Ogni formazione politica ha un nome, ma anche un simbolo, ed entrambi possono essere un punto di forza, ma anche di debolezza. Il simbolo viene deciso in modo autonomo da ogni partito o compagine politica, ma per poter partecipare alle competizioni elettorali è necessaria l’approvazione del Ministero dell’Interno, che peraltro non comporta automaticamente la presenza sulla scheda.
Infatti la legge tutela per la partecipazione alle elezioni i partiti che hanno un gruppo autonomo al parlamento o hanno ottenuto almeno l’uno per cento o un seggio alle ultime elezioni nazionali, mentre tutti gli altri devono raccogliere decine di migliaia di firme in tutta Italia, circa 56000 per le politiche. I nomi e i simboli di alcuni partiti sono piuttosto pittoreschi, ma se ne sente parlare solo nei giorni della campagna elettorale riservati al deposito del simbolo, ad esempio il partito del Sacro romano impero cattolico, il movimento Basta Tasse, e altri aventi ad oggetto nomi e loghi stravaganti.
Il simbolo del Movimento 5 Stelle
Il Movimento 5 Stelle già alle ultime elezioni politiche ha inserito sotto al proprio logo l’anno 2050, quello entro cui l’Unione Europea intende azzerare le emissioni nette inquinanti. Anche il PD nel 2022 ha conservato il simbolo del 2018, ma ha aggiunto nella parte bassa lo slogan “Italia Democratica e Progressista” su uno sfondo rosso. Questa modifica è stata fatta per includere nel simbolo gli ex scissionisti di Articolo 1 Movimento Democratico e Progressista, guidati da D’Alema e Bersani, che alle elezioni del 2018 si presentarono separati dal PD, ma che oggi sono stati tutti riassorbiti nel partito, tranne qualche esponente, come ad esempio Salvatore Vozza nella zona stabiese, che ha conservato la definizione democratici e progressisti per la sua formazione politica, che si presentò alle ultime elezioni regionali.
Il simbolo del Movimento 5 Stelle fu consegnato in uso gratuito all’Associazione Rousseau“, e lo riportò l’agenzia Adnkronos, nella nota integrativa al rendiconto 2017 dell’Associazione Movimento 5 Stelle, che fu fondata nel 2012 con sede a Genova e inizialmente pure presieduta dall’attore comico Beppe Grillo.
“Il simbolo di proprietà dell’Associazione”, come si legge testualmente a pagina 5 del documento “è stato dato in uso gratuito” all’associazione no-profit, guidata da Davide Casaleggio che gestiva la piattaforma web del M5S. Il riferimento era al marchio pentastellato con la dicitura ‘Movimento5Stelle.it‘, depositato nel 2015 dall’Associazione di Grillo, presso l’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale.
L’uso di quel simbolo era stato concesso dall’Associazione di Grillo alla nuova Associazione Movimento 5 Stelle fondata nel 2017. Nello statuto della nuova Associazione, nella quale l’ex ministro degli esteri Luigi Di Maio fu capo politico, si legge che “alla denominazione del ‘MoVimento 5 Stelle’ potrà essere abbinato il simbolo, di proprietà dell’omonima associazione ‘MoVimento 5 Stelle‘ con sede in Genova, concesso in uso dalla medesima”.
L’Associazione guidata dal figlio di Gianroberto Casaleggio, Davide, ha potuto utilizzare il simbolo M5S su concessione di Grillo per alcuni anni. Ma negli ultimi tempi l’ex presidente del Consiglio e attuale presidente del movimento 5 stelle, Giuseppe Conte ha deciso di non rispondere con le carte bollate alla richiesta di Beppe Grillo di ripetere il voto della Costituente, tenutasi di recente e così ha chiamato di nuovo gli iscritti a esprimersi.
La consultazione degli iscritti sarà ancora una volta on line, e si terrà nei giorni che vanno dal 5 all’8 dicembre, e quindi Conte sembra non preoccuparsi dello spettro astensione, che potrebbe favorire il fondatore del movimento Beppe Grillo. Infatti Giuseppe Conte ha dichiarato testualmente: “Sono certo che la comunità risponderà, perché ha già dimostrato volontà di partecipazione. Anzi, forse si aggiungerà qualcun altro.Questa comunità risponderà a tono a Grillo”.
