Il bambino con il pigiama a righe – Un film al giorno fino al giorno della memoria
Bruno è un bambino tedesco di otto anni, curioso, intraprendente e appassionato d’avventura. Figlio di un ufficiale Nazista, a seguito della promozione del padre, Bruno viene costretto a lasciare la città e tutti i suoi amici per trasferirsi in una casa di campagna. Poco dopo il suo arrivo, il bambino scopre per caso che vicino alla sua nuova abitazione, sorge un campo di concentramento. Lì, conosce Shmuel, un bambino ebreo, suo coetaneo. I due faranno amicizia, ma la tragedia è dietro l’angolo.
Il titolo è un riferimento ad una frase in un dialogo fra Shmuel e Bruno. Chiedendosi cosa sia la divisa indossata, Shmuel dice “E’ un pigiama a righe”. La Shoah vista con gli occhi di un innocente, in questo caso un bambino. Ma anche di come l’innocenza sia messa sempre a dura a prova. Infatti sia i genitori che le sorelle, cercano, in modo quasi maniacale (e forse in maniera un po’ troppo didascalica) di inculcare l’odio nella testa del bambino.
Bruno però riesce a resistere. Anzi la sua amicizia con Shmuel si cementa. Tanto da sfidare non solo tutte le convenzioni dell’epoca, della sua nazione, ma anche la morte. Tutto qui? Si, tutto qui. Perché, a volte, non servono scene sconvolgenti, come la terribile scena della scelta nel film “La scelta di Sophie”.
Il film, tratto dal romanzo dello scrittore irlandese John Boyne, è uno dei più lucidi affreschi del Nazismo. E questo nonostante tutte le critiche, a mio avviso inutili, mosse contro l’opera da parte di diversi esponenti della comunità ebraica. Il Rabbino Benjamin Blech scrisse, riferendosi al romanzo “Questo libro non è propriamente né una bugia né una favola, è una profanazione. Il mio più grande rammarico è che il libro supporti l’idea che la gente comune non fosse consapevole degli orrori dello sterminio di massa che i nazisti stavano attuando sugli ebrei”.