Politica, congresso PD : al Nazareno è andato in scena il primo confronto tra i candidati alla segreteria del partito democratico, che hanno parlato uno dopo l’altro, in rigoroso ordine alfabetico, durante l’incontro ‘Per una vera fase costituente’. Il segretario uscente Enrico Letta aveva parlato di 5 fasi del processo costituente del partito, ma per ora c’è solo il dibattito tra candidati alle primarie.
Proposte molto diverse per il PD
I tre candidati sono Stefano Bonaccini, Paola De Micheli e Elly Schlein, che hanno proposte molto diverse per il Pd del futuro. Bisogna lottare contro le “disuguaglianze economiche, sociali e territoriali” e per “l’avanzamento dei diritti civili e sociali”, afferma Bonaccini. “Se la sinistra non sa dire questo non è sinistra in natura per il presidente dell’Emilia Romagna, Siamo riformisti con cultura di governo”. Bonaccini mette in guardia sul fare del PD una fotocopia di Movimento 5 Stelle e Terzo polo, perché dice : “siamo una forza laburista”. Il Pd deve “tornare a fare il Pd”, riprendendosi “lo spazio di un partito a vocazione maggioritaria”.
Bonaccini boccia la contrapposizione tra capitale e lavoro come se si fosse all’inizio del secolo scorso, trovando questo discorso surreale, perché le pulsioni al cambiamento con connotati regressivi, vanno assolutamente contrastate. Potrebbe esserci la fine del Pd, che porterebbe la sinistra su binari minoritari come successo in altri paesi vicini, in particolare in Francia e in Grecia.
Per Paola De Micheli le donne non si fidano più del Pd, è necessaria una leadership femminile. Se dovesse esserci un cambiamento senza condivisione non funzionerebbe e per questo De Micheli spera di riuscire a completare un documento che possa essere un contributo al comitato costituente. Bisogna cambiare lo statuto, con al centro i lavori e il femminismo che però deve essere sostanziale e non formale, perché c’è bisogno che tante altre donne non vivano più disuguaglianze concrete. De Micheli chiede di anticipare il congresso a fine gennaio.
Secondo l’ultima candidata Elly Schlein, il congresso deve costruire il nuovo Pd senza resa dei conti, per salvaguardare il suo prezioso pluralismo, ma senza rinunciare a un’identità chiara, un profilo netto. Schlein chiede un’analisi sul fatto che coloro che il partito voleva rappresentare non lo hanno più ascoltato, perdendo milioni di elettori”. La sfida, per la deputata ed ex vice di Bonaccini in Emilia Romagna, è “ricostruire un ponte con la società civile”. E insiste sul concetto che, anche nel momento di difficoltà, con l’atroce sconfitta elettorale del 25 settembre, non si debba perdere l’ambizione di fare sintesi tra culture diverse.
Per Schlein bisogna avere il coraggio di cambiare modello di sviluppo, che ormai non funziona più. Per i tre candidati la discussione deve essere profonda con un’operazione fondamentale di allargamento. Secondo la De Micheli non serve un PD di eletti, né di correnti, ma deve essere la voce della sua comunità di riferimento. La De Micheli punta sul sostegno degli iscritti per contrastare questa brutta fase, dove c’è il tentativo di far apparire i candidati come soltanto due, per scelte che sono proprio legate al fatto che gli altri due candidati sono sostenuti dalle correnti. Paola De Micheli è convinta che riuscirà ad essere competitiva nella corsa alla guida del partito con Stefano Bonaccini ed Elly Schlein, che peraltro ha ripreso solo da poco la tessera del Pd.
De Luca rinuncia alla candidatura
Al momento ci sono tre candidati che aspirano a diventare il nuovo segretario del Pd, ma solo in due alla fine si sfideranno alle primarie previste per domenica 19 febbraio. I circoli del partito avranno il compito di stabilire chi saranno i due candidati che arriveranno alla fase finale delle primarie del 19 febbraio e c’è tempo fino alla fine di gennaio per presentare nuove candidature, e Gianni Cuperlo ha esplicitamente detto di non escludere di poter correre anche lui per la segreteria del PD, mentre De Luca ha dichiarato di non candidarsi, ma ha attaccato pesantemente il gruppo dirigente degli ultimi anni per il Qatargate.
