Politica: Il Monza vince in casa, in Argentina c’è un italiano in testa


Adriano Galliani è l’attuale amministratore delegato del Monza Calcio, ma soprattutto è stato un collaboratore e amico fraterno del Cavaliere Berlusconi per oltre 40 anni. Quindi la conquista del seggio del Senato, lasciato vacante con la morte dell’ex premier lo scorso 12 giugno, appariva scontata nel segno proprio di Silvio Berlusconi.

Galliani in effetti ha avuto gioco facile nel vincere nettamente nel suo territorio su Cappato, che pure ha rivendicato le sue origini brianzole, con oltre il cinquanta per cento dei voti, anche se l’affluenza delle elezioni suppletive è stata solo del 19,2%.

Galliani: “La vittoria è dedicata esclusivamente al più grande presidente del Milan e del Monza, a cui sarò grato per tutta la vita”

Il neo senatore subito dopo l’esito del voto dichiara testualmente:“Ho visto risultati fantastici, certo avrei preferito che questo seggio rimanesse al mio maestro di vita, alla mia guida, al mio tutto, che era Silvio Berlusconi. La vittoria è dedicata esclusivamente al più grande presidente del Milan e del Monza, a cui sarò grato per tutta la vita”.

Lo sconfitto Cappato, storico esponente dei radicali, dichiara invece: “Mi sono assunto l’impegno di questa campagna elettorale e non posso che assumermi anche pienamente la responsabilità della sconfitta. Faccio le mie congratulazioni a Galliani per l’elezione, e mando un saluto anche agli altri candidati”.

Il candidato del centrosinistra alle suppletive al Senato per il collegio di Monza e Brianza assicura comunque che attraverso l’associazione Luca Coscioni, nella quale riveste il ruolo di tesoriere, le iniziative del suo programma saranno comunque portate avanti anche senza la sua presenza in Parlamento.

Adriano Galliani è stato eletto con il 51,54% dei voti, ma la partecipazione al voto è crollata da oltre il 71 % delle elezioni del settembre 2022 al meno del venti per cento attuale. Marco Cappato, sostenuto da un campo piuttosto largo del centrosinistra, ha ottenuto il 39,53% mentre il sindaco di Taormina Cateno De Luca, con il suo movimento Sud con Nord ha ottenuto l’1,76%, meno della candidata di Unione popolare, Giovanna Capelli, che sfiora il due per cento.

Marina Berlusconi: “Sono davvero molto contenta per l’elezione di Adriano Galliani, amico fraterno di mio padre”

“Sono davvero molto contenta per l’elezione di Adriano Galliani, amico fraterno di mio padre – osserva la presidente Fininvest, Marina Berlusconi –  perché Insieme sono riusciti nell’impresa di riportare il Monza Calcio in Serie A dopo 110 anni e la sua elezione testimonia soprattutto il grande affetto dei brianzoli nei confronti del mio papà: oggi il suo seggio va a una persona di grandissime qualità umane e professionali, che sicuramente tornerà a fare un ottimo lavoro in Parlamento e nelle istituzioni“.

Alle comunali di Foggia vince invece il campo largo, sostenuto da M5S, PD, Verdi, Sinistra Italiana, Azione, Italia viva e altre liste civiche, con oltre il 52% voti,. Viene eletta quindi al primo turno la candidata sindaca di Foggia del campo largo, Maria Aida Episcopo, che batte nettamente l’avversario di centrodestra, Raffaele Di Mauro, che ha raggiunto solo il 25,82%.

Alle elezioni provinciali a Trento e Bolzano Maurizio Fugatti, esponente della Lega di Salvini si conferma invece alla presidenza della Provincia autonoma, ma aumenta il consenso per il partito della premier Meloni, Fratelli d’Italia. I voti per il presidente uscente, sostenuto da Lega, FdI, Civica, Forza Italia, Udc, Patt, Fassa e Noi Trentino per Fugatti presidente sono stati 129.758, il 51,82%. con un enorme distacco, di circa 14 punti, rispetto a Francesco Valduga, che conquista 93.888 voti, il 37,5% come candidato dell’Alleanza democratica autonomista, formata da PD, Campobase, Alleanza Verdi e Sinistra, Casa Autonomia.eu, Azione, Italia Viva e Fascegn. Il centrodestra totalizza pure più consensi rispetto al 46,73% del 2018.

Intanto in Argentina…

In Argentina invece nel primo turno delle elezioni presidenziali Sergio Massa è in testa. Lo chiamavano il perdente, e invece è diventato l’uomo che guida la riscossa del peronismo, il movimento politico, che nel bene e nel male ha fatto la storia dell’Argentina moderna e che i sondaggi e gli analisti politici argentini consideravano finito.

Sergio Massa, chiamato “l’italiano” per le sue origini, è riuscito a ribaltare i pronostici, perché ha puntato sulla moderazione, e sull’efficacia di una serie di sussidi ed esenzioni fiscali. Massa è riuscito in un’impresa considerata impossibile, di essere in testa al primo turno elettorale di domenica 22 ottobre, da ministro dell’Economia di un Paese, che si trova sull’orlo dell’abisso monetario e di bilancio.

Sergio Massa invece assicura che il peggio è stato ormai messo alle spalle dal governo argentino e riesce a guadagnare circa sette punti di vantaggio sul grande favorito della vigilia, il populista di estrema destra Javier Milei. Sergio Massa ha 51 anni, è l’attuale ministro dell’Economia e può essere considerato un peronista di lungo corso. Attualmente Massa è il candidato della coalizione di centro-sinistra, Unión por la patria, e i suoi punti di forza principali sono il pragmatismo e le origini italiane.

