L’11 aprile il presidente sudanese Omar Al Bashir, leader del National Congress Party (NCP) al potere dal 1989, è stato destituito e arrestato dall’esercito. Un colpo di stato incruento, che chiude un periodo buio per il paese africano, caratterizzato da guerre civili ed autoritarismo. La deposizione rappresenta il culmine delle proteste popolari iniziate a dicembre a causa delle misure di austerity approvate dal governo. Il detonatore è stato l’aumento del prezzo del pane, triplicato in quel mese, e la riduzione dei sussidi statali sui beni di prima necessità e sul carburante.
La figura di Al Bashir e il terrorismo
Giunto al potere nel 1989 dopo un colpo di stato contro l’allora primo ministro Sadiq al-Mahdi, il suo governo fu caratterizzato da un forte autoritarismo con il bando di ogni partito politico e da una forte censura della stampa. Un regime caratterizzato inoltre dall’introduzione di un nuovo codice penale e dall’applicazione della Shari’a nel nord del paese a partire dal 1991, che ridusse fortemente la libertà delle donne e che trasformò di fatto il paese in un porto franco per fondamentalisti islamici. Un ulteriore stretta delle libertà del Sudan avvenne quando si proclamò Presidente arrogandosi tutte le prerogative attribuite a tale figura istituzionale.
Una presidenza fortemente sostenitrice dell’Iraq nella sua invasione del Kuwait e accusata da più parti di dare sostegno e assistenza a gruppi terroristici islamici. Alcuni dei terroristi più ricercati del globo, tra cui Osama bin Laden e Carlos lo Sciacallo risiedettero a Khartoum durante gli anni ’90. In particolare Bin Laden utilizzò quel periodo per dare vita alla rete terroristica in grado, alcuni anni dopo di compiere l’attacco alle Torri Gemelle di New york.
La guerra civile e il Darfur
Sul destituito presidente Al Bashir pendono accuse di genocidio, crimini di guerra e contro l’umanità per la questione del Darfur. Il Sudan infatti è stato dilaniato da una guerra civile per più di 19 anni e che ha visto contrapposte la parte settentrionale, araba e musulmana, e quella meridionale, cristiana e animista.
Il genocidio del Darfur avvenuto tra il 2003 e il 2004 in una zona a prevalenza non araba e quindi osteggiata dalle autorità centrali è rimasto nell’immaginario collettivo per via degli artefici degli eccidi: i Janjaweed, milizie a cavallo in grado di radere al suolo villaggi nell’arco di poche ore. Nel 2011 dopo anni di sanguinose battaglie vide infine la luce il Sud Sudan.
Con la nascita del Sud Sudan Al Bashir non ha più potuto godere delle entrate derivanti dai pozzi di petrolio, una risorsa su cui si basava essenzialmente la debole economia sudanese. Ennesimo fallimento politico del dittatore che ha minato irreversibilmente il suo potere.
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Le proteste e la deposizione
Inizialmente orbitanti intorno a richieste di natura economico-sociale, le proteste hanno assunto una connotazione fortemente politica catalizzandosi sul termine del mandato di Al Bashir e su riforme di natura democratica. Anche le Forze Armate, dapprima tiepide nei confronti della protesta, dopo la crescente rabbia popolare hanno deciso di appoggiare la popolazione. I militari hanno sciolto gli organi civili e instaurato un consiglio Militare di Transizione(CMT), che ha imposto lo stato di emergenza vietando manifestazioni pubbliche e imponendo un coprifuoco. Hanno stabilito inoltre un periodo di transizione di 2 anni entro il quale saranno indette nuove elezioni.
Il rischio concreto in questa situazione è quello di un fallimento del piano delle Forze Armate e un’insoddisfazione da parte della popolazione civile che potrebbe portare a una rapida escalation delle violenze dagli esiti potenzialmente disastrosi.