Non c’è pace per il Medioriente


Ad un anno dal massacro compiuto da Hamas la situazione in Medioriente continua ad essere esplosiva.Il 7 ottobre 2023 sono stati colpiti ragazzi che partecipavano ad un rave musicale, civili abbattuti nelle case, nei kibbutz e nelle strade, in un giorno terribile, che provocò la morte di 695 civili israeliani, tra cui 36 bambini, 373 membri delle forze di sicurezza e 71 stranieri, per un totale di 1.139 vittime.

Inoltre sono state prese in ostaggio 251 persone, delle quali di circa un centinaio non si hanno più notizie, e la situazione è diventata ancora più cruenta, perché il governo di Israele ha sferrato pochi giorni dopo un attacco terribile contro Gaza, sia da terra, che dal cielo.L’esercito israeliano ha distrutto cose e persone, edifici e vite umane senza peraltro fare alcuna distinzione tra terroristi e civili, tra donne e bambini, tra depositi di armi e ospedali e persino scuole e zone adibite a ricovero per i senza tetto.

La risposta del governo israeliano, per giustificare le vittime era che Hamas utilizzasse i civili come scudi umani.I dati di questa tremenda guerra non sono ancora verificabili e quindi aggiornati in senso definitivo, ma il ministero della Sanità di Gaza, ancora controllato da Hamas, conta già 41.825 persone uccise, delle quali quasi 17.000 sembrerebbero essere bambini, e anche secondo le fonti fornite dall’Onu con quasi centomila feriti causati dallo IDF, le Forze di Difesa israeliane, che a loro volta avrebbero subito la perdita di circa 350 militari.

Secondo una stima rilasciata da un ente internazionale neutrale puramente di assistenza sanitaria come Medicine sans Frontieres, i senza tetto sarebbero quasi due milioni. Per rimuovere le macerie, provocate dai bombardamenti israeliani su Gaza, non basterebbe un decennio, secondo uno studio dell’organizzazione delle nazioni unite.La forza armata dell’Israel Defence Forces ha successivamente colpito anche la regione occupata della Cisgiordania, e negli ultimi giorni anche il Libano.

In tutto il mondo si sono tenute manifestazioni di protesta contro la guerra in Medio Oriente e alcune purtroppo sono state caratterizzate da scontri con le forze dell’ordine, come quella di Roma.L’obiettivo dichiarato dal governo israeliano anche nella solennità dell’assemblea dell’ONU resta quello di distruggere l’organizzazione terroristica Hamas, e anche tutti i gruppi fiancheggiatori, come lo Jihad Islamico, che risulterebbe essere il secondo gruppo armato più numeroso della Striscia di Gaza, con una partecipazione attiva alla strage degli israeliani del 7 ottobre, il Fplp, Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina e soprattutto Hezbollah, l’organizzazione paramilitare libanese, islamista sciita e antisionista.

I generali israeliani negli ultimi tempi, dopo aver fatto esplodere i cercapersone dei militanti di Hezbollah, allo scopo di eliminare il capo militare, Hassan Nasrallah e dopo essere riusciti ad eliminarlo lo scorso 28 settembre hanno deciso di bombardare pesantemente pure Beirut.Una serie di raid aerei, ha distrutto interi palazzi e scavato giganteschi crateri, determinando la morte di altre centinaia di civili.

Insomma la guerra per colpire Hezbollah non solo non si arresta, ma si espande ulteriormente con ulteriori raid aerei sulla capitale libanese, e anche sullo Yemen, colpendo in modo particolare il porto di Ras Isa e una centrale elettrica, tutti obiettivi controllati dal gruppo sciita Houthi.Appare evidente che Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu non abbia la benché minima intenzione di fermarsi, in particolare adesso, contro postazioni, basi, uomini di Hezbollah, e anche gruppi contigui, all’organizzazione terroristica.

Secondo Netanyahu l’organizzazione di Hezbollah sarebbe sostenuta dall’Iran, e lo scopo del suo governo è quello di difendersi, impedendo di fare lanciare razzi oltre il confine israeliano.Insomma, secondo il premier dello stato ebraico la sua sarebbe una guerra prettamente di difesa da Hamas a Gaza, e da Hezbollah e le altre organizzazioni terroristiche collaterali negli altri stati confinanti.

A suo giudizio questa guerra mette al riparo anche gli altri stati occidentali dai gravi pericoli che l’Iran e altri stati possono causare a causa dei governi in mano ai terroristi.La diplomazia internazionale si trova a dover tentare una mediazione, per ottenere almeno una tregua in Medioriente, ma appare un’impresa difficile da realizzare, proprio per l’impostazione data alla guerra dal premier Netanyahu.

Infatti la rivendicazione di Israele di sradicare tutte le organizzazioni terroristiche, che intendano distruggere i confini dello stato ebraico, è sostenuta piuttosto nettamente dagli Stati Uniti.Il governo americano forse troppo tiepidamente ha provato ad ottenere la cessazione delle ostilità belliche da parte del premier israeliano Netanyahu, impegnando più volte il segretario di Stato, Antony Blinken, ad andare in missione diplomatica in Medioriente, ma è stato tutto inutile perché non si è mai riusciti ad ottenere risultati significativi.

