<h3>Si è spento recentemente nella sua città natale all’età di 82 anni.Ecco chi è stato Ugo Intini
L’ultimo dei Mohicani di James Fenimore Cooper è un romanzo storico del XIX secolo, che è ambientato nella colonia di New York durante la guerra franco-indiana.
Il libro racconta la storia di un cacciatore bianco di nome Natty Bumpoo, soprannominato “Lungo Fucile” o “Occhio di Falco”, che ha deciso di abbandonare la civiltà, per vivere in simbiosi con la natura.Lungo Fucile vive insieme ai suoi amici indiani Cinghachgook e suo figlio Uncas, gli ultimi due sopravvissuti della tribù dei Mohicani, una delle più antiche e rispettate del Nord America.
Ugo Intini che si è spento recentemente nella sua città natale all’età di 82 anni, dopo una degenza di diverse settimane all’ospedale San Raffaele potrebbe essere definito come l’ultimo dei Mohicani socialisti.
E’ stato un esponente storico del Partito Socialista molto colto ed onesto, tenace, coerente e coraggioso, uno dei dirigenti migliori, come ha scritto sui social Bobo Craxi.Intini ha trascorso una vita al fianco del padre di Bobo e Stefania, un suo uomo di fiducia dai tempi in cui Bettino Craxi si poteva definire quasi un signor nessuno.
E’ stato un grande socialista, che amava spaziare da De Amicis a Turati, passando per Nenni e Pertini, e dopo tangentopoli divenne autorevole dirigente nazionale dello SDI, il partito dei Socialisti Democratici Italiani, poi confluiti nel 2007 nel rinato Partito Socialista Italiano, che si presentò da solo alle successive elezioni politiche perché Veltroni preferì allearsi con il partito di Di Pietro, piuttosto che con quello di Boselli e Intini.Era laureato in Giurisprudenza e un bravissimo giornalista, riuscendo a ricoprire il ruolo di direttore dell’Avanti e poi anche de Il Lavoro di Genova.
La stretta collaborazione con Craxi lo portò a ricoprire diversi incarichi tra i socialisti, responsabile per l’informazione, portavoce del Partito Socialista Italiano e finanche suo rappresentante nell’Internazionale Socialista.E’ stato deputato per diverse legislature dal 1983 al 1994, ma anche dopo lo scoppio dell’inchiesta Mani Pulite, continuò a militare nel Psi.
In quegli anni difficili nel segno di Tangentopoli diventò bersaglio della satira pungente di tanti, tra i quali Corrado Guzzanti.Ha fatto parte del governo Amato II come sottosegretario agli Esteri dal 2000 al 2001, ma anche del governo Prodi II come viceministro sempre agli Affari Esteri dal 2006 al 2008 per la sua esperienza in campo internazionale.
Nel 1994 è stato tra gli organizzatori della Federazione dei Socialisti, diventata poi Movimento Liberal Socialista, che, due anni dopo, assieme al Partito Socialista Riformista di Fabrizio Cicchitto ed Enrico Manca, fonda il Partito Socialista del quale sarà segretario.Nel 1998 partecipa alla fondazione dei Socialisti Democratici Italiani insieme ad Enrico Boselli, dove viene rieletto deputato alla Camera alle elezioni politiche del 2001.
Nel 2005 torna sulla scena politica, tra i promotori del nuovo progetto radical-socialista de ‘la Rosa nel Pugno’, al fianco di Marco Panella e Emma Bonino.Nel 2007 ha poi aderito al rinato Partito Socialista Italiano.
Nella diaspora socialista molti sono finiti nel centro destra, soprattutto nella formazione di Forza Italia, fondata da Silvio Berlusconi, ma Intini è rimasto fino alla fine della sua vita a sinistra, pur essendo un convinto socialista anti-comunista.In realtà Intini aveva capito che il PCI era troppo legato ai giornali liberal-progressisti di Eugenio Scalfari e seppe resistere nella grande tempesta di tangentopoli come una specie di ultimo giapponese, evidenziato dalla famosa imitazione di Corrado Guzzanti ad Avanzi.
Secondo Intini bisognava tenere accesa a tutti i costi la “fiammella del gas” socialista, per garantire un futuro alla politica italiana.Pur essendo un uomo fidato di Craxi non amava lo strapotere socialista della sua Milano da bere, i clan, i riti, i nani e le ballerine, che si approfittavano della grande forza di Bettino, solo per avere privilegi, favori e prebende.
