Domenica 12 giugno dalle 7 alle 23 i cittadini italiani sono chiamati al voto per esprimere il proprio parere sui referendum abrogativi sulla giustizia promossi dalla Lega e dal Partito radicale.
I cinque quesiti del Referendum del 12 Giugno 2022
Gli elettori dovranno esprimersi su cinque quesiti:
- l’abolizione della cosiddetta “legge Severino”, che stabilisce l’incandidabilità di politici e amministratori locali condannati;
- la limitazione del procedimento di custodia cautelare, ossia la carcerazione preventiva prima della sentenza definitiva;
- la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri;
- l’eliminazione delle firme per le candidature al Consiglio superiore della magistratura (Csm);
- la possibilità per gli avvocati di contribuire alla valutazione dei magistrati.
Originariamente vi erano anche altri quesiti, ma la Corte Costituzionale ne ha bocciati diversi, tra i quali quello sulla responsabilità civile dei magistrati sul modello di quello che il partito socialista aveva proposto alla fine degli anni ottanta.
Giuliano Amato, presidente della Corte Costituzionale, esponente autorevole di quel partito socialista, stranamente non ha voluto sottoporre agli elettori italiani proprio il quesito dal valore politico più probante in questi tempi così difficili per la classe politica, ma anche per la stessa magistratura.
I dubbi (e non) degli schieramenti politici
A pochi giorni dal voto, Lega, Forza Italia, Azione, Più Europa, Italia viva e il piccolo partito socialista di Nencini sono le uniche forze politiche apertamente favorevoli a tutti e cinque i referendum, Fratelli d’Italia ha espresso dubbi su alcuni quesiti, il Partito democratico si è schierato per la libertà di voto, mentre il M5s è nettamente contrario a tutti.
Tra i partiti italiani più grandi, la Lega è quello più favorevole ai referendum sulla giustizia anche perché la forza politica di Matteo Salvini è quella che assieme ai radicali ha promosso i quesiti sulla giustizia.
Il 23 maggio, durante il consiglio federale del suo partito, Salvini ha ribadito il sì della Lega e ha annunciato per i prossimi giorni centinaia di banchetti in tutta Italia per informare i cittadini sui referendum. Tra le altre cose, il 21 maggio, in un intervenuto all’assemblea regionale di “Lombardia ideale”, il movimento civico del presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, Salvini era stato molto polemico per un silenzio mediatico, a suo giudizio, allucinante e inconcepibile sui referendum. Tra marzo e aprile, per amore della verità bisogna però riconoscere che, lo stesso segretario della Lega aveva smesso di parlare sui social del voto referendario, per dedicarsi esclusivamente ai temi della guerra in Ucraina, della pandemia e della crisi energetica.
Oltre alla Lega, anche Forza Italia è favorevole a tutti e cinque i quesiti referendari sulla giustizia. Il 21 maggio, durante il suo intervento alla convention di Forza Italia a Napoli il presidente del partito, Silvio Berlusconi, ha dichiarato che i referendum sulla giustizia sono fondamentali e il loro successo potrebbe «contribuire a cambiare davvero il rapporto fra lo Stato e il cittadino e fare dell’Italia un Paese più garantista e quindi più libero».
Anche Italia viva, il psi e Azione con più Europa di Emma Bonino si sono espressi a favore di tutti e cinque i referendum.
Tra i partiti che hanno espresso diversi dubbi sui quesiti referendari c’è invece Fratelli d’Italia.
La presidente del partito Giorgia Meloni si è schierata già da un anno a favore della separazione delle carriere dei magistrati, dell’eliminazione delle firme per le candidature al Csm e della possibilità per gli avvocati di valutare l’operato dei magistrati, mentre si è detta contraria sia alla limitazione della custodia cautelare sia all’abolizione della “legge Severino”.
La linea del Partito democratico in merito ai referendum sulla giustizia è invece quella della libertà di voto.
«Il Partito democratico non è una caserma e men che meno su questi temi. C’è la libertà dei singoli, essa rimane a maggior ragione per una materia come questa, così complessa, rispetto a quesiti molto diversi tra di loro», ha dichiarato il segretario del Pd Enrico Letta il 17 maggio durante il suo intervento alla direzione nazionale del partito. Pur sottolineando la libertà di voto, Letta ha comunque precisato che, a suo parere, «una vittoria dei sì in questi referendum aprirebbe più problemi di quanti ne risolverebbe».
A differenza di Letta, però alcuni esponenti anche autorevoli del Pd si sono detti favorevoli ad alcuni dei cinque quesiti referendari, come il sindaco di Bergamo, Gori, che ha dichiarato su Twitter «Io ribadisco i miei tre sì: separazione delle carriere, custodia cautelare e legge Severino per affermare il valore della presunzione di innocenza e dei diritti della difesa.
Tra i partiti italiani più grandi presenti in Parlamento, il Movimento 5 stelle è il più contrario di tutti ai referendum sulla giustizia. «I quesiti referendari sulla giustizia offrono una visione parziale e sicuramente sono inidonei a migliorare il servizio e a rendere più efficiente e più equo il servizio della giustizia», aveva già affermato il presidente del M5s Giuseppe Conte il 16 febbraio, proprio dopo la decisione della Corte costituzionale sull’ammissibilità dei 5 quesiti referendari.
Nelle ultime settimane la contrarietà del M5s è stata ribadita anche da altri esponenti del partito. «Questi quesiti hanno un sapore propagandistico e non di sostanza. Andrebbero comunque a peggiorare il sistema giudiziario», ha dichiarato tra le altre cose la senatrice del M5s, Maiorino, che ha detto che i quesiti che preoccupano di più il M5s sono quello sull’abolizione della “legge Severino”, quello che punta a introdurre la possibilità per gli avvocati di contribuire alla valutazione dei magistrati e quello che vuole limitare la custodia cautelare. Insomma al di là delle dichiarazioni di facciata sembra proprio che moltissimi tra politici e testate giornalistiche importanti stiano apertamente boicottando i referendum del 12 giugno, per evitare che si raggiunga il quorum del 50 per cento più uno degli elettori italiani al voto.
Evidentemente buona parte della elite italiana non vuole affrontare nessun tipo di tensione, nemmeno minima, sulle delicate questioni della giustizia e del potere della magistratura, argomenti che invece sono stati l’oggetto principale di diverse pubblicazioni negli ultimi anni, tra le quali spicca il testo di Palamara, un magistrato che ha svelato tutti gli intrighi e i sistemi clientelari presenti ed operanti anche nello stesso Csm e quindi non solo nelle forze politiche.