Amato o bocciato?


Il neo presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato, che era stato indicato anche come possibile presidente della Repubblica, ha spiegato in una conferenza stampa le motivazioni dei referendum ammessi alla consultazione popolare e quelle dei respinti.

Un fatto inedito, persino anomalo secondo alcuni professori di diritto costituzionale, perché i giudici costituzionali dovrebbero parlare solamente attraverso le sentenze e invece Giuliano Amato si è messo quasi a polemizzare con i promotori dei quesiti bocciati, specialmente sul fine vita.

Referendum ammessi e referendum respinti

La corte costituzionale non ha ammesso alla consultazione popolare, che si terrà tra il 15 aprile e il 15 giugno, i quesiti referendari riguardanti l’eutanasia, la responsabilità civile dei magistrati e la cannabis. Sono stati ammessi invece gli altri cinque, sulla legge Severino, il cambio di funzione dei magistrati, il voto degli avvocati sulla professionalità dei magistrati, la carcerazione preventiva e la modalità di selezione delle candidature al CSM.

L’Election Day

I promotori dei referendum sono soprattutto leghisti e radicali e hanno richiesto di accorpare la votazione referendaria al turno previsto delle elezioni amministrative.

L’Election day, cioè riunire le consultazioni elettorali in un’unica data, farebbe risparmiare circa 200 milioni di euro e consentirebbe maggiori speranze di raggiungere il quorum per la validità dei quesiti referendari.

Matteo Salvini punta sulla vittoria referendaria, per ristabilire la sua leadership, molto traballante dopo le vicende quirinalizie, nel centrodestra, ed è pronto a girare l’Italia nelle piazze e sui palchi, per convincere i cittadini ad andare a votare i referendum sulla giustizia. Secondo Enrico Letta, in realtà il segretario della Lega userebbe i referendum solo come campagna elettorale, per non perdere il turno amministrativo delle Comunali.

La scommessa del PD

Il partito democratico propone la strada parlamentare per la riforma della giustizia, scommettendo sul forte dato astensionistico delle ultime tornate elettorali. Non tutti gli esponenti del PD sono però per l’astensione e ci sono importanti esponenti del partito e della sinistra, che potrebbero schierarsi per il si a tutti o comunque a gran parte dei quesiti referendari.

Il partito dei fratelli d’Italia sicuramente non voterà a favore dei due quesiti sulla riforma della custodia cautelare e sulla legge Severino, confermando la grande differenza di vedute tra Meloni e Salvini.

Anche il movimento 5 stelle è schierato contro i quesiti, mentre il governo si deve ancora esprimere sull’Election day, avendo comunque già dato parere favorevole alla riforma proposta dalla Guardasigilli Cartabia, che se approvata in tempi brevi dal Parlamento potrebbe rendere inutile a quel punto la consultazione referendaria.

L’elemento trainante

Un eventuale abbinamento Comunali referendum dovrebbe invece passare per una norma ad hoc e c’è il grande rammarico della lega verso Giuliano Amato e la Corte Costituzionale, che ha bocciato il quesito sulla responsabilità civile dei magistrati, perché era quello il referendum che contava davvero e poteva trainare i cittadini alle urne.

In effetti sul metodo di elezione del CSM, delle separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri e sulla riforma dei consigli giudiziari, che riguardano tre dei cinque quesiti, l’approvazione in Parlamento della riforma Cartabia potrebbe sicuramente evitare la consultazione popolare su questi argomenti, lasciando aperte solo le questioni sul carcere preventivo e sugli amministratori condannati dalla legge Severino. Insomma il centrodestra non potrà fare comitati unitari per il Sì e Salvini si sta già organizzando con i radicali, perché ha dichiarato che i quesiti devono appartenere a tutti, addirittura anche ai 5 stelle, che potrebbero finalmente completare il gran salto dal giustizialismo al garantismo.

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