Il garante e fondatore continua a restare per il momento dietro le quinte. Per adesso non si è fatto vedere, facendo parlare solo le PEC, la posta certificata, avvalendosi di un diritto che gli è riconosciuto dalle regole del M5S, vale a dire quello di richiedere la ripetizione del voto sulle questioni statutarie. Quindi gli iscritti del movimento saranno chiamati nuovamente ad esprimersi sulla sopravvivenza della figura del Garante, che il voto della costituente di novembre ha eliminato, e fatto forse ancora più importante sulla possibilità di cambiare il simbolo.
A prescindere dall’esito della consultazione elettorale interna dei pentastellati si capisce l’importanza del marchio di riconoscimento di una formazione politica e quello del movimento Cinque stelle sembra comunque destinato a restare una questione decisiva dei prossimi mesi. Infatti anche nel caso in cui il prossimo voto di dicembre confermasse la scomparsa del suo ruolo, Grillo potrebbe continuare a rivendicare il diritto di usare il logo M5S.
Secondo Conte il fondatore del movimento predicava la democrazia e adesso invece vuole strozzare la partecipazione e, usando una metafora calcistica, portare via il pallone, chiudere il campo di calcio, e anche gli spogliatoi. La strategia dei fedeli al garante Grillo sembra quella di puntare sull’astensione, perché per la validità della consultazione on line dovrà partecipare la metà più uno degli attuali ottantanovemila aventi diritto.
L’esponente più importante dei fedeli di Beppe Grillo, l’ex ministro e attuale capogruppo al Senato, Danilo Toninelli, dichiara testualmente: “Io faccio un appello a chi è incazzato contro la cancellazione del limite al doppio mandato. Non cancellatevi dal M5S, la vostra presenza serve per il quorum. E, ovviamente, gettate il telefonino, non votate”.
Conte ha opposto ai grillini la sua strategia e dopo aver convocato il consiglio nazionale del Movimento, ha fatto una chiamata generalizzata al voto. Per scongiurare il sabotaggio dei fedeli di Grillo, Giuseppe Conte infatti ha avviato una fitta campagna elettorale con interventi su radio, televisioni e tutti i Mass media, perché In gioco c’è anche il suo ruolo di presidente.
Conte in effetti ha detto alla costituente che avrebbe fatto un passo indietro, se gli iscritti avessero sconfessato la scelta progressista. Il voto in realtà l’ha confermata e questa decisione non sarà oggetto della prossima votazione, ma un eventuale fallimento della ripetizione del voto sulle altre questioni del garante e del simbolo, avrebbe comunque una ricaduta sulla sua presidenza.
Il tema delle alleanze del movimento resta quindi spinoso, anche se Conte è felice di aver scongiurato la mitologia delle origini, cioè quella di nessuna alleanza, che a suo giudizio non serve al paese, perché è necessario sporcarsi le mani, a volte schierandosi pure alla sinistra di Alleanza verdi e sinistra, e su altre questioni invece spostandosi decisamente nell’area moderata, come ad esempio sul versante dell’immigrazione.
Il simbolo del PSI
Per quanto riguarda invece il simbolo del garofano del partito socialista italiano Bobo Craxi ha inteso ricordare sui suoi social media, il famoso artista Filippo Panseca, recentemente scomparso. Il padre Bettino lo avvicinò una volta fuori un locale al termine di un consiglio comunale della città di Milano.
Secondo Bobo Craxi è probabile che Panseca per il suo talento spiccato, la sua verve creativa, e l’irresistibile intelligenza empatica siciliana, avrebbe potuto avere una carriera artistica regolare, essendo stato docente in Accademia, ben inserito nella nouvelle vague milanese, epigono Mediterraneo della cultura “beat” pre-sessantottina, insomma un’artista che da Palermo non disdegnava alcune puntate a Londra e Parigi.
