Dal prossimo anno, la Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASpI), l’indennità di disoccupazione erogata ai lavoratori subordinati in caso di perdita involontaria del lavoro, subirà modifiche significative. L’obiettivo? Combattere abusi e garantire un utilizzo corretto della misura. Ecco tutto ciò che c’è da sapere.
Cos’è la NASpI
Introdotta con il decreto legislativo 4 marzo 2015, n.22, la NASpI è una misura di sostegno economico per i lavoratori che si trovano in stato di disoccupazione involontaria. Disponibile su domanda degli interessati, è attiva dal 1° maggio 2015. Per accedervi, i beneficiari devono soddisfare requisiti specifici, tra cui almeno 13 settimane di contribuzione nei quattro anni precedenti la perdita del lavoro.
L’importo erogato varia in base alla retribuzione percepita nei quattro anni precedenti, con una decurtazione progressiva del 3% a partire dal 91° giorno di disoccupazione.
NASpI, le novità in arrivo nel 2025
A partire dal 1° gennaio 2025, un emendamento alla manovra finanziaria introdurrà un’importante modifica. Secondo la nuova norma, i lavoratori che hanno presentato dimissioni volontarie da un impiego a tempo indeterminato nei 12 mesi precedenti, avranno diritto alla NASpI in caso di licenziamento da un nuovo lavoro solo se avranno accumulato almeno 13 settimane di contribuzione nel nuovo impiego.
Perché questa modifica
La ministra del Lavoro, Marina Calderone, ha spiegato che l’intento è prevenire abusi della misura, il cosiddetto fenomeno dei “furbetti della NASpI”. Questi ultimi, in alcuni casi, avrebbero utilizzato brevi impieghi dopo dimissioni volontarie per accedere all’indennità, gravando sul sistema.
«La norma ha una finalità antielusiva», ha chiarito la ministra. La modifica mira a scoraggiare comportamenti opportunistici e a rendere il sistema più equo, senza però modificare la natura della misura, che resta dedicata a chi perde il lavoro per cause indipendenti dalla propria volontà.
Fino al 2024, la NASpI era accessibile esclusivamente in caso di licenziamento e richiedeva almeno 13 settimane di contribuzione nei quattro anni precedenti. L’importo variava in base alla retribuzione media imponibile, con una percentuale del 75% per i redditi più bassi e ulteriori incrementi per quelli più alti.
Non tutte le dimissioni volontarie saranno soggette al nuovo criterio. Secondo quanto riportato da Il Sole 24 Ore, le seguenti situazioni continueranno a garantire l’accesso alla NASpI:
- Dimissioni per giusta causa, come molestie sul lavoro, mancato pagamento dello stipendio o variazioni peggiorative delle condizioni contrattuali.
- Risoluzione consensuale nell’ambito della procedura di conciliazione per licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
- Dimissioni durante il periodo di tutela contro il licenziamento per maternità e paternità.
Implicazioni per i lavoratori
Con la nuova normativa, chi cambia lavoro volontariamente dovrà garantire una permanenza di almeno 13 settimane nel nuovo impiego per poter accedere alla NASpI in caso di licenziamento. La misura punta a rafforzare il legame tra contribuzione e diritto all’indennità, limitando utilizzi impropri.
Un sistema più equilibrato
La riforma della NASpI rappresenta un passo verso un utilizzo più responsabile della misura, salvaguardando chi ha davvero bisogno di supporto in caso di perdita del lavoro. Mentre le associazioni dei lavoratori esprimono pareri contrastanti, la modifica cerca di bilanciare le esigenze di tutela sociale con la necessità di ridurre gli abusi. Il 2025 segnerà, dunque, una nuova fase per il sistema di protezione dei lavoratori italiani.