La Festa di Sant’Agata, Patrona di Catania, si celebra, da calendario, il giorno 5 febbraio. Tuttavia, è già a partire dal giorno 3, che essa raggiunge il suo culmine: tutta la città si ferma, giorno e notte, e la gente si riversa per le strade per celebrare i riti più importanti e suggestivi dedicati alla propria Santa in cui fede, religione e folklore, come sempre accade, si mescolano inevitabilmente. Negli ultimi anni la partecipazione, anche di tantissimi turisti, è andata via via crescendo, tanto da superare il milione di persone. Oggi la festa è considerata la terza più importante festa religiosa al mondo, dopo la Settimana Santa di Siviglia e la Festa del Corpus Domini di Cuzco in Perù (fonte Wikipedia).
I festeggiamenti del giorno 3 (“a sira ‘o tri”)
Nella festa della Patrona catanese protagonista è la cera: si comincia il 3 febbraio con la processione in cui essa viene offerta alla Santa. Il corteo parte dalla Chiesa di S. Biagio, in Piazza Stesicoro, chiamata anche ” di Sant’Agata alla Fornace” perché, per tradizione, è il luogo in cui Agata fu mandata al martirio proprio su una fornace; esso raggiunge la Cattedrale in piazza Duomo.
Le candelore e “a ‘nnacata”
In testa si trovano 11 candelore o “cannalori” in dialetto siciliano, ossia alte colonne in legno, scolpite e decorate artisticamente a rappresentare le corporazioni delle arti e dei mestieri della città. Le candelore sono pesantissime e per portarle occorre, in taluni casi, anche una dozzina di uomini che procedono con un’andatura caratteristica chiamata “a ‘nnacata” (da annacare, “dondolare” in siciliano). Dalla sede del Comune, il Sindaco e i componenti della giunta si recano alla Chiesa di S. Biagio per consegnare le chiavi della città alle autorità religiose. Il tragitto è compiuto a bordo di due carrozze del ‘700, “le Carrozze del Senato“, così chiamate appunto perché appartenevano all’epoca al Senato cittadino.
In serata, arrivato il corteo in Piazza Duomo, si assiste ad un concerto dedicato ad Agata e, contemporaneamente, ad uno spettacolare trionfo di fuochi d’artificio, originale perché gli scoppi seguono il ritmo dei canti. Si concludono così i festeggiamenti del giorno 3 (“a sira ‘o tri”).
I festeggiamenti del giorno 4
Si comincia all’alba con una funzione religiosa in Cattedrale. Ma, prima di essa, arriva il momento da tutti atteso, ossia l’incontro del popolo catanese con la sua “Santuzza”: il mezzobusto che la raffigura viene infatti tirato fuori dal suo alloggio con una cerimonia rituale e complessa che vede impegnate tre diverse persone le quali, con tre diverse chiavi, aprono il relativo cancello.
Risuona adesso fra le navate della Cattedrale il caratteristico urlo dei “cittadini” devoti: “è ccu razia e ccu cori, pi sant’Aituzza bedda, ca stà niscennu, cittadini! semu tutti devoti, tutti?“.
Il “Sacco agatino”
I devoti indossano il “Sacco agatino“, ossia una tunica bianca, corredata da guanti bianchi, un copricapo nero, un cordone e un fazzoletto. Secondo la tradizione storica più accreditata questa divisa non sarebbe altro che un saio penitenziale, bianco in segno di purezza.
Il “giro esterno”
Il mezzobusto, insieme a uno scrigno che contiene le reliquie di Agata, è quindi collocato su una pesante “vara” d’argento, una portantina per il trasporto, e posizionato sull’altare maggiore. Terminata la funzione religiosa, inizia la processione del giorno, lunghissima poiché finisce all’alba del 5 e dura quindi quasi 24 ore. Essa è chiamata “giro esterno” in quanto tocca tutti i luoghi che ricordano il martirio della Santa, anche distanti tra loro. Il corteo culmina in un altro momento emozionante e spettacolare ossia “a cchianata de’ Cappuccini”: qui la vara viene trainata di corsa dai devoti fino alla cima di una salita, chiamata appunto “dei Cappuccini”, fino ad arrivare davanti a un’altra chiesa, quella di San Domenico.
Altro momento emozionante è “a calata da marina”, ossia la discesa verso gli archi della marina, luogo simbolico perché ricorda la partenza selle reliquie della Santa verso Costantinopoli, intorno all’anno 1000. Esse furono infatti portate via dai Bizantini. All’alba del 5 la processione termina in Cattedrale con un altro spettacolo di fuochi d’artificio.
Il 5 febbraio: il clou dei festeggiamenti
C’è poco tempo per riposare perché si riparte con l’ultimo lunghissimo giorno di festeggiamenti: il 5 febbraio, la data del martirio, avvenuto nell’anno 251.
Si ricomincia, in tarda mattinata, con un solenne pontificale in Cattedrale e ci si prepara per l’ultima grande processione, che parte dopo il tramonto ed è chiamata “giro interno” poiché gravita intorno al centro città: si sale per via Etnea, l’arteria più importante di Catania, e si arriva al “Borgo“, un quartiere storico noto soprattutto per aver accolto gli scampati a una delle tante eruzioni dell’Etna nel corso dei secoli. Qui si svolge un altro spettacolo pirotecnico.
“A cchianata i Sangiulianu”
Si ridiscende quindi la via Etnea per giungere al momento più emozionante di tutti i festeggiamenti:“a cchianata i Sangiulianu”. I devoti affrontano di corsa un’altra salita, stavolta molto ripida, tra due ali di folla. Si tratta di una parte della via Sangiuliano (da qui il nome). Il percorso termina nella bellissima via Crociferi: siamo nella zona barocca di Catania. Qui si trova un convento di suore benedettine che intonano canti in onore della Patrona. Ha luogo quindi l’ultimo spettacolo di fuochi d’artificio. Si è ormai fatto giorno e la Santa e i suoi “cittadini” devoti possono finalmente, stanchi e soddisfatti, tornare a casa.
Fonte: festadisantagata.it