L’antico rito del passaggio dell’icona della Madonna di Casaluce tra Aversa e Casaluce.


<strong>AVERSA – Si è rinnovato l’antico rito del passaggio dell’icona della Madonna di Casaluce tra Aversa e Casaluce. Il prossimo 15 giugno, dopo otto mesi trascorsi a Casaluce, la Madonna ritornerà ad Aversa.

Dopo la solenne celebrazione presso la parrocchia dei SS. Filippo e Giacomo, la sacra icona, che la tradizione attribuisce a San Luca, è stata portata in processione per le strade del centro storico, accompagnata da una gran folla di fedeli, per poi essere accolta dal Vescovo Spinillo in Cattedrale. Il Sindaco Enrico de Cristofaro, accompagnato dal presidente del consiglio comunale Augusto Bisceglia e dai consiglieri Di Virgilio e Capasso, ha seguito l’intero tragitto fino all’Abbazia di S. Lorenzo ove è avvenuto il passaggio con la vicina Casaluce, rappresentata dal Sindaco Nazzaro Pagano. Mentre si completava il rito del passaggio, con il cambio del manto del trono della vergine, affidato alla confraternita celestina di Maria SS. di Casaluce, i sindaci delle due città si sono stretti la mano in segno di piena amicizia, stemperando simbolicamente le antiche rivalità che per secoli avevano contrapposto le due comunità per la permanenza della miracolosa effige.

Madonna di Casaluce – La storia dell’icona

La storia del piccolo dipinto, attribuito a San Luca è da sempre conteso da Aversani e Casalucesi. La provenienza dell’icona è orientale: fu portata in Italia dal vicario di Carlo I d’Angiò, Ruggero Sanseverino, che era in missione in Terra Santa. E’ probabile che il quadro e le due idrie, donate poi al sovrano angioino, fossero state date al Sanseverino dai monaci militari che erano posti a difesa del Santo Sepolcro.

Una volta giunte alla corte angioina, quadro e idrie furono collocate nel posto d’onore della cappella privata dei re in Castelnuovo, da poco edificato, sotto la protezione di Ludovico da Tolosa, figlio di Carlo II. Nel 1297, quest’ultimo diede incarico ad un nobile francese, Beltramo dei Balzo, di custodire con cura l’Icona e le idrie nel Castello di Casaluce, casale di Aversa, che doveva essere trasformato in convento dei Padri Celestini. Nel 1309, Carlo II d’Angiò donò metà del suo Castello di Aversa (annesso alla chiesa dei SS. Filippo e Giacomo che allora era cappella del Castello) ai Padri Celestini ai quali furono destinate anche 50 once d’oro da prelevare dalle tasse pagate dagli aversani al sovrano. Ma solo l’8 agosto del 1359 la Madonna Bruna e le sacre idrie, fatte risalire alle Nozze di Cana, furono affidate ai Celestini da Raimondo dei Balzo, nipote di quel Beltramo che si era impegnato a ciò 62 anni prima con Ludovico di Tolosa. Raimondo assegnò ai Celestini il Castello di Casaluce, la chiesa ed un casale attiguo. Così da quel tempo la Madonna Bruna fu mèta di pellegrinaggi di re e regine: Giovanna I, Giovanna II, Alfonso I d’Aragona, Carlo V d’Asburgo e Carlo III di Borbone. Fin dalla sua venuta nell’agro aversano, la sacra Icona veniva ospitata per alcuni periodi dell’anno ad Aversa dove i Celestini si spostavano per via dell’aria insalubre di Casaluce ed esposta alla pubblica venerazione, tale che incentivarono il rafforzamento del culto, che dopo la soppressione dei monaci, fu pretesa dal popolo aversano.  I due parroci si accordarono con la permanenza dell’icona sei mesi ad Aversa e sei mesi a Casaluce mentre le due idrie rimanevano in esposizione permanente nel Santuario di Casaluce. La calma fu apparente fino a quando cominciarono una discussione sulla proprietà del baldacchino argenteo fatto fondere nel 1624. La questione fu portata davanti al Consiglio degli Ospizi, ed ebbe ragione il popolo di Casaluce. L’8 gennaio 1853 un decreto governativo ad istanza dei casalucesi ripristinava quello del 1744 con il quale Aversa poteva avere l’icona per solo due mesi. A sua volta a seguito di un’istanza degli aversani, il 23 marzo 1857 fissava gli attuali otto mesi a Casaluce e quattro ad Aversa con la traslazione annuale del 15 giugno ad Aversa ed il 15 ottobre a Casaluce. Le contese furono aspre ed ancora oggi esitano a scomparire del tutto.

 

 

 

 


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