Dopo aver ottenuto lo status di osservatore non membro dell’Onu nel 2012 e dopo aver presentato alla fine dello scorso anno una risoluzione per il pieno riconoscimento nei territori occupati da Israele nel 1967, con capitale Gerusalemme Est – che però non ha ottenuto sufficienti supporto per essere votata dai 15 Paesi membri del consiglio di Sicurezza-,
ieri, 10 settembre 2015, è stato approvato con una chiara maggioranza dall’Assemblea Generale delle Nazione Unite (119 si su 193 Paesi votanti) la risoluzione che permette alla Palestina e ad altri Stati con lo status di osservatore non membro, la possibilità di issare la propria bandiera al Palazzo di Vetro delle Nazione Unite.
Tra gli Stati contrari Israele e Stati Uniti, a favore Italia, Irlanda, Svezia, Slovenia, Lussemburgo, Spagna, Francia, Malta, Polonia. Il resto dei paesi Europei si sono astenuti. Positivi e speranzosi i commenti dei leader palestinesi quali Riyad Mansour, rappresentante all’Onu: seppur simbolico, è un barlume di speranza per i palestinesi e per Gaza, che soffoca sotto l’embargo.
L’ambasciatrice statunitense Samantha Power ha dichiarato “Alzare la bandiera palestinese davanti alla sede delle Nazioni Unite non è un’alternativa ai negoziati (tra palestinesi e Israele) e non porterà le parti più vicine alla pace”. I negoziati di pace, ed è storia nota, sono deceduti da tempo. Non si è fatto attendere nemmeno la reazione israeliana. ll diplomatico israeliano Ron Prosor lo ha definito ”uno sfacciato tentativo di sequestrare le Nazione Unite”.
Ricordiamo che proprio le Nazione Unite deliberarono la Risoluzione 181 (29 novembre 1947) che favorì Israele. Tutto questo in concomitanza con la delibera del Parlamento Europeo di ieri -mozione passata con 525 voti a favore, 70 contrari e 31 astenuti -, secondo la quale le merci provenienti da Israele dovranno avere etichette che differenzino quelle di provenienza israeliana, da quelle prodotte nelle colonie ebraiche dei Territori Palestinesi occupati e nelle Alture del Golan occupato. Notizia di rilievo per un Paese che non disegna confini precisi dalla sua nascita ufficiale, ossia 14 maggio 1948.
Noi europei potremmo finalmente iniziare a capire, e non brancolare nei meandri torbidi della politica internazionale, iniziando forse ad afferrare cosa sia un territorio occupato e quale no. Lo scorso anno, il Vaticano, altro Stato con lo status di osservatore non membro delle Nazione Unite, firmò il primo trattato con lo Stato di Palestina. Il presidente dell’ANP Mahmoud Abbas parlerà alla fine di settembre ai leader mondiale davanti all’Assemblea Generale delle Nazione Unite, quando saranno issate le bandiere.