Audience Optimization: Facebook al servizio dell’editoria


Facebook e le raccolte di dati

Che Facebook raccolga dati su di noi è cosa appurata e conclamata, e non basteranno i vostri (inutili) post, figli delle più becere catene di Sant’Antonio a salvare la privacy delle vostre abitudini.

Le raccolte dati, com’è ovvio presupporre, hanno il fine ultimo di rendere Facebook uno degli strumenti preferiti dei rivenditori che, attraverso i trend evidenziati dal social (e le annesse abitudini comportamentali), possono selezionare in modo chirurgico il pubblico a cui, eventualmente, proporre i loro servizi, in quella che è una pubblicità che si fa sempre più connessa e “smart”, interfacciandosi direttamente con le abitudini dei consumatori.

Proprio sulla scia di questo sviluppo delle “capacità” a cui Facebook è soggetto quasi dalla sua fondazione, si aggiunge ora il nuovo “Audience Optimization” (disponibile, per ora, solo negli Stati Uniti) e nato con lo scopo di dare la possibilità agli editori (e dunque ai creatori di notizie, articoli, o blog pages) di selezionare i propri utenti (parliamo sempre di quelli connessi alle “pagine” e non ai “diari”) in base ai loro interessi, così da cercare di proporre la lettura a chi potrebbe effettivamente essere interessato a quel materiale.

Quel che è il dettaglio dello strumento in sé è, in realtà, poca roba, e consiste, in soldoni, nella creazione di specifiche categorie di interesse con la creazione di annessi “tag”. Una cosa simile esiste già su Facebook, come ben sa chi è pratico nella gestione e nella creazione delle inserzioni interne al social network; tuttavia è evidente che da una distinzione molto generica si stia raffinando sempre più la lista delle abitudini dei naviganti di FB.

Orbene, il celebre portale The Verge, si è allora voluto divertire stilando un po’ di classifiche in base a quelli che sono i dati pubblici che Facebook ha messo a disposizione. La parte divertente della faccenda è constatare come i dati, ovviamente oggettivi, siano del tutto differenti da quella che è l’idea che una persona (metti, un italiano) potrebbe farsi dei gusti del resto del mondo sbirciando rapidamente il proprio news feed. Ne viene fuori, ad esempio, che c’è un duo canoro giapponese (Puffy AmiYumi) che ha un maggior impatto mediatico di “gente” come Beyoncé, o che lo spettacolo Disney on Ice riceve generalmente un gradimento magiore di Game of Thrones. The Verge ha poi evidenziato come esistano persone che hanno, tra i propri interessi, concetti puramente astratti che mal si sposano con quella che dovrebbe essere l’interazione (o comunque il “movimento dei dati”) su un social network. E così ci sono circa 88 milioni di persone che hanno tra i propri interessi il “peccato”, o 41 milioni a cui evidentemente piace “piangere”, o ancora una buona fetta a cui piace “LOL”.

Insomma, Facebook continua la sua ricerca degli utenti perfetti. Il meccanismo di algoritmi, innescato dalle abitudini, i protocolli, i tag e le più diverse combinazioni di azioni e interessi, sta pian piano costruendo quello che è il vero volto del mondo digitale, così da costruire – o almeno così si spera – il profilo completo dell’utente della rete. Un’informazione preziosa, che permetterà a chi ne avrà bisogno di identificare, scremare, ed infine avvinghiare il proprio “fan perfetto”. Una scienza, più che una casualità, che si è già resa utile per alcuni settori della vendita al dettaglio e che potrebbe cambiare in modo netto il modo con cui non la pubblicità, ma noi stessi, ci interfacciamo con i marchi.

[Facebook Audience Optimization è ad ora disponibile solo per le pagine in lingua inglese. Nel caso in cui voleste attivarlo vi basterà cliccare “Settings” e scegliere poi la scheda “General”. Individuate così l’opzione “Audience Optimization for Posts”, selezionate il tasto “Edit” ed inserite le categorie che ritenete inerenti ai vostri contenuti. Voilà, siete ora dei provetti social media manager, ndr]

 

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