Israele – Dopo una riunione di gabinetto durata oltre sette ore, il governo del primo ministro israeliano Benjamin Netanyhau ha preso la decisione di ordinare un nuovo lockdown nel Paese. La decisione di imporre una nuova chiusura è passata nonostante molti ministri abbiano manifestato apertamente opposizioni al piano approvato la scorsa settimana dal comitato istituito per combattere la diffusione del coronavirus. La proposta era infatti già stata approvata giovedì scorso dal gabinetto ristretto per la lotta al coronavirus e nella riunione di oggi il governo ha deciso di applicare misure simili a quelle dello scorso aprile.
Israele – La decisione di imporre un nuovo lockdown e le sue misure
Durante la giornata di oggi, nelle dichiarazioni rilasciate ai media, il ministro della Salute Yuli-Yoel Edelstein (Likud) aveva insistito sulla necessità di un blocco nazionale per tentare di porre un argine al continuo aumento dei contagiati, sottolineando come non potesse esistere un piano alternativo. Il Ministro aveva lamentato la mancanza di rigore nel rispettare le regole da parte della popolazione.
Il timore di riunioni di massa durante una serie di festività nazionali, dal giorno del Capodanno ebraico, Rosh Hashanah, fino a quello di Sukkot, la festa dei tabernacoli e Yom Kippur hanno portato l’Esecutivo a decidere la chiusura totale delle attività nel Paese. Il blocco, inizialmente previsto per le sei di mattina del 18 settembre, è stato posticipato alle quattordici per permettere alle famiglie di organizzarsi. Per ciò che concerne le scuole, il loro funzionamento è previsto fino alla vigilia di Rosh Hashanah, dopo di che rimarranno chiuse per due settimane. In seguito, in base all’andamento dei contagi, il governo deciderà se riaprirle o meno. I comuni cittadini non potranno andare oltre 500 metri dalla propria abitazione; sarà vietata ogni tipologia di assembramento; negozi, ristoranti, luoghi di svago e di culto dovranno tenere le serrande abbassate. Per il momento si prevede che i luoghi di lavoro privati continueranno ad operare, mentre per quanto riguarda il settore pubblico è allo studio un piano a cui i dipendenti dovranno attenersi. Gli unici autorizzati a restare aperti saranno negozi di alimentari, farmacie e altre attività di fornitura considerate essenziali.
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La reazione dei ministri e il calo delle popolarità di Netanyhau
Subito dopo l’approvazione del voto c’è stata la reazione negativa di alcuni ministri facenti parte della coalizione di governo. La giornata era iniziata in maniera molto tesa, con le dimissioni del ministro dell’Edilizia e delle costruzioni Ya’acov Litzman (Giudaismo della Torah unita). Litzman, a capo di un partito ebraico ultraortodosso, aveva denunciato come un blocco durante il periodo delle festività religiose avrebbe impedito ai fedeli, inclusi decine di migliaia di ebrei che non frequentano la sinagoga durante la maggior parte dell’anno, di partecipare ad alcune tra le più importanti festività. Altri ministri come il ministro della Scienza e della tecnologia Izhar Shay (Blu e Bianco), il ministro dell’Economia Amir Peretz (Partito laburista), quello delle finanze Israel Katz (Likud) e quello del welfare Itzik Shmuli hanno combattuto strenuamente contro la chiusura, sostenendo come il danno all’economia israeliana sarà troppo grave perché il Paese possa riprendersi.
A risultare divisa non è solo la politica, anche nel mondo medico i pareri intorno alle nuove restrizioni appaiono discordanti. All’interno del comitato di esperti guidato dal commissario per l’emergenza Covid Ronni Gazmu, molte erano le voci che premevano per misure più rilassate. Secondo alcuni si sarebbe dovuto tenere conto della pressione psicologica causata da un nuovo lockdown e delle conseguenti ricadute economiche pagate dalla popolazione.
La situazione di generale confusione nella gestione della crisi dovuta alla pandemia, ha portato nel frattempo a un calo generalizzato nei consensi dell’esecutivo guidato da Benjamin Netanyhau. Quest’ultimo in particolare, già sotto processo per corruzione, è stato criticato per aver riaperto le attività economiche troppo rapidamente nel mese di maggio portando conseguentemente a un aumento vertiginoso di nuovi contagiati e per l’enorme aumento del tasso di disoccupazione. La rabbia della popolazione nei confronti del Governo ha alimentato nei mesi scorsi le imponenti proteste di piazza contro il Primo ministro. L’ultima, ieri sera, ha visto migliaia di israeliani riuniti di fronte alla residenza ufficiale Netanyahu intonando slogan per chiederne le dimissioni. Alla folle si sono uniti anche i ristoratori e proprietari di palestre e sale per eventi temendo i potenziali danni di un blocco a livello nazionale.
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Netanyhau dal canto suo, probabilmente per cercare di distrarre l’opinione pubblica dai problemi interni e dalla fallimentare lotta al coronavirus, ha pubblicizzato una serie di recenti successi diplomatici, avvenuti in coordinamento con l’amministrazione Trump, l’ultimo dei quali è stato l’accordo di pace con il Bahrein.
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