Intini ha scritto molti libri e l’ultimo nel 2022 è intitolato “Testimoni di un secolo”, una lunga serie di testimonianze su diversi protagonisti del novecento, Nenni, Pertini, Craxi, Ciampi, Andreotti, Montanelli, Willy Brandt, ma anche la dinastia dei successori di Mao, Ceausescu, Arafat, Kim II Sung, fino ai capi talebani.Nel libro di Intini trova posto la storia grande, ma anche quella minima, in un itinerario virtuale del mondo geopolitico, che conduce il lettore dalla Russia comunista, all’America Latina, passando per il Medioriente sulle linee di confine di ogni luogo, per approdare alla fine nei tribunali e nei palazzi del potere italiano, ripercorrendo le storie dei governi e degli uomini politici più importanti.
Secondo Martelli, Intini dopo tangentopoli ha continuato a rivendicare i meriti e le conquiste del PSI, e a respingere le offese pesanti di ruberie, che avevano l’obiettivo di dipingere i socialisti come criminali.
Intini, Chomsky e la metafora della rana
In una delle sue interviste Intini cita il politologo americano Chomsky, che ha osservato che se una rana viene gettata all’improvviso nell’acqua bollente, salta fuori e si salva.Ma, se resta nell’acqua tiepida e poi poco a poco sempre più calda, non reagisce per assuefazione e muore.
Gli italiani, come la rana, si sono forse abituati a un declino lento e mortale, perché nel 1990 producevamo all’incirca la stessa ricchezza di Francia e Gran Bretagna, un po’ meno della prima e un poco più della seconda.Ma dopo il trentennio perduto post tangentopoli nel 2019, l’Italia era indietro del 35% rispetto alla Francia e addirittura del 40% rispetto alla Gran Bratagna.
Lo stesso terreno è stato perduto verso il resto dell’Unione Europea e ancora di più verso i paesi in via di sviluppo, perché dicendolo in modo brutale la penisola sta diventando un Paese di vecchi e la vecchiaia non può essere un motore per lo sviluppo.Invece i giovani sono pochi e sempre più spesso se ne vanno all’estero e sono pure tra i meno istruiti del mondo moderno.
Mentre l’acqua della rana prima si riscaldava e poi bolliva, i politici cosiddetti nuovisti hanno trascorso l’ultimo trentennio mettendosi unicamente a criminalizzare la prima Repubblica.Intini cita però anche la conclusione dell’ultima intervista di Nenni rilasciata allo stesso autore: “I vecchi non devono rimproverare niente ai giovani, perché devono pensare di quanto esiste di erroneo nel loro atteggiamento sono essi stessi responsabili.
Per quanto riguarda poi le aspirazioni dei giovani verso l’avvenire, i vecchi sono dei cattivi giudici, perché sono dei giudici già sulla via del tramonto”.
Bobo Craxi, figlio di Bettino, riconosce a Intini di essere stato, dopo Pietro Nenni, il più grande giornalista politico socialista del secolo scorso.Infatti nella stagione del nuovo corso craxiano dei socialisti, negli anni Ottanta, stava sempre nella prima linea della trincea, ma lo faceva con la misura che aveva imparato da personaggi come Nenni e Pertini.
Il fatto di non scivolare mai in polemiche facili e nelle offese con gli avversari testimonia la distanza siderale che lo separa dai comportamenti dei politici dell’attuale generazione, sempre più incline al settarismo e a un linguaggio violento.Tra gli altri libri scritti da Intini va ricordato quello che scrisse nel 1994 dopo poche settimane la vittoria elettorale clamorosa di Berlusconi, intitolato “La privatizzazione della politica”.
In quegli anni dopo il crollo del sistema politico, Intini non fece la difesa di tutto ciò che era stata la politica italiana, non nascondendo i difetti, ma analizzò bene soprattutto i rischi che correva il Paese davanti all’avventura dell’ondata moralistico-rivoluzionaria, che portava alla privatizzazione della politica.
Infatti, l’invasione dell’economia nella politica era già presente nel mondo anglo-sassone, in particolare negli Stati Uniti, e stava arrivando anche in Italia e Ugo Intini ebbe la capacità di essere tra i primi a capirlo.Ma fu completamente inascoltato e i socialisti e il paese con loro sono sempre più poveri.