Napolitano e laziale


L’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha ricevuto solenne esequie all’interno del Parlamento, per la precisione a Palazzo Madama. Sono stati presenti i presidenti della Repubblica della Francia, della Germania, numerose altre delegazioni diplomatiche straniere e ovviamente tanti ex ministri e primi ministri italiani.

Nonostante si fosse dichiarato ateo sono venuti ad omaggiarlo un cardinale e anche Papa Francesco, ma forse è mancata una massiccia partecipazione dei cittadini “normali”.

In ogni caso in questi giorni sono state tantissime  le espressioni di cordoglio provenute dalla grandissima parte del paese e da diversi settori della società civile.

Giorgio Napolitano da Presidente della Repubblica ha subito alcune richieste di impeachment, vale a dire di messa in stato di accusa, come peraltro diversi suoi predecessori nel corso della nostra storia democratica.

In passato c’è stato il caso di Segni, poi quello del presidente Giovanni Leone, anche lui napoletano, che fu spinto letteralmente alle dimissioni, ma non fu risparmiato nemmeno Francesco Cossiga, che  nell’ultima fase del suo settennato subì un’analoga richiesta, così come lo stesso Oscar Luigi Scalfaro, il presidente che sciolse il parlamento dell’undicesima legislatura, la più breve della storia, che pure riuscì a salvarsi da un certo numero di accuse.

Al presidente Giorgio Napolitano fu contestato un eccesso di interventismo politico e di azioni considerate di puntiglio. Eppure quando presiedeva la camera dei deputati Giorgio Napolitano esercitò molto meno quell’ interventismo, di cui fu invece poi protagonista dalla poltrona quirinalizia.

Napolitano, pur essendo un europeista convinto, può comunque essere definito soprattutto come un politico della sinistra storica, che visse gran parte della sua vita politica dentro al partito comunista, fino ai cambiamenti che portarono al crollo del muro di Berlino e di conseguenza alla sconfitta del Comunismo reale.

Napolitano provò a traghettare tutta la sinistra italiana nel perimetro della socialdemocrazia europea, riuscendoci parzialmente perché l’adesione si compì da parte del nuovo partito democratico della sinistra, ma una parte dell’ex PCI italiano fece nascere una formazione con lo scopo di “rifondare” il comunismo, mentre il PSI e il PSDI, con i quali aveva sempre avuto modo di dialogare in qualità di esponente della componente migliorista del suo partito, si consumavano rovinosamente durante il periodo di tangentopoli.

A fare perire il PSI e il PSDI furono infatti le oscure vicende giudiziarie che devastarono il sistema politico italiano, colpendo soprattutto Bettino Craxi “con una durezza senza eguali”, come lo stesso presidente della Repubblica Napolitano ebbe modo di affermare in una lettera alla famiglia dello statista socialista resa pubblica.

Insomma Napolitano si è guadagnato un posto d’onore nella lunga e tormentata vicenda della sinistra italiana, nella quale seppure non abbia mai raggiunto una posizione di leader, può essere considerato comunque un grande dirigente di minoranza.

Nel PCI non erano previste maggioranze e minoranze perché vi era il centralismo democratico e le posizioni della “destra”, cioè dell’area riformista, erano minoritarie in un partito che malgrado tutte le evoluzioni restò sempre legato all’idea della sua superiorità morale e ancorato alla logica dello stare sempre all’opposizione, per non governare un Paese complicato come l’Italia.

Napolitano, però,  seguendo le logiche politiche del suo maestro Giorgio Amendola,  combatteva alacremente dall’interno del partito perché voleva fare del Pci un partito aperto alle alleanze politiche a partire dai socialisti, per introdurre dal governo le riforme che gradualmente migliorassero le condizioni dei cittadini italiani. La sua componente negli anni ottanta si poteva definire migliorista proprio, per abbattere settarismi ed estremismi di ogni tipo.

Napolitano avrebbe potuto diventare segretario del Pci ben due volte,  ma il massimalismo imperante tra i comunisti impedì questa possibilità, la prima volta quando gli fu preferito Enrico Berlinguer, e la seconda volta quando quest’ultimo morì e si scelse come sostituto Alessandro Natta per puro continuismo politico.

