Le ultime ore della sua vita dj Fabo le ha passate con alcuni amici che lo avevano accompagnato in Svizzera.
“Mettete sempre la cintura, fatemi questa promessa” ha detto loro.
Hanno scherzato, Fabiano ha mangiato dello yogurt, e poi con non poche difficoltà e qualche rantolo ha completato il protocollo che impone al paziente di confermare la sua volontà di morire.
Il suicidio assistito, o accompagnamento alla dolce morte come la chiamano le cliniche Svizzere che la praticano legalmente, prevede infatti che il medico chieda diverse volte al paziente se ha realmente l’intenzione di morire.
Dj Fabo voleva morire.
Non riusciva più a pensare alla sua vita in quella gabbia che era diventata il suo corpo. Da quasi 3 anni era tetraplegico, respirava attraverso dei tubi collegati alla trachea, non vedeva più niente.
Le aveva tentate tutte durante questi quasi 3 anni. Dopo una vita, breve comunque la sua, aveva appena compiuto 40 anni, passata in giro per il mondo, a mettere musica nelle discoteche, era costretto a letto. Fisioterapia, poi le staminali. Ci aveva creduto, dj Fabo, a potere ricominciare. Poi però evidentemente quella speranza ha cominciato ad affievolirsi. E un altro pensiero ha cominciato a prendere forma. Nella sofferenza e nel dolore. Quello dal quale evidentemente si è voluto liberare.
Non vedeva neanche quello che scriveva sui social.
La sua compagna Valeria, compagna di tanta vita, era diventata il suo tramite con quella stessa.
Lo scorso 9 febbraio dj Fabo aveva compiuto 40 anni. A giudicare dai commenti sul suo profilo deve essersi divertito.
Il 27 febbraio ha varcato il confine svizzero. E ha volontariamente scritto la parola fine alla sua esistenza.
Questo suo gesto ha risollevato la discussione sul fine vita in Italia.
Su quanto sia giusto o meno legiferare in materia.
Dj Fabo avrebbe potuto fare questo suo ultimo viaggio nell’anonimato. Come fanno diverse persone ogni anno.
Dai dati in mano alla stampa infatti emerge che sono numerose le agenzie in Italia che organizzano questo servizio (Fonte: Ansa).
Dj Fabo invece si è fatto testimonial di una battaglia legale. Affinché venga riconosciuto anche in Italia il diritto all’autodeterminazione.
Il testo di legge di cui si discute in Italia si chiama “Norme in materia di consenso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari al fine di evitare l’accanimento terapeutico”.
Al momento il disegno non introdurrebbe alcuna forma di eutanasia.
Lo stop alla discussione è stato causato da un fronte trasversale.
Ma a quanto si scrive sembra prossima ad essere ripresa.
Tra i promotori del ddl Marco Cappato, ovvero l’accompagnatore di dj Fabo.
Che oggi rischia fino a 12 anni di carcere per il suo intervento nella vicenda.
In Italia la discussione sul fine vita è da sempre un argomento spinoso. Lo dimostrano i commenti delle persone comuni e non, che in queste 24 ore sono apparsi a fiumi sui social.
Adinolfi a parte, che è addirittura stato bannato da facebook per il suo, in molti si interrogano se sia stato giusto che un uomo abbia posto fine alla propria vita con un gesto che è, in fin dei conti, un suicidio.
Altri invece, proprio in modo opposto, si chiedono se sia giusta una vita fatta di dolore e sofferenza come quella di dj Fabo.
Il passaggio più irto del ddl sarà, dice proprio Cappato in un’intervista datata 2 febbraio al sito Formiche.net “Definire l’obbligo dei medici nel rispettare la volontà del paziente ed evitare ad ogni caso i tribunali”.
Ossia il comma 7 dell’articolo 1. Che stabilisce che il medico e’ tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente e in conseguenza di ciò e’ esente da responsabilità civile o penale (Fonte: Superabile.it )
C’è da credere che in un paese nel quale in un Parlamento laico, per decidere di un argomento tale, ci sono dei mediatori cattolici, la strada sarà ancora lunga.