In realtà gli Stati Uniti continuano a sovvenzionare con miliardi di dollari la macchina bellica israeliana, e il presidente Joe Biden, che comunque resterà in carica fino al prossimo 20 gennaio, ha definito l’uccisione da parte dello stato ebraico del capo militare di Hezbollah con le testuali parole: “La sua morte è una misura di giustizia per le sue numerose vittime, tra cui migliaia di civili americani, israeliani e libanesi”.Nel partito democratico di Joe Biden e Kamala Harris, ha provato a differenziarsi solamente l’esperto senatore di area socialista Bernie Sanders, che ha presentato un disegno di legge, per bloccare un’ulteriore spedizione di armi per la cifra di circa venti milioni di dollari, con una motivazione, che dice testualmente: “Inviare più armi al governo estremista di Netanyahu è immorale e illegale, e le armi statunitensi sono responsabili di troppe vittime civili a Gaza. Dobbiamo porre fine alla nostra complicità in questa atrocità”.

Anche il presidente della Repubblica francese Macron ha preso posizione con questa dichiarazione esplicita: “Penso che oggi la priorità sia tornare a una soluzione politica: dobbiamo smettere di fornire armi a Israele.E il Libano non può diventare una nuova Gaza”.

Ma la risposta di Netanyahu alle parole di Macron è stata rabbiosa, definendo vergognose le sue dichiarazioni, non riconoscendo comunque nessuna importanza al sostegno della Francia nel conflitto mediorientale.Ma non è sola la Francia nell’esprimere una posizione critica nei confronti del governo israeliano, perché ci sono anche altre nazioni, che non sono più disponibili ad accettare il prezzo, umano e morale, che Netanyahu sta imponendo, pur di raggiungere il suo obiettivo.

Oltre a diversi governi nei cinque continenti, molte associazioni internazionali e tantissimi semplici cittadini, anche di stati, che sono invece alleati con Israele, non intendono accettare la distruzione per mano armata di intere regioni, palazzi, con tante vittime, comprese donne e bambini, perfino scuole e ospedali come se, il pur spiacevole massacro iniziale dell’anno scorso, potesse giustificare in qualche modo le stragi umanitarie e la violazione del diritto internazionale.Le bombe israeliane stanno creando danni enormi a cose e persone con proporzioni tali, che non possono essere accettate da stati democratici.

Anche i civili che riescono a sopravvivere sono costretti a farlo in condizioni gravissime, con mancanze enormi di cibo e di acqua potabile, il collasso dei servizi e dell’assistenza medica, il dilagare dei rischi d’infezione come poliomielite e morbillo, e in molti casi senza avere nemmeno più un riparo per gli sfollati.Anche i giornalisti stanno in grandissima difficoltà, rischiando la vita e perdendola purtroppo in diversi casi, solamente per raccontare quello che accade.

Le vittime tra gli operatori dei media stanno continuando ad aumentare proprio in questi giorni, perché questo periodo è diventato un momento probabilmente decisivo per il futuro dell’attuale sistema degli accordi internazionali.Secondo Rym Momtaz, analista politica per l’Istituto di ricerca Carnegie Endowment for International Peace, tutto dipenderà dalla posizione del principale alleato di Israele, esprimendosi con queste testuali parole: “Se gli Stati Uniti non cambieranno la loro posizione, non ci sarà alcun cambiamento”. È assai difficile, peraltro, che questo cambiamento possa avvenire prima delle cruciali elezioni americane del prossimo 5 novembre.

In linea teorica, sia un’amministrazione Trump, che un’altra democratica seppure a guida Harris, potrebbero usare la leva della persuasione, per aiutare in modo efficace le parti a fermare la guerra in Medioriente, ma l’analista Momtaz tiene conto anche della convinzione del governo israeliano, che da anni risulta presidiato da forze politiche di estrema destra.Secondo queste forze politiche della destra israeliana, solo la guerra potrà determinare l’annientamento delle organizzazioni terroristiche, che minacciano l’esistenza stessa dello stato ebraico.

L’analista politica ricorda però quanto potrebbe essere illusorio pensare, che basti eliminare fisicamente alcuni leader, per distruggere le ideologie, da essi rappresentate.In effetti è la stessa storia a ribadire questa osservazione, perché nel 2008 quando Imad Mughniyeh, leader militare di Hezbollah, fu assassinato a Damasco, in Siria, dall’esplosione di un’autobomba, il terrorismo non si è assolutamente fermato.

E pure in precedenza quando nel 2004, Israele aveva ucciso con un raid aereo lo sceicco Ahmed Yassin, uno dei fondatori di Hamas, nulla purtroppo era cambiato.Entrambe le organizzazioni, Hamas ed Hezbollah sono sopravvissute alla morte dei loro leader, e Netanyahu sembra non aver imparato questa lezione, perché di recente si è presentato all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, con un discorso molto grave, per sfidare la comunità internazionale.