Luciano Lama invece fece il suo nome al congresso dei comunisti, ma non era ancora il tempo delle sfide a viso aperto, come quella che ci sarebbe stata poi nel 1994 tra Massimo D’Alema e Walter Veltroni, vinta dal primo.

La scuola comunista lo spingeva ad essere attendista e felpato, per la paura di rompere i rapporti, che era superiore a quella di perdere. Il riformismo della “destra” del PCI non gli fece fare mai una battaglia sino in fondo, così che l’esito della crisi del crollo del muro di Berlino non portò alla socialdemocrazia di tipo europeo, ma ad un nuovo partito, il Pds, che  somigliava ancora molto al vecchio PCI, seppure rivestito di alcuni spunti “liberal”, ma non troppo definiti dal punto di vista dei contenuti.

Giorgio Napolitano nella sua seconda vita politica,  da uomo di Stato è stato nell’ordine: presidente della Camera, parlamentare europeo, ministro dell’Interno, senatore a vita e infine Presidente della Repubblica.

Anche in questa seconda fase del suo impegno politico Napolitano trasmise la sostanza del suo riformismo e fu molto impegnato per favorire il processo riformatore delle istituzioni.

I suoi progetti non si conclusero secondo i suoi intendimenti, perché   quasi tutte le forze politiche, comprese quelle del centrosinistra furono restie nel recepirli o comunque molto lente nella migliore delle possibili interpretazioni. Infatti i protagonisti dell’Ulivo e i  dirigenti del successivo centrosinistra furono spesso richiamati da Napolitano come presidente della Repubblica, durante il suo doppio mandato, che comunque durò meno di un decennio, per la scelta di dimettersi il 14 gennaio 2015.

Questo gesto forse fu influenzato dall’analoga decisione di Papa Benedetto XVI, con il quale aveva un forte rapporto di stima, di dimettersi clamorosamente  l’11 febbraio 2013.

Napolitano fischiato all’Olimpico

I fischi e i cori durante il minuto di silenzio, istituito per la sua morte in tutti gli stadi, hanno coinvolto sete società tra serie A e B, sono stati davvero indecenti e giustamente sanzionati dalla giustizia sportiva. In particolare gli ultrà della curva della Lazio hanno cantato un inno di estrema destra allo stadio Olimpico durante il minuto di raccoglimento per la scomparsa dell’ex capo dello Stato, prima della gara con il Monza di Berlusconi, grande protagonista delle vicende politiche, che hanno riguardato il primo mandato al Quirinale, con la scelta di Napolitano di favorire il governo tecnico di Mario Monti.

Gli ultrà hanno fischiato sonoramente durante il momento di raccoglimento e subito dopo hanno intonato ‘Avanti ragazzi di Buda’, una canzone antisovietica italiana, scritta da Pier Francesco Pingitore nel 1966, per ricordare la rivolta ungherese del 1956, repressa dall’esercito russo, e poi divenuta uno degli inni di riferimento dell’estrema destra italiana.

Questo segnale di chiaro estremismo politico degli ultrà non è stato fortunatamente apprezzato dal resto dello stadio Olimpico, e così gli altri tifosi hanno provato a coprire il coro offensivo con gli applausi.

Del resto Napolitano, che apprezzava comunque tutto lo sport e non solo il calcio, aveva rivelato al giornalista Ivano Cucci di essere tifoso proprio della Lazio, anche se probabilmente sarà stato contento anche per il recente scudetto del Napoli, come lo fu il 9 luglio del 2006 a Berlino quando assistette all’ultima vittoria dei Mondiali da parte della nazionale contro la Francia.

Il presidente Napolitano espresse la sua gioia e si complimentò con il tecnico Marcello Lippi e tutti gli azzurri, quasi come il presidente socialista Sandro Pertini l’11 luglio 1982 a Madrid e curiosamente c’era sempre la Germania di mezzo.

 

(foto da Wikipedia di Di Quirinale.it – Attribution, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=2025567)

 

 

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