un’ampia coalizione anti-PiS, del leader moderato Donald Tusk, già premier tra il 2007 e il 2014, prima di trasferirsi a Bruxelles come presidente del Consiglio europeo.
Il nuovo vicepresidente della Commissione europea con delega al Green Deal, il socialista Maroš Sefčovič, esulta per i risultati, dichiarando testualmente : “È una grande notizia per l’Ue che un Paese così importante come la Polonia torni al centro delle politiche europee”.
Sulla stessa linea del vicepresidente socialista, anche il capo dei popolari del Ppe, Manfred Weber, che esprime la seguente dichiarazione: “Tutti possiamo rallegrarci del fatto che la Polonia sia tornata. Tusk ora dovrà formare un governo, che tutelerà gli interessi del Paese e ne farà un partner collaborativo con l’Ue“.
In effetti l’attribuzione dei seggi sbarra la strada a un terzo mandato alla testa del governo per il PiS, perché la formazione del premier uscente Mateusz Morawiecki e dell’eminenza grigia Jaroslaw Kaczynski, che nell’Ue si colloca tra i conservatori e riformisti dell’Ecr guidati da Giorgia Meloni, ha ottenuto circa il 36%, un risultato che vale il primato tra i partiti, ma non permette di mantenere la maggioranza dei seggi del parlamento.
Infatti i 196 seggi ottenuti dal partito Diritto e giustizia non riescono a garantire la maggioranza, neanche nel caso di un’alleanza con l’ultradestra di Konfederacija, che ha guadagnato il 7,2%.
Il PiS non può mantenere la guida dell’esecutivo perché questa forza di estrema destra, anti-abortista, pro-armi e contraria al sostegno all’Ucraina ha deluso abbondantemente le attese, finendo per ottenere solo una quindicina di seggi. Invece l’alleanza triplice, fra la Coalizione civica di Tusk, che sfiora il 30 per cento con il 29,7%, la lista che mette insieme un unico fronte composto da popolari, verdi e liberali, i cosiddetti centristi della Terza Via, che raggiungono quasi il quindici per cento, esattamente il 14,4%, e il partito di sinistra di Lewica con l’8,4% è l’unica combinazione politica possibile per superare la soglia dei 231 seggi, che rappresenta la quota della maggioranza assoluta nel Sejm, la Camera bassa del Parlamento polacco. In ogni caso queste forze di opposizione negli ultimi anni, che sono unite ora in maggioranza, potrebbero dover aspettare tante settimane, forse mesi, prima di avere una possibilità di formare il nuovo governo.
Infatti il presidente della Repubblica Andrzej Duda, peraltro esponente del PiS, dovrebbe rispettare la prassi, che al responso delle urne, assegna l’incarico in prima battuta al primo ministro del governo uscente.
Solo dopo questo passaggio rituale, il mandato potrebbe essere affidato a Tusk per la formazione di un governo delle tre forze pro-Ue. Questa coalizione però avrebbe il problema della coabitazione con il presidente Duda, perché servono i tre quinti dei voti del parlamento per neutralizzare un eventuale veto del presidente della Repubblica sulle leggi.
Kaczynski del PiS è consapevole delle difficoltà politiche del momento, mentre Tusk ricorda le sue promesse di migliorare i rapporti con l’UE e anche di sbloccare i 36 miliardi del Pnrr di Varsavia che, seppur approvato formalmente ormai più di un anno fa dalla Commissione, è stato finora congelato.
Secondo Tusk il Pnnr sarebbe stato ostaggio finora del braccio di ferro sulle riforme della giustizia, che avrebbero limitato l’indipendenza della magistratura polacca. Tusk è stato pure presidente del Consiglio europeo prima di lasciare Bruxelles per dedicarsi completamente alla campagna elettorale polacca, e or è attaccato pesantemente dal co-presidente del gruppo Ecr al Parlamento Ue Nicola Procaccini, europarlamentare di Fratelli d’Italia.
Procaccini entra a gamba tesa sulla trattativa per formare il prossimo esecutivo polacco, minacciando il partito di Tusk di non portare al governo della Polonia la sinistra comunque uscita sconfitta dalle elezioni. Queste politiche hanno fatto registrare la più grande affluenza al voto dai tempi della caduta del Muro con il 79,79% grazie soprattutto alla partecipazione dei giovani, ma le urne per il referendum sono andate comparativamente deserte per il boicottaggio delle opposizioni. Così i quesiti sull’aumento delle pensioni e l’accoglienza dei migranti, abbinati dal governo uscente alle politiche, con appena il 40% dei voti espressi, non hanno raggiunto il quorum, lasciando le questioni sul tappeto del dibattito politico polacco.