In Argentina, va ricordato come più del 50% della popolazione riconosca una qualche discendenza da avi italiani e Sergio Massa può essere considerato un immigrato di seconda generazione, perché i suoi genitori arrivarono dall’Italia nel dopoguerra. La madre Lucia, triestina, aveva appena sei anni, il padre Alfonso, siciliano di Niscemi, cinque in più, undici. In Argentina, la sua famiglia fece fortuna con un’impresa edile, ma Sergio mostrò subito la volontà di voler intraprendere una carriera diversa da quella dei genitori.

Il nonno tentò di dissuaderlo in ogni modo dai suoi propositi, pregandolo di non mettersi in politica, perché la considerava un mondo molto sporco. Ma suo nipote, già da giovanissimo studente del liceo cattolico di Buenos Aires, non ha voluto mai ascoltare i suoi consigli e così Sergio Massa cominciò a muovere i suoi primi passi in politica con la Unión de Centro Democrático, il partito ultraliberista che appoggiò il governo di Carlos Menem, peronista della corrente più di destra. Poi però Massa passò al Partito Justicialista e ad appena ventisette anni fu eletto deputato provinciale.

Insomma la sua carriera politica è stata davvero molto rapida, fino alla nomina addirittura a capo di gabinetto di Cristina Fernández de Kirchner e alla successiva rottura con l’allora presidente nel 2013.

Nello stesso anno Sergio Massa riuscì anche a prendere la laurea in legge, dopo un lungo periodo di fuori corso e l’idea di abbandonare gli studi giuridici. Subito dopo Massa fonda un proprio partito politico, il Frente Renovador, e nel 2015 tenta la prima corsa presidenziale, arrivando terzo, dietro al peronista Daniel Scioli del partito Frente para la Victoria e al conservatore Mauricio Macri del partito Cambiemos, che al ballottaggio viene eletto presidente dell’Argentina. Nel 2019 Massa rientra nella coalizione peronista, denominata Frente de Todos e si candida per un seggio al Parlamento.

Non solo viene eletto, ma poco dopo diventa presidente della Camera dei deputati, mostrando una grande abilità politica come artefice di una mediazione fra le numerose anime del peronismo.

Nel 2022, dopo le dimissioni di Martín Guzmán e la brevissima gestione di Silvina Batakis, Sergio Massa è nominato ministro dell’Economia, con il sostegno dell’ala più moderata del peronismo, della maggior parte dei governatori progressisti e dei potenti leader sindacali, ma anche del Fondo monetario internazionale, con cui è ancora in corso un interminabile processo di rinegoziazione del debito argentino, pari a circa 44 miliardi di dollari.

Massa come ministro firma una pace fredda con la vicepresidente Cristina Kirchner, da cui però mantiene sempre le distanze, smarcandosi come un abile attaccante della nazione campione del mondo di calcio anche dal presidente Alberto Fernández, che si avvia a chiudere il mandato con un bassissimo gradimento, addirittura sotto il 15 per cento.

Massa diventa il meno peronista dei peronisti, e c’è molta tensione con il nucleo duro dell’elettorato della sinistra argentina, ma questo dato politico potrebbe trasformarsi in un vantaggio per il ballottaggio contro Milei di domenica 19 novembre, perché secondo l’analista Julio Burdman, della think tank «Observatorio Electoral» ‘l’italiano’ risulta essere il candidato su cui punta anche la Casa Bianca.

L’appoggio del governo americano, pur non essendo un punto a suo favore per l’ala kirchnerista della coalizione peronista, sicuramente rassicura gli elettori di centro destra più tradizionali, che difficilmente si faranno conquistare dalle proposte estremistiche del candidato Milei.

Sergio Massa è sposato con Malena Galmarini, che a sua volta è una collega di partito perché si è candidata nel distretto suburbano di Tigre, a Buenos Aires, ed ha due figli, anche loro impegnati civilmente, oltre che appassionati di calcio. Bisognerà ora capire se questa sorprendente rimonta di Massa riuscirà a fermare il fenomeno Milei, che esce ridimensionato dal primo turno delle elezioni presidenziali. Infatti il ministro dell’Economia uscente Sergio Massa ha raccolto il 36,5% dei voti, mentre il favorito Javier Milei si è fermato al 30%.

Quindi è previsto il 19 novembre il ballottaggio, perché nessun candidato ha raggiunto la maggioranza del 45%, richiesta dalla legge, per essere eletti al primo turno. Saranno di fronte due opposte visioni del Paese, quella del peronista Sergio Massa, esponente di primo piano della coalizione di governo, Unione per la patria, e l’economista ultraliberale Javier Milei, del partito di estrema destra, La libertà avanza.

Secondo i più pessimisti analisti argentini con Milei potrebbe esserci un salto nel vuoto, ma comunque ci sarebbe con Massa un ritorno alla crisi tremenda del 2001. I numeri sembrano ora dare Massa per favorito, ma non si può trascurare assolutamente la terza variabile, ossia il comportamento elettorale dei sostenitori al primo turno della candidata della destra tradizionale dell’ex presidente Macri, Patricia Bullrich, rappresentante del partito, Insieme per il cambiamento, che ha ottenuto il 23,8%, dato deludente e insufficiente per raggiungere il ballottaggio.

Tra le tre opzioni dei sostenitori di Patricia Bullrich, di astensione, voto per