Azzardo e riforme, il rischio dell’illegalità


Niente di nuovo sul fronte gioco d’azzardo. Si può riassumere in una frase il recente passato della legislazione sul gambling, che nelle ultime settimane non sta ricevendo spinte di nessun genere. Almeno a livello nazionale.

Le realtà locali stanno trovando difficoltà crescenti nel combattere la diffusione delle scommesse, consapevoli che la libertà concessa dallo Stato renderebbe un loro provvedimento temporaneo e inefficace. Per l’intervento del governo centrale bisognerà attendere, ma forse non sarebbe la soluzione migliore. Il rischio infatti si chiama illegalità, ed è ancora peggio della ludopatia.

Uno degli scopi principali per cui lo Stato si occupa del gioco d’azzardo è la tutela del cittadino. Lasciare che il mercato spopoli senza un controllo aiuterebbe le mafie locali, affossando i giocatori. Con il suo lavoro AAMS ha la possibilità di fissare la percentuale di vittoria e il ritorno del denaro agli scommettitori. Le slot machine sono controllate periodicamente, tenendo il conto di incassi del gestore e vincite dei clienti. In questo modo non possono essere manomessi i software né a vantaggio della cassa né per accordarsi con dei “fortunati” vincitori. A parità di guadagno, il giocatore d’azzardo sceglierà sempre l’azienda controllata dallo Stato in barba alle mafie locali. Inutile dire quanto queste ultime non forniscano certezze riguardo probabilità di vincita, tempistica e modalità di pagamento.

L’evoluzione dell’online ha trasferito la questione sui linguaggi digitali. Lo Stato ha deciso di legalizzare il gioco in rete soltanto nel 2011, quando è riuscito ad avere i mezzi a disposizione per esercitare la propria funzione di garante. Tradotto in termini pratici, viene monitorata la casualità degli algoritmi alla base dei processi di distribuzione delle carte in specialità come poker e blackjack o delle combinazioni in slot machine e videolottery. Allo stesso modo vengono segnalati tutti i possibili casi di “collution” tra diversi player di una piattaforma, così come l’improbabile circostanza che venga utilizzato un superaccount a fini di lucro. La transazione di pagamenti avviene per via elettronica, con una tracciatura aggiornata per dimostrare l’avvenuta operazione. Tutto questo ha portato i domini illegali a uscire dal mercato che conta, relegandolo al dark web e ai pochi utenti che ancora non fanno caso al marchio AAMS su un sito.

Dietro la mancata presa di posizione dello Stato si può dunque vedere una preoccupazione per il mercato illegale del gioco d’azzardo. I casi patologici non sarebbero contrastati in modo efficace con la chiusura di slot machine o centri scommesse, perché i diretti interessati sfogherebbero il loro desiderio sfruttando macchinette fornite dalle mafie locali. La perdita di denaro rimarrebbe, con la differenza di finanziare attività illecite al posto del governo centrale.

La questione finanziaria non è certo di secondo piano quando si parla di gambling. Il 2016 ha portato nelle casse dell’Erario circa 8 miliardi di euro dei 94 del volume di gioco complessivo. Una cifra che risulterebbe ridotta in modo drastico qualora si decidesse di intervenire con una legge contro mini-casinò e centri scommesse. Ignorando forse che l’online non risulterebbe intaccato, ma per il gioco terrestre tornerebbero alla luce vecchi problemi. Una soluzione sembra lontana, e il continuo procrastinare dei governi che si succedono non è un buon segnale per il futuro.

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