Alcune immagini satellitari recentemente pubblicate mostrano come la temperatura del suolo, in una serie di località della Siberia, abbia sfiorato il livello record di 48° celsius.
Tra il 2020 ed il 2021 il climate change ha sicuramente fatto molto parlare di sè, grazie alle ormai celebri immagini dei roghi che hanno interessato la stragrande maggioranza del territorio della California, coprendo il cielo di città come Los Angeles e San Francisco di pesanti coltri di ceneri e polvere, e costringendo migliaia di persone a fuggire dalle proprie abitazioni a causa dei tantissimi roghi sviluppatisi spontaneamente nelle aree circostanti.
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I nuovi dati acquisiti dai ricercatori dell’ESA, l’Agenzia Spaziale Europea, confermano tuttavia, se ce ne fosse il bisogno, come tali problematiche non interessino soltanto territori tradizionalmente aridi come la California, ma anche aree del nostro pianeta avvezze a ben altre temperature ed a ben altri scenari.
Le rilevazioni-record sono state effettuate nei pressi di Verkhojansk, nella regione della Yakutia, nella Siberia Orientale, grazie all’opera dei satelliti “Copernicus Sentinel”, ma non rappresentano certamente un caso fortuito. La stessa ESA ha infatti rivelato come anche in altre aree circostanti, come ad esempio nella regione del Govorovo (43° centigradi) ed in quella del Saskylah (38° centigradi) la situazione stia diventando, per così dire, “bollente”.
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Il timore degli scienziati e degli specialisti di tutto il mondo è che tali condizioni possano condurre non solo allo scoppio di una nuova serie di disastrosi incendi, come quelli che negli scorsi mesi hanno interessato proprio la stessa regione artica, distruggendo centinaia di chilometri quadrati di foreste e di ambienti incontaminati e rilasciando nell’atmosfera quantitativi record di CO2, ma addirittura alla diffusione di malattie tra la popolazione ivi residente.
Nel permafrost, lo strato di terreno solido e compatto, perennemente congelato da migliaia di anni, presente nelle regioni artiche, sono infatti contenute innumerevoli tipologie di microrganismi e di ceppi virali rimasti sinora dormienti, che, in caso di “scongelamento” potrebbero causare non pochi problemi alla salute delle popolazioni circostanti.
Lo scongelamento del permafrost, inoltre, causerebbe il rilascio di enormi quantitativi di gas-serra, come ad esempio il metano, assorbiti e rimasti intrappolati nel terreno nel corso degli anni, andando ad instaurare un vero e proprio circolo vizioso.
Le autorità stanno al momento sorvegliando in maniera attenta la situazione, e si sono dette “pronte a tutto” pur di impedire il ripetersi degli stessi eventi accaduti mesi fa.
L’unica certezza che questo ennesimo, infausto, record ambientale ci lascia, è la necessità di ricalibrare e ripensare i nostri consumi, le nostre abitudini ed il nostro impatto ambientale.