Giornata della memoria vittime delle Foibe


Le foibe una strage nascosta per 50 anni. Il 10 febbraio si celebra la Giornata delle vittime delle foibe.

Il 10 febbraio del 2005 il Parlamento italiano ha dedicato la giornata del ricordo ai morti nelle foibe.

Una verità nascosta o volutamente dimenticata per cinquant’anni.

Le foibe sono cavità naturali formatesi nella roccia carsica, tipiche nella zona dell’Istria, sono grandi inghiottitoi simili a pozzi o caverne verticali.

L’eccidio delle foibe vede coinvolti migliaia di italiani uccisi dai partigiani di Tito, gettati nelle fosse carsiche dell’Istria, al confine tra Italia e Jugoslavia.

Questo dramma viene alla luce anche grazie a Graziano Udovisi, l’unica vittima che riuscì ad uscire da una foiba. Morto nel 2010 a 84 anni, ha lasciato la sua testimonianza in un libro ‘Sopravvissuto alle foibe’ (Ed. Solfanelli).

Una tragedia in due atti, dopo l’8 settembre 1943 dopo la firma dell’armistizio e poi nel maggio del 1945 quando la Jugoslavia comunista, governata dal dittatore comunista Tito occupa, Trieste, Gorizia e l’Istria. La persecuzione prosegue fino alla primavera del 1947, fino a quando viene fissato il confine fra l’Italia e la Jugoslavia.

Quella delle foibe fu la pulizia etnica voluta da Tito per eliminare dalla futura Jugoslavia i non comunisti.

Nel 1943 in Istria e Dalmazia i partigiani slavi si vendicarono sui fascisti e gli italiani non comunisti. Considerandoli ‘nemici del popolo’ li torturarono, affamandoli prima e gettando poi nelle foibe circa un migliaio di persone.

Nel 1945 le truppe del Maresciallo Tito si scatenarono contro gli italiani. A cadere dentro le foibe finirono fascisti, cattolici, liberaldemocratici, socialisti, uomini di chiesa, donne, anziani e bambini. In questa seconda ondata di persecuzioni non furono utilizzate solo le foibe, ma la maggior parte delle vittime persero la vita nelle prigioni o nei campi di concentramento iugoslavi, o nelle marce di trasferimento.

Nel febbraio del 1947 l’Italia ratificò il trattato di pace che pose fine alla Seconda guerra mondiale: l’Istria e la Dalmazia vennero cedute alla Jugoslavia. Questo atto produsse istantaneamente 350mila esuli, obbligandoli a scappare dal terrore, privi di tutto, bocche da sfamare che non trovarono in Italia una grande accoglienza.

Lo storico Giovanni Sabbatucci, ricorda come la classe politica dell’epoca si disinteressò al problema, ragioni di vicinanza ideologica come il PCI, dove un paese comunista alleato dell’URSS, aveva realizzato il sogno del socialismo reale. Oppure la considerazione della classe dirigente democristiana che  considerava i profughi cittadini di ‘serie B’, mentre i neofascisti non si mostrarono particolarmente propensi a raccontare cosa avvenne alla fine della seconda guerra mondiale nei territori istriani.

Il 10 febbraio è il giorno della memoria di questa vittime, italiani che non trovarono pietà né dal nuovo governo di Tito, né dalla madrepatria italiana.

 

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