Alla fine però è prevalso il suo spirito libertario, che lo indusse a sviluppare il proprio impegno civile. Bobo Craxi ricorda le parole “La vita, amico, è l’arte dell’incontro”, recitate da Ungaretti, Vinicius de Moraes e Sergio Endrigo, e a suo giudizio Filippo Panseca lego’ la sua vicenda artistica ad un uomo e ad una politica, che artisticamente illustrano la sua parabola.
La fusione fra il suo genio creativo e l’azione politica socialista fu infatti alla base del processo di rinnovamento generazionale ed ideologico del nuovo corso del partito, che non fu descritto o celebrato dall’artista, perché Panseca era parte di esso, e non era possibile immaginare le sue opere artistiche, come ad esempio alcuni suoi allestimenti congressuali del partito, separati dalla propria libertà di espressione concettuale e transitoria, che lui definiva bio-degradabile.
Secondo Bobo Craxi con Panseca il rapporto fra il committente e l’artista veniva rovesciato, perché era quest’ultimo che si inseriva quasi di prepotenza, insinuando la necessità di un linguaggio dell’arte, che si fondesse con il movimento politico. Panseca era un profondo conoscitore dell’iconografia storica del movimento operaio e socialista e per la sua sete di rinnovamento il mutamento delle simbologie diventava una dinamica necessaria e non accessoria, urgente e non rinviabile.
Così il Garofano Rosso traduceva e sintetizzava queste istanze, raccogliendo sia un’esigenza dell’azione politica socialista, che il desiderio di rinnovare il ruolo dell’arte nel linguaggio politico.
La tradizione socialista è sempre stata libera ed aperta al fatto di raccogliere dal mondo intellettuale lo spirito critico, e il garofano stilizzato di Panseca divenne così il simbolo del Socialismo italiano portato in tutto il mondo con una grande forza comunicativa, pari solo a quella della rosa nel pugno dei socialisti francesi.
Filippo Panseca al congresso del PSI di Torino, che introdusse il suo garofano, chiese a Craxi di poter spiegare a Pertini, che era ostile al nuovo simbolo, di ricordargli che tra i vecchi simboli del Partito, il garofano era sempre stato presente. Il nuovo simbolo fu introdotto proprio durante il sequestro Moro, e così la lettera dello statista democristiano dal carcere delle brigate rosse, che invitava Craxi a svolgere un ruolo di socialista umanitario, venne ancora più evidenziato dal cambio del simbolo, che cancellava ogni riferimento al mondo della falce e martello.
Quando col passare del tempo il psi andò trasformandosi il simbolo del garofano andò ad identificarsi col potere e il prezioso contributo dell’artista Panseca veniva spesso descritto in forme caricaturali.
Va detto che alcune sue scenografie concettuali non furono ben comprese, come quella specie di discoteca degli anni ottanta creata per il congresso di Verona, che celebrava la modernità, o quel tempio riminese omaggio ai “templa” romani o greci dove si svolgevano le riunioni del Senato o le assemblee del popolo. In ogni caso, secondo Bobo Craxi le sue Sale e piazze colorate, i Muri di Berlino in cartapesta, gli arcobaleni della pace, superano di gran lunga le plumbee sale, volute dalle esigenze televisive della cosiddetta seconda Repubblica, nella quale si è assistito ad una rincorsa della politica-spettacolo senza alcuna creatività.
Filippo Panseca invece seppe mantenere sempre una creatività moderna, in sintonia coi tempi, senza farsi sopraffare però dalla noia della ripetitività. Per esempio rese l’Ansaldo, una vecchia struttura, che fu il cuore pulsante della prima rivoluzione industriale, sede di un congresso che seppe ricongiungere la ragione sociale primaria di un partito del lavoro, che alla fine degli anni ottanta non avrebbe dovuto rischiare di smarrire le proprie radici originarie.
Panseca nell’eclissi socialista non spense mai il proprio impulso creativo, e infatti Pierre Restany uno dei maestri della critica dell’arte scrisse di lui testualmente: “é stato maestro del riciclaggio planetario della comunicazione”.
Alla fine della sua vita si cimentó nell’arte del riciclaggio dei materiali poveri e scelse di ritirarsi nella originaria Sicilia, a Pantelleria per proseguire la sua opera scultorea e pittorica, che continua ad essere apprezzata moltissimo.