Caso Denise Pipitone, l’abominevole strumentalizzazione del dolore – Questa sera andrà in onda “Lasciali parlare” il programma della TV russa durante il quale verranno svelati i risultati degli esami del sangue di Olesya Rostova, la ventenne russa in cerca dei suoi genitori che ha dichiarato di essere stata rapita all’età di 4 anni. Ad attendere l’esito degli esami, Piera Maggio, madre di Denise Pipitone, la piccola scomparsa da Mazara del Vallo nel 2004, ma anche altre due mamme, ognuna delle quali naturalmente spera che quella ragazza sia la propria figlia scomparsa anni fa. Un circo mediatico costruito, senza pietà, sul dolore di queste persone.
Caso Denise Pipitone, speranze appese ad una discutibile regia televisiva
Nessuna certezza. Dopo 17 anni, durante i quali Piera Maggio non ha mai mollato (oltre ad un processo nei confronti della sorellastra di Denise e del suo fidanzato, accusati rispettivamente del rapimento e di favoreggiamento, accuse cadute entrambe in quanto assolta la donna e prescritto il reato nei confronti dell’uomo) ed innumerevoli segnalazioni, le speranze di ritrovare Denise sono ora appese ad una discutibile regia televisiva. In studio tre diverse storie, tre “candidate” a mamma. Una pena infinita. Come se il dolore di quelle donne non fosse abbastanza forte.
C’è chi si diverte a trovare le somiglianze tra la giovane russa e la madre di Denise. Il padiglione auricolare, la voglia sulla pancia, le prove di invecchiamento, ma nessuno fa la radiografia del cuore di quelle donne che stasera riceveranno l’ennesima delusione (tre mamme e una sola figlia, magari di nessuna di esse). Si sarebbe potuto fare tutto in maniera riservata: chiedere il gruppo sanguigno della ragazza e poi prendere il Dna della ragazza russa, ma questa è un’altra storia!
Dolore vestito di lustrini e paillettes
Spettacolarizzare il dolore, un metodo macabro di fare audience sul dolore degli altri. Pubblico, opinionisti, testimonianze, magari discordanti per creare un maggiore alone di mistero. Una bulimia di informazione che senza alcun pudore, scavalca e profana il dolore reale, vestendolo di lustrini e paillettes. Il mondo digitale ha certamente mutato il modo di fare informazione, ma quella del programma russo non è informazione. E’ disumanità.