Dati allarmanti: vittime di femminicidio in aumento


Quindici in tre mesi. Di queste una è Napoli ed è di poco più di una settimana fa. L’elenco delle vittime di femminicidio in Italia nei primi tre mesi si continua ad allungare, nonostante le campagne di sensibilizzazione, le leggi ad hoc, gli sportelli rosa nei pronto soccorso.

Vittime di femminicidio in aumento e centri antiviolenza chiusi

Spesso alla radice del problema c’è un dato molto più allarmante: la carenza di centri antiviolenza sul territorio. Centri che, come accade a Napoli, complice la pandemia hanno chiuso i battenti dalla scorsa estate. Un elemento niente affatto trascurabile, se si tiene conto che le operatrici sono costrette a fornire da remoto un servizio talvolta “provvidenziale” per salvare la vita di donne che subiscono violenze e maltrattamenti quotidiani. Una modalità, quella online, che non consente purtroppo l’assistenza e l’accompagnamento della vittima verso un percorso di uscita dal tunnel quotidiano di soprusi e prepotenze da parte degli uomini.

Lo dice a chiare lettere Rosa Di Matteo, presidente di Arcidonna e responsabile del Centro Antiviolenza Aurora di via Genova: «Dal mese di luglio i centri Antiviolenza del Comune di Napoli sono chiusi perché mancano i fondi. Alla luce di questo mi chiedo: se Ornella avesse chiamato a quel numero e nessuno ha risposto?».

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L’ultima vittima: Ornella Pinto, 39 anni, insegnante

Un nome che rimanda subito all’ennesimo caso di femminicidio che ha sconvolto il capoluogo campano oltre 10 giorni fa. Ornella Pinto, 39 anni, era un’insegnante di sostegno del Liceo Artistico Di Napoli ed è morta sabato 13 marzo all’ospedale Cardarelli. La notte precedente, in casa sua, al terzo piano di un appartamento di via Filippo Cavolino nel quartiere Stella San Carlo all’Arena, la donna è stata colpita con 12 fendenti al torace dal suo ex compagno, Giuseppe Iacomino, 43 anni, che dopo aver girovagato per centinaia di chilometri la mattina successiva all’assassinio è andato a costituirsi alla stazione dei carabinieri di Montegabbione, in provincia di Terni. L’uomo, imprenditore turistico a Ercolano, ha affermato di aver ucciso la vittima, con cui conviveva da sei anni e con cui aveva avuto un figlio di tre anni, perché non accettava l’idea di separarsi.

Una delle tante donne, Ornella, vittime di uomini violenti che probabilmente subiva in silenzio da tempo i maltrattamenti e gli abusi di chi diceva di amarla. Una delle tante donne che, dal luglio scorso, si è vista venir meno un servizio fondamentale di supporto come i Cav del Comune. Un motivo per cui Rosa Di Matteo si dice triste e arrabbiata, «perché non c’è interesse sul problema da parte delle istituzioni. Quando ho saputo della notizia, mi sono detta “ecco, ora abbiamo i riflettori puntati sul fenomeno solo perché ne è morta un’altra”». «In questo ultimo anno di pandemia solo da noi al centro Aurora ci sono stati 160 casi – prosegue – Storie forti dove spesso gli uomini maltrattanti si sentono in una condizione di impunità, perché la donna tra lockdown e zone rosse non può uscire nemmeno per andare a lavorare. A ciò si aggiunge che molte finora facevano 2-3 mestieri a nero e questo ha aumentato la precarietà del bilancio familiare».

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Ornella Pinto

Quante donne rischiano la vita?

Il fatto grave è che «per contrastare la violenza coi fatti servono finanziamenti per i centri. Non è possibile che negli ultimi tre bandi siano stati destinati fondi per 1 anno, poi per 22 settimane e infine l’ultimo (per il quale è stato messo a mando solo 1 dei 5 Cav) scaduto a febbraio preveda risorse per 176 giorni. Poi che succederà? Siamo di fronte a un sistema macchinoso e finché rimarremo in questa logica avremo ancora tante Fortuna (Bellisario, la 36enne uccisa a colpi di stampella dal marito il 7 marzo 2019, ndr) e Ornella». «Quante donne rischiano la vita e noi magari non possiamo salvarle perché i centri sono chiusi? Per sopperire stiamo facendo volantinaggio per strada, ci scrivono sulla nostra pagina Facebook e alcune su Messenger nei nostri profili personali, dove spesso a contattarci sono mamme, sorelle o amiche di chi subisce violenza. Ma il punto è che non si può lasciare sola una donna vicino a un telefono». «È ora di intervenire sul serio – conclude – Lo ha detto anche il vescovo don Mimmo Battaglia ai funerali di Ornella. Il femminicidio non è un atto isolato, ma l’azione estrema di un processo. La domanda alla luce di questo ragionamento è una: noi l’abbiamo colto? Abbiamo dato a queste donne la possibilità di accogliere il loro grido d’aiuto?».

 

Leggi anche: “Servono più risorse per contrastare la violenza”, l’appello di Tania Castellacci di Dedalus


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