Mentre il segretario Letta è impegnato in Toscana nella sua campagna elettorale per le suppletive, diversi esponenti importanti del suo partito attaccano pesantemente la sua linea politica. De Luca dal palco della Festa dell’Unita’ di Bologna si vendica dei pesanti giudizi ricevuti in passato proprio da Letta, che lo paragonava a Berlusconi per i problemi che ebbe nel 2011 con la legge Severino e parla di un PD, che con il nuovo segretario, è praticamente inconsistente in termini di programmi e non guadagna consensi, nonostante la crisi del movimento 5 stelle.
De Luca, obiettivo terzo mandato e leadership del partito
De Luca critica pesantemente tutte le proposte messe in campo da Letta, dalla tassa di successione a favore dei giovani, passando per il voto ai sedicenni e soprattutto la legge Zan, considerata troppo ideologizzata e quindi invotabile, oltre a confermare tutte le differenze di valutazione sul modo di affrontare la crisi pandemica tra il suo governo regionale e quelli nazionali, prima di Conte e poi di Draghi. De Luca non ha risparmiato critiche anche al ministro del Lavoro Orlando, altro esponente di spicco del PD, per la vicenda delle delocalizzazioni delle aziende, ponendosi quindi come una vera e propria alternativa all’attuale gruppo dirigente nazionale del suo partito, per il quale chiede il congresso subito dopo le elezioni amministrative.
De Luca dice che serve una nuova linea politica del PD, che lo faccia andare oltre il 19 per cento, percentuale dalla quale non riesce a muoversi da tempo secondo i sondaggi, facendo capire di voler scendere in campo per diventare segretario nazionale del partito. Contemporaneamente chiede la modifica della legge elettorale per le regionali in Campania affinché possa fare almeno un altro mandato ed evitare che il probabile nuovo sindaco di Napoli, l’ex ministro Manfredi, sempre del PD, possa ridimensionare in qualche modo il suo potere nel partito nella capitale del mezzogiorno.
Altra preoccupazione che assilla De Luca è quella che la sua maggioranza, ampia ed eterogenea in consiglio regionale, possa pensare che la sua stagione politica sia in fase terminale e quindi sfaldarsi. Invece De Luca vuole puntare sia alla leadership del suo partito, che al terzo mandato di presidente della giunta regionale, dimostrando di essere ancora una volta uno degli attori più presenti e dinamici dell’attuale scenario politico italiano.
Bassolino alla conquista di Palazzo San Giacomo
Nel frattempo Antonio Bassolino, uno dei fondatori del PD, è candidato a sindaco di Napoli di una serie di liste in contrapposizione al candidato del suo partito, Gaetano Manfredi, ma ha ricevuto elogi e scuse pubbliche da un autorevole esponente nazionale come Gianni Cuperlo, che è stato relatore alla presentazione del suo libro.
In questi giorni di chiusura delle liste e delle coalizioni nei comuni chiamati al voto, Bassolino sta guadagnando consensi trasversali, grazie all’alleanza con il partito di Calenda e persino il sostegno dell’ex ministro della funzione pubblica del governo Berlusconi, Giuliano Urbani, che ora vive stabilmente a Napoli e che si è speso in elogi ed apprezzamenti nei suoi confronti. Bassolino ha ottenuto ben diciannove assoluzioni nelle inchieste giudiziarie in cui era coinvolto, senza che il suo partito lo abbia difeso adeguatamente, come ha riconosciuto Cuperlo, determinando invece freddezza e distacco nei suoi confronti.
Bassolino ora con la sua candidatura intralcia la voglia del PD di riprendersi Palazzo San Giacomo, perché comunque esercita una certa attrazione sull’elettorato di centro sinistra, soprattutto su quello dell’ex partito comunista, nel quale l’ex sindaco e presidente della giunta regionale ha fatto una grande carriera politica.
Insomma i rivali di una volta nella sinistra campana, soprattutto ai tempi in cui uno, Bassolino, era presidente della regione e l’altro, De Luca, era sindaco di Salerno, si ritrovano ora, seppure da fronti diversi, uno esterno e l’altro interno al PD, ad essere vere spine nel fianco, sui palchi e sui mezzi di comunicazione di massa, di un partito, quello democratico, che nonostante l’unità di facciata raggiunta con l’elezione a segretario di Letta, sembra essere ancora molto diviso e confuso sui contenuti programmatici.
Il fatto più grave di tutto inoltre, sembra essere il respiro strategico, che si limita alla ricerca ossessiva della gestione dell’attività amministrativa senza che si capiscano chiaramente quali siano gli ideali di riferimento di un PD, che appare più un contenitore, che un vero partito, come peraltro tutti gli altri di questo periodo difficile della storia repubblicana italiana.