Il premier israeliano, tra le proteste di diversi diplomatici che hanno lasciato l’aula, ha definito addirittura l’Onu come una “palude di bile antisemita”, sostenendo che Israele intenda arrivare alla pace, ma che, per ottenerla, avrebbe combattuto fino ad una vittoria totale. In realtà, più che potente e temerario, Netanyahu è sembrato essere più un ostaggio dei ministri di estrema destra, che compongono e condizionano fortemente l’operato del suo governo.I ministri di estrema destra, Ben-Gvir e Bezalel Smotrich, tengono da tempo sotto scacco il governo di Netanyahu, perché minacciano una crisi di governo, nei momenti importanti della guerra, rischiando di lasciare l’attuale premier senza incarico e senza coperture istituzionali.

In questo particolare periodo storico, le dimissioni da premier lo condannerebbero praticamente a dover rispondere delle accuse di corruzione, frode e abuso di potere in patria, oltre ad altre, che da anni pure lo rincorrono.Il quotidiano israeliano Haaretz pure fa notare come, da un lato l’euforia collettiva di Israele per l’assassinio del capo di Hezbollah Nasrallah sia appropriata, ma dall’altro ci sia anche l’esigenza, che lo stato ebraico non debba confondersi o addirittura compiacersi di personaggi estremisti e catastrofici come Netanyahu, Smotrich e Ben-Gvir, che sono da troppo tempo al governo del paese.

La soluzione dei “due popoli due stati”, auspicata negli anni ottanta anche dai governi italiani, come peraltro l’unica raggiungibile per via negoziale, purtroppo allo stato attuale sembra non essere più percorribile.Ma a questo punto sarebbe ancora più complicato uscire da questa impasse, perché con una guerra ancora più estesa, sarebbe coinvolto anche l’Iran, che finora ha voluto contenere la sua risposta militare alle provocazioni, limitandosi al lancio dei circa 180 missili balistici su Israele.

Siamo arrivati ad un punto terribile, pur di perseguire i propri interessi, si accetta persino l’idea del ricorso all’opzione nucleare. Il rischio purtroppo è piuttosto elevato, perché molte decisioni sono affidate alle “ragioni” di pericolosi estremisti, il più delle volte fanatici e squilibrati, che non riescono a valutare con un giudizio obiettivo gli effetti delle proprie azioni politiche e militari, ma che sono riusciti a conquistare, ormai nel corso degli ultimi anni, preminenti ruoli di potere.Ayman Safadi è il ministro degli Esteri della Giordania, altro alleato chiave per gli Stati Uniti, e si dichiara pronto ad affrontare la guerra totale in Medioriente, se Netanyahu non riuscisse ad essere fermato, assieme al suo governo, nei prossimi giorni.

L’analista politico britannico di origine pakistana, Irfan Raja, ha scritto un editoriale sul quotidiano turco Daily Sabah, dal titolo provocatorio: “7 ottobre: la ragione perfetta per Israele per ucciderli tutti”.Secondo l’analista Raja, negli ultimi anni si starebbe utilizzando il pretesto di attacchi terroristici, per passare dalla “guerra al terrore”, alla “guerra del terrore”, perché gli stati potenti hanno già colpito pesantemente nazioni, come l’Afghanistan, l’Iraq, la Siria, la Libia, la Somalia, il Sudan e il Pakistan.

E adesso si sta passando sul fronte degli Stati confinanti con Israele, con il costo umano del conflitto in Medioriente, che praticamente aumenta con il trascorrere dei giorni e non si vede ancora nessun tentativo diplomatico serio, per scongiurare una situazione ancora più allarmante ed esplosiva, di un altro terribile fronte di guerra come quello tra Russia e Ucraina.Addirittura Israele si è messa a sparare pure contro la missione Unifil dell’Onu nel sud del Libano, colpendo una base italiana e ferendo due caschi blu indonesiani.

Lo avrebbe fatto perché sarebbe stata respinta dall’Unifil la richiesta di Israele di spostarsi cinque chilometri a nord del confine.Ci sono state le proteste formali dei governi francese e spagnolo e anche il ministro italiano della Difesa, Guido Crosetto ha convocato l’ambasciatore di Israele a Roma, parlando di un attacco intollerabile e di un crimine di guerra, commesso dalle truppe israeliane.

La premier Giorgio Meloni si è limitata ad esprimere forte vicinanza ai soldati italiani, mentre è arrivata una condanna Ferma da parte dell’Unione Europea e mentre si attendono le eventuali decisioni del Consiglio di Sicurezza l’ambasciatrice della Gran Bretagna all’Onu, Barbara Woowdward, ha chiesto l’immediato cessate il fuoco sia all’Iran, che a Israele, che non deve consentire alle sue milizie di colpire le basi delle forze di pace, un fatto considerato inaccettabile anche dalla Cina, che pure ha una sua presenza di caschi blu nella zona.

(foto di repertorio)


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