Da Grillo al Regno di Oz


Il fondatore del Movimento 5 Stelle Beppe Grillo è stato destituito dal ruolo di garante anche nella seconda votazione interna, ma il comico genovese continua a chiamare “Mago di Oz” il presidente Giuseppe Conte.

Grillo con questa definizione evidentemente intende accusarlo di essere un venditore di fumo, uno che regna nel suo movimento non grazie alla forza o al merito, ma solo per la capacità di raccontare storie, che affascinano gli ingenui.

Lo stesso autore del romanzo il meraviglioso Mago di Oz, Lyman Frank Baum, nella definizione di “mago” non vede un personaggio che regala magie, bensì semplicemente lo specchio di chi vuole illudersi, e adesso anche dopo la Costituente del Movimento 5 Stelle potrebbe essere la stessa cosa.

Il meraviglioso Mago di Oz o meglio “The Wonderful Wizard of Oz” è dunque il titolo del celebre romanzo per ragazzi di Baum, originariamente illustrato da William Wallace Denslow, che fu pubblicato per la prima volta da George M. Hill Company a Chicago il 17 maggio del 1900.

Il libro racconta le avventure della bambina Dorothy nel magico Paese di Oz, dopo che lei e il suo cane Totò sono stati spazzati via da un tornado che colpì il Kansas, dove abitava assieme agli zii, perché aveva perso entrambi i genitori.

Il titolo poi venne spesso abbreviato in Il mago di Oz, “The Wizard of Oz”, che diventò sia il titolo del musical del 1902, sia quello del celebre film del 1939 prodotto dalla MGM. Già nei primi anni dello scorso secolo tanti critici iniziarono a vedere nel romanzo un’allegoria o una metafora degli eventi politici, economici e sociali degli Stati Uniti d’America di fine ottocento.

A distanza di più di un secolo ricompare il Mago di Oz nella lite piuttosto clamorosa nel movimento 5 stelle tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte, con il fondatore che per la verità già dai tempi del governo Draghi continua a chiamare il presidente dei pentastellati “il Mago di Oz”.

Nel famoso romanzo poi divenuto film, il personaggio di Lyman Frank Baum di magia aveva solo l’apparenza, perché era un uomo comune, un illusionista. Il mago di Oz era arrivato casualmente in un mondo che non conosceva, ma che riuscì a conquistare con il gioco di prestigio più vecchio del mondo, quello dell’apparenza. Oz era il suo regno, diviso in quattro province, e governato centralmente dalla sfavillante Città di Smeraldo.

Il regno solo in apparenza infatti era uscito da una favola, perché in fondo vi erano diverse amare verità. Gli abitanti di Oz vivevano nell’inganno, perché credevano che il Mago fosse onnipotente, quando in realtà il “Mago” era invece, solamente un uomo furbo ed estremamente pragmatico, perché aveva capito che il potere si regge su quello che gli altri vogliono vedere. Infatti, quando il personaggio del romanzo Dorothy e i suoi tre strani compagni si mettono in viaggio, trovano l’inganno del mago di Oz.

I tre compagni di Dorothy erano uno Spaventapasseri, che si credeva privo di cervello, un Uomo di Latta, che cercava un cuore, e un Leone che si sentiva vigliacco, e si misero in viaggio assieme a Dorothy, per chiedere al Mago di esaudire i loro desideri. Ma il “grande e terribile Oz” in realtà non era un mago, bensì solo un prestigiatore, un vecchio che tirava le fila da dietro un sipario. Oz non aveva poteri speciali, era solamente fumo senza arrosto e specchi senza magie.

Non si poteva però definire il Mago di Oz come un personaggio malvagio e nemmeno un cattivo burattinaio come il Mangiafuoco di Collodi. Oz era semplicemente uno specchio delle illusioni, che Dorothy e i suoi tre compagni si erano costruite, e in generale delle bugie che si è portati ad accettare, quando non si riesce a guardare in faccia la realtà.

Alla fine del romanzo Oz indica agli altri protagonisti che quello che cercavano disperatamente in realtà era già dentro di loro, perché cervello, cuore e coraggio non si possono comprare o mendicare, ma si riescono a tirar fuori solamente quando si smette di credere agli illusionisti.

La seconda consultazione interna al movimento l’ha voluta lo stesso Beppe Grillo, e l’esito riconferma, con numeri di partecipazione spietatamente superiori, l’eliminazione del ruolo del garante. Grillo lo ricorda sui social, citando la scena finale del film “The Truman show“.

Le parole sono riportate testualmente: “Caso mai non vi rivedessi, buon pomeriggio, buona sera e buona notte”, e il fondatore, ormai ex garante del movimento, posta pure un fotomontaggio che lo ritrae nei panni del protagonista del film, interpretato da Jim Carrey, nel momento in cui esce di scena.

