Marchionne e Fiat-Chrysler: bonus retributivi ai lavoratori


Marchionne scardina le relazioni sindacali: Stritola-diritti? Genio industriale? Stratega.

Dopo la prima, storica, assemblea del gruppo FCA fuori dall’Italia (per la precisione al Sofitel legend “The Grand Amsterdam” il 16 aprile) Marchionne e Fiat-Chrysler hanno assestato un duro colpo alle relazioni sindacali, con nuove mosse sulla trattativa con i lavoratori ed i sindacati che fanno di colpo invecchiare il concetto di “contrattazione con le parti sociali”.

La notizia principale da questo punto di vista è l’intenzione, svelata dal Gruppo FCA nell’assemblea di cui sopra e rivelata nei dettagli il giorno dopo nella disputa con i sindacati all’Unione Industriale di Torino per rinnovare il contratto del gruppo FCA, di creare dei bonus retributivi variabili distribuiti ai lavoratori in base sia alle presenze sul lavoro, sia agli orari di lavoro effettivamente concretizzati dalle maestranze, sia in base ai risultati raggiunti dal gruppo.

L’idea, non del tutto originale nel resto del mondo, è stata riassunta in questo modo dall’AD di Fiat, Sergio Marchionne:

i quasi 50000 dipendenti di Fiat-Chrysler in Italia riceverebbero un premio variabile crescente che, partendo da circa 1500 euro annui potrebbe arrivare, se raggiunti determinati obiettivi, a circa 5000 euro, secondo il piano industriale 2015-2018 pubblicato in questi giorni: gli obiettivi da rispettare per questo “premio di produttività” sono ancorati sia alla produttività raggiunta dallo staff (in termini di assenze, rispetto degli orari, output realizzati, efficienza produttiva) sia ai risultati dell’azienda (quelli commerciali, relativi alle vendite del gruppo FCA in Europa, Africa e paesi arabi), e porterebbero in ogni caso aumenti salariali di circa 30 euro al mese anche se tali obiettivi non fossero rispettati (la discussione è ormai in fase avanzata: si parla già di una prima tranche di premio di circa 330 euro per lavoratore, che dovrebbe essere erogata ai dipendenti FCA a Maggio).

Costo complessivo dell’operazione ipotizzato: circa 600 milioni. Oltre a rappresentare un elemento rilevante per la sua stessa natura (più soldi in busta paga per i dipendenti, direbbe qualcuno), tale struttura retributiva costituisce un principio innovativo per i metalmeccanici e per le relazioni sindacali di tutte le (poche) grandi aziende italiane. Già da un po’, a nostro modo di vedere, cioè fin dal “referendum” del 2010 a Pomigliano (che molti hanno visto come una rivoluzione nei rapporti di lavoro, ma che altrettanto numerosi detrattori hanno considerato un ricatto contro la parte debole, rappresentata da lavoratori e sindacati), la Fiat gioca d’anticipo rispetto ai sindacati e alle associazioni dei lavoratori: da quel momento, con l’abbandono del contratto nazionale dei metalmeccanici e l’uscita da Confindustria, si è creata una nuova impostazione di lavoro nel gruppo automobilistico italiano, con più giorni settimanali di lavoro ma con turni più brevi, con salari più alti rispetto ai contratti collettivi nazionali ma con più straordinari, comunque pagati, il tutto all’insegna di una maggior flessibilità degli orari e una maggiore produttività.

La dirigenza FCA ha in questi anni portato avanti, con sicura e talvolta sfrontata decisione, idee diverse di rapporto di lavoro, che hanno creato a giorni alterni soddisfazione, tensioni sindacali e vere e proprie rivolte (tra tutte, ad esempio, quelle che hanno portato all’esclusione della FIOM dalle relazioni sindacali ufficiali dopo il referendum ed il licenziamento di tre tesserati FIOM, poi reintegrati dopo la sentenza del 2013 perché discriminati all’appartenenza a questa sigla sindacale). Il continuo cambio di passo di Marchionne su questo fronte risiede nella capacità, che molti in realtà considerano mera imposizione o semplice raggiro, di portare soluzioni pragmatiche, seppur spesso salomonicamente brutali e sfacciatamente unilaterali, che rendono i lavoratori sempre più distanti dai sindacati: questi ultimi, che passano in maniera piuttosto volatile dalla concordia alla violenta contrapposizione, pur avendo avuto in molti casi ragione (i licenziamenti discriminatori di cui sopra sono a nostro parere emblematici) sono sembrati agli occhi di buona parte dell’opinione pubblica e dei lavoratori stessi come delle forze conservatrici e oscurantiste, con il risultato che, anche a causa della crisi e della nascita di nuove categorie di lavoratori non ancora riconosciute e pienamente tutelate dalle unioni dei lavoratori, gli iscritti alle sigle sindacali sono in calo costante ormai da anni.

La nostra opinione al riguardo, comunque, parte dal presupposto di non voler appioppare sommari giudizi di valore sul sindacato attuale: pensiamo invece che, ancora una volta, il divisivo e, a suo modo, istrionico amministratore delegato della FCA Sergio Marchionne, abbia proposto una soluzione che potrebbe portare a risultati positivi sia per il gruppo con radici a Torino e Detroit che per il tenore di vita dei propri lavoratori, e che in Ferrari già sta funzionando bene (quest’anno gli operai hanno ricevuto il premio di produzione di cui abbiamo parlato: circa 2500 euro a testa). Tutto ciò, però, mentre ai sindacati non resta che concordare (come hanno fatto Cisl, Uil e Federmeccanica, associazione degli imprenditori da cui FIAT è uscita dopo il referendum di Pomigliano) o dissentire (il ruggito del tandem Camusso-Landini è stato, ancora una volta, condiviso dalla parte della popolazione che ha contrastato l’azione del gruppo FIAT, a loro modo di vedere lesiva, dei diritti dei lavoratori e dei sindacati).

ma null’altro.

 Nella foto principale “Logo Fiat Chrysler Automobiles” by Robilant Associati Studio – fiatspa.com. Licensed under Public Domain via Wikimedia Commons.
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