Il fondatore dei 5 stelle ha definito l’incontro con Conte, all’hotel il Parco dei Principi di Roma, una riunione antibiotica per ripristinare la salute del movimento, ma l’obiettivo era certamente quello di risolvere il problema creato dalla decisione del tribunale di Napoli di sospendere l’elezione del presidente pentastellato.
Beppe Grillo, la revoca delle sospensioni delle cariche
Grillo vede tutti gli esponenti più importanti del movimento, tranne il presidente della Camera, bloccato forse dall’omicron o da una semplice influenza. Il comico genovese si rende conto che, in primo luogo è fondamentale ritrovare una certa sintonia tra l’ex premier Conte e il ministro degli Esteri Di Maio, dopo le posizioni differenti in merito all’elezione del presidente della Repubblica e le grandi polemiche, che ne sono conseguite.
Dopo aver incontrato separatamente i due avversari interni al movimento, Di Maio e Conte, Grillo si è voluto confrontare anche con i capi gruppo di Camera e Senato, Davide Crippa e Mariolina Castellone, e poi con l’ex sindaco di Roma e componente del vecchio comitato dei garanti, Virginia Raggi.
Alla luce di tutti questi incontri e di quelli conclusivi tra legali esperti sia di Conte che suoi personali, Beppe Grillo avrebbe deciso di chiedere al tribunale di Napoli la revoca delle sospensioni delle cariche, decisa dopo il ricorso di alcuni militanti, esclusi erroneamente dalle votazioni, tenute in rete, del presidente del movimento.
Piena regolarità dell’elezione
Secondo i legali di Conte, che peraltro è lui stesso avvocato e professore di diritto, il regolamento interno modificato nel 2018 certificherebbe la piena regolarità dell’elezione, ottenuta con 62242 voti favorevoli su 67047 votanti e quindi con una percentuale “bulgara” di circa il 93 per cento.
Ma la questione sollevata, in particolare da tre militanti, riguarda la platea degli aventi diritti al voto, che sarebbe dovuta essere molto più ampia, perché avrebbe dovuto tenere conto anche degli iscritti negli ultimi sei mesi, che invece sono stati esclusi dall’elezione in rete del presidente.
Il regolamento “ritrovato”
L’avvocato Lorenzo Borre,’ che ha ottenuto la sospensione del tribunale, sostiene però che la revoca non può essere richiesta sulla base di queste considerazioni, perché la questione del regolamento “ritrovato” non è un fatto sopravvenuto, unica circostanza, che potrebbe consentire la revoca della decisione del giudice.
Secondo l’avvocato Borre’ l’ordinanza è stata emessa sul presupposto della mancanza del quorum della platea degli iscritti e comunque una eventuale e improbabile revoca sarebbe a sua volta soggetta a reclamo, perché l’esistenza di un regolamento approvato su richiesta del capo politico, non può comunque consentire l’esclusione dal voto, in presenza di uno statuto vigente, che consente la possibilità di escludere gli iscritti dal voto solo da un regolamento adottato su richiesta del comitato direttivo e non dal capo politico, come è effettivamente avvenuto.
L’unica soluzione
Insomma l’unica soluzione per Grillo sarebbe quella di rispettare lo statuto e quindi di fare eleggere un nuovo comitato di garanzia e poi procedere ad una nuova votazione del presidente, ma non più su SkyVote, bensì nuovamente sulla famigerata piattaforma Rousseau, esclusa per i noti contrasti tra l’ex reggente del movimento Vito Crimi e la Casaleggio associati, che invece aveva curato tutte le votazioni in rete dei 5 stelle dalla loro nascita.
Non possono esserci soluzioni negoziabili tra Grillo e l’avvocato Borre’, ma il fondatore e garante del movimento dovrebbe unicamente stabilire una nuova votazione, sulla base delle indicazioni del vecchio statuto ancora in vigore, per regolare la vita interna del movimento 5 stelle.
Il vero punto politico, secondo Lorenzo Borre’, che oltre ad essere l’avvocato del ricorso della sospensione, è anche un iscritto del movimento, è l’incongruenza tra gli Stati Generali degli iscritti, che stabilirono di avere come guida un direttivo e l’introduzione invece della figura del presidente. Insomma anche nel movimento, come nella gran parte dei partiti attuali, prima si chiede un parere agli iscritti e poi non si ottempera alla loro volontà.
Il tasto dolente del movimento, secondo l’avvocato Borre’, è che la volontà degli iscritti la si fa rispettare solo se serve a ratificare decisioni prese dall’alto. Ma questo modo di operare non è una vera democrazia e la conferma si è avuta quando hanno rimesso un uomo solo al comando del movimento, dopo la finta svolta di sostituire il capo politico Luigi Di Maio, con un organismo collegiale.
Era meglio quando si stava peggio
Secondo Borre’ la democrazia digitale ha mostrato tutti i suoi limiti e soprattutto una fortissima immaturità, giungendo alla conclusione che era meglio quando si stava peggio perché i vecchi congressi dei partiti della prima Repubblica consentivano almeno le discussioni e le votazioni consapevoli e non si attuava la modalità attuale “dici si” o “dici no”, che è solo un modo per dare una parvenza di democrazia alle decisioni prese dai vertici o addirittura da una sola persona.