È il momento in cui Truman, dopo aver scoperto che il mondo in cui vive è solo un’illusione e un copione predeterminato, è costretto a superare le sue paure e insicurezze, per riuscire a scappare. Come Truman nel film, questo appare come il saluto definitivo di Beppe Grillo al Movimento 5 Stelle, che lo ha tagliato fuori per ben due volte in pochi giorni con due votazioni clamorose e nette dalla creatura politica che lui stesso ha fondato. In effetti il fondatore del Movimento 5 Stelle aveva fatto un video, precedentemente alle consultazioni, in cui era alla guida di un carro funebre, prevedendo la conferma della cancellazione della figura di garante da lui ricoperta, nel quale invitava Conte e i suoi adepti a “farsi il loro simbolo” e “andare avanti”.

Pochi minuti prima dell’ultimo post di Grillo sul Truman show, il presidente Giuseppe Conte, sempre sui social ha esultato per i risultati della costituente, terminata con la sua netta vittoria anche nella seconda consultazione. Il presidente del movimento 5 stelle ha postato testualmente:“Quorum ampiamente superato con una partecipazione addirittura più alta di due settimane fa”, aggiungendo l’immagine di un gremito corteo pentastellato.

Nella descrizione della foto Conte ha scritto: “Questa è l’onda dirompente di una comunità che non conosce limiti e ostacoli, in cui tutti contano davvero. Ora si volta pagina. “
Il Movimento si rifonda sulle indicazioni arrivate con Nova dagli iscritti. Inoltre ha aggiunto ancora testualmente: “La comunità ha detto a Grillo che stava sbagliando”, per riportare la centralità della base nelle scelte del Movimento.

Per quanto riguarda invece la nuova squadra, chiamata a guidare assieme a lui la nuova fase politica, il leader del Movimento ha confermato che sarà composta dalle persone che non hanno mai abbandonato la formazione e che hanno rispettato le regole del doppio mandato, facendo anche i nomi tra gli altri di Fico, Taverna, e Crimi.

Lo stesso Conte, dopo aver parlato all’evento di Atreju di Fratelli d’Italia, in modo polemico ma tutto sommato sereno nei confronti del governo attuale, ha avuto invece grandi momenti di tensione al Senato durante la replica della premier Giorgia Meloni al dibattito sulle sue comunicazioni in vista del Consiglio europeo.

A infiammare il clima dell’aula sarebbero state proprio le risposte della presidente del Consiglio alle accuse del Movimento 5 Stelle, secondo cui l’attuale governo sarebbe servo della lobby delle banche.

La premier ha detto testualmente : “Lo so che siete in difficoltà…”, tra le proteste dei pentastellati che hanno interrotto più volte il suo intervento. “Ma io quando vengo accusata, posso rispondervi oppure voi dite quello che volete e io devo stare in silenzio?”, ha insistito nella sua replica.

A cercare di placare gli animi è intervenuto il presidente del Senato Ignazio La Russa che, di fronte alle critiche al tono usato dalla premier Meloni, che ha detto di provare a rispondere con aplomb istituzionale, ha ripreso la senatrice pentastellata Floridia. La Russa ha dichiarato nel suo intervento da presidente dell’assise di palazzo Madama : “Lasci parlare Meloni col tono che desidera, non può decidere anche il tono”.

La Presidente del Consiglio ha provato ad andare avanti, ma una contestazione ancora più forte è arrivata sempre dal movimento 5 stelle con il senatore ed ex capo gruppo Ettore Licheri, che ha gridato testualmente: “Ma quante volte ha votato il superbonus?”, rivolgendosi a Giorgia Meloni che in precedenza aveva detto di non accettare “lezioni sulle risorse per la sanità, da chi ha bruciato i soldi col superbonus”.

Il presidente La Russa, dopo averlo richiamato all’ordine due volte ha preso atto del comportamento del senatore pentastellato, che ha lasciato l’aula spontaneamente.
La Russa ha commentato l’uscita dall’aula di Licheri dicendo in modo perentorio “Si auto-espella“.

Giorgia Meloni ha chiuso la replica senza ulteriori interruzioni, precisando ulteriormente la questione super bonus con le testuali parole : “I provvedimenti del vostro governo non li ho votati, perché stavo all’opposizione”, facendo velatamente anche un riferimento al comportamento della Lega, suo attuale alleato, che in quel periodo aveva invece sul governo guidato da Giuseppe Conte una posizione politica diametralmente opposta a quella del suo partito, Fratelli d’Italia.

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