Per De Micheli non saranno le correnti questa volta a decidere il segretario, ma gli iscritti a riprendersi in mano il partito. Secondo l’ex ministra delle Infrastrutture e dei trasporti del governo giallorosso, è finita la stagione delle correnti e di quella organizzazione oligarchica del partito in cui cinque persone decidevano tutto. Non potrà più essere così, perché per la De Micheli, se in un tempo nuovo il Partito Democratico non si rinnova, è destinato a diventare piccolo con una percentuale persino inferiore alla doppia cifra. La candidatura di Paola De Micheli nasce due anni fa con l’esperienza di Rigenerazione Democratica, che ha dato vita a un manifesto per un nuovo umanesimo, che propone “un’altra idea di sinistra, radicata nei valori, ma molto più concreta nelle scelte e nei criteri con i quali si fanno quelle scelte. E i criteri sono anzitutto i bisogni delle persone.
“Concretamente. Prima le persone”
Paola De Micheli ha scritto pure il libro, “Concretamente. Prima le persone”, che contiene anche un’analisi sugli errori commessi dal Pd in questi anni. La deputata ed ex ministra del governo Conte II al momento non sembra essere appoggiata da nessuna corrente, al contrario dei suoi avversari.
Se infatti Bonaccini fino ad ora è sostenuto da Dario Nardella, Lorenzo Guerini, Matteo Orfini, Giorgio Gori, Pina Picierno, e Schlein è appoggiata da Peppe Provenzano, Dario Franceschini, Matteo Lepore, Michela De Biase, Brando Benifei, la forza di De Micheli sembra essere proprio quella di essere libera da condizionamenti: “Non sono la foglia di fico di nessuno e di niente, di quello che abbiamo deciso e fatto fino ad ora”, ha dichiarato esplicitamente.
Paola De Micheli si assiste in questo momento a un progressivo allontanamento degli elettori e degli iscritti dal partito: “In questa fase il Pd non appassiona i giovani, ma neanche i meno giovani e ci sono tanti problemi da affrontare. Per l’ex ministra il clima non è favorevole, perché c’è stata la netta affermazione della destra che ha iniziato a governare da poco, ma il governo Meloni non può essere un attenuante.
Per la De Micheli il PD è diventato da tempo un partito, nel quale chi partecipa non decide più niente. Per esempio non ci sono state decisioni negli ultimi anni sulle candidature alle varie competizioni. Il PD è diventato un Partito di sistema per eccellenza, costretto per questa ragione ad annacquare continuamente la radicalità delle sue posizioni. Così a forza di annacquare le posizioni, il PD è diventato il partito dell’un po’ e un po’. In questa fase storica bisogna, secondo l’ex ministra, certificare la fine di questo andazzo disastroso.
Per Paola De Micheli non è finita solo una classe dirigente, che ha esaurito ormai il proprio compito, all’interno della comunità del PD, ma è finita proprio un’epoca politica, perché il Partito Democratico non è più partito di sistema. La democrazia ha deciso di sdoganare anche la destra più destra che c’era, mandando la Meloni alla Presidenza del Consiglio dei ministri. E questo, se da una parte rappresenta un grave problema per il Paese, dall’altra deve essere per il partito democratico l’occasione di rigenerare proposte concrete, che siano figlie però di una forza valoriale chiara e radicale.
Il problema è che tutto questo nel dibattito congressuale non sta ancora per nulla passando, ma la De Micheli confida nell’anticipo della sfida per scongiurare il disfacimento del partito democratico con eventuali scissioni e dichiara esplicitamente “Io sono convinta che il nostro documento sui valori con il quale abbiamo costituito il Partito Democratico sia ancora valido. Il ruolo nella storia di quel soggetto politico deve ancora esprimersi appieno. Nella libertà che questa nuova condizione ci dà di essere fino in fondo noi stessi. Quando abbiamo perso ho detto ‘abbiamo perso perché ci siamo persi’. Questo è il tempo di ritrovarsi nei nostri valori con proposte concrete”.