“La guardia costiera libica non voleva che li salvassimo, ci lanciava anche le patate addosso”


Racconta Gennaro Giudetti – mediatore culturale e volontario della ong tedesca Sea Watch –  dello scontro avvenuto con la guardia costiera libica il 6 novembre in mare durante un’operazione di salvataggio.

Il 27enne Gennaro Giudetti mediatore culturale e volontario della ong tedesca Sea Watch, racconta senza sosta a tutti i giornali che lo intervistano l’orrore cui assiste durante le operazioni di salvataggio, nello specifico quella del 6 novembre. Momenti di tensione con la guardia costiera libica uniti alla drammaticità del momento sono stati sconvolgenti. L’abbiamo raggiunto telefonicamente ieri, giorno dello sbarco a Pozzallo dove hanno riportato i 58 naufraghi e il corpo senza vita di un bimbo di due anni e mezzo. Gennaro Giudetti si è lanciato in mare per ridare almeno il corpo alla madre.

  • In questi giorni hai raccontato dell’ennesima tragedia in mare. Cosa è accaduto di preciso?

Il 6 novembre verso le 07.00 del mattino ci ha chiamato Mrcc da Roma, il centro della Guardia costiera italiana che coordina i soccorsi. Ci ha riferito di andare e coordinarci con la nave della marina francese e un elicottero italiano per recuperare un gommone. Si è convenuto che andavamo a recuperarlo e se ci fosse stato bisogno, loro sarebbero intervenuti poiché nelle vicinanze.

Arrivati lì la nostra nave ha slanciato due gommoni di salvataggio. In uno di questi c’ ero io, e nell’andare verso il gommone dei migranti abbiamo già trovato dei corpi che galleggiavano in acqua. Quindi la tragedia era già in atto. Ci siamo fatto largo fra i cadaveri che galleggiavano e abbiamo pensato prima a salvare i vivi che chiedevano aiuto. Nel tragitto ho trovato il corpo di un bambino morto di due anni e mezzo in acqua che galleggiava e vicino la madre che piangeva, non c’è l’ho fatta. Ho preso la madre e anche lui, per dargli almeno un po’ di dignità. Nel frattempo c’era la guardia costiera libica che era arrivata e aveva già legato il gommone alla loro nave e c’era un sacco di gente sparsa in acqua. Noi cercavamo di prenderne il più possibile, solo che la guardia costiera libica non voleva che li salvassimo, ci lanciava anche le patate addosso.

Dato che la guardia costiera libica non salvava le persone più distanti dalla loro barca, infatti lanciava solo dei salvagenti che non arrivavano a tutti; abbiamo continuato a salvarne mentre loro ci invitavano ad allontanarci. Mi è capitato di avere a sinistra una donna che chiedeva aiuto perché annegava e altre quattro a destra, ho dovuto scegliere quelle più vicine a me, mentre l’altra piano piano affondava davanti ai miei occhi. È stata una scena molto forte. Finito di raccogliere tutti, abbiamo visto che sulla nave libica stavano picchiando i migranti che avevano raccolto perché tentavano di buttarsi in acqua per raggiungerci; non volevano ritornare in Libia.

Mentre ci  allontanavamo un attimo per ridurre la tensione creata con loro, abbiamo visto  un migrante  che disperazto si è buttato in acqua per raggiungere la moglie sul nostro gommone. Purtroppo non sapendo nuotare si è attaccato alla corda della passerella della nave libica, quella che usano per far salire i migranti. Noi abbiamo cercato di avvicinarci per recuperarlo,  la nave ha accelerato andando via di corsa in direzione di Tripoli con il migrante attaccato dietro. Sparito tra le onde. La moglie che era con noi, straziata nell’assistere alla scena.

  • Leggo che stamattina siete appena rientrati su Pozzallo, puoi riferirci?

Stamattina, 8 novembre siamo sbarcati a Pozzallo con i 58 naufragati. Con noi la salma del bambino.

  • Sei giovane e già impegnato da tempo su vari fronti: cosa spinge un giovane come te a stare lì dove la tragedia ti attraversa senza filtri?

Mi preme dare un po’ di umanità e dignità a questo mar Mediterraneo. A dare una risposta differente come Italia, cittadini europei, come mondo occidentale  a queste persone, visto che noi ci surroghiamo di dire: stiamo dalla parte giusta del mondo. Un po di solidarietà a coloro che pagano cifre altissime per tentare la fortuna rischiando la vita, dato che a noi basta pagare un biglietto aereo per stare dall’altra parte del mondo. Dirgli: Non siete da soli, nel mare ci siamo anche noi e per quanto possiamo questa tratta non la fate da soli, vi stiamo vicino.

  • Cosa vorresti dire a chi ti legge e pensa che il decreto Minniti sull’Immigrazione sia la soluzione?

Vorrei dire a tutti quelli che appoggiano il decreto Minniti e la politica che abbiamo attualmente in Italia di farsi un giro sui gommoni nel Mar Mediterraneo. Quando la gente inizia a vedere che questi numeri non sono più tali, ma si trasformano in occhi, volti, persone che guardi nell’ acqua e ti stanno annegando davanti; secondo me inizia a cambiare idea sulla politica attualmente in vigore.

  • Quando allunghi la mano ad uno di loro e lo salvi, cosa pensi?

Penso di aver salvato il mondo intero. Diceva qualcuno “se salvi una vita, salvi il mondo intero”. Di fatto in quel momento decidi tu chi salvare, fai delle scelte immediate date dalla necessità e tragicità del momento, salvi fisicamente delle persone. Anche se a me non piace, perché alla fine tu non sei il padre eterno e non devo decidere io della vita delle persone. In quel momento però sei responsabile non solo del tuo destino ma anche di quello di altri, purtroppo, ed è una cosa che non dovrebbe spettare a me. Sicuramente ti dà tanta felicità perché di fatto hai cambiato la sorte di una persona, l’hai salvata da morte certa in quanto non sa galleggiare. Una cosa troppo grande e bellissima da descrivere. Ne sono felice ma non voglio essere io a fare questa scelta come nessuno dovrebbe trovarsi in queste circostanze.

  • E quando invece ormai è tardi?

Quando è tardi, purtroppo è pesante, è dura, difficile. I sensi di colpa ti arrivano perché  non c’è l’hai fatta. Poi dici vabbè ne ho salvati 120. Ti racconti che non è colpa tua se queste persone vengono messe su barconi scadenti, se questa politica di immigrazione è molto rigida, se la guardia costiera libica intralcia tutto e se non sei riuscito ad aiutare queste vite e i loro sogni. Non puoi fare di più, non sei un super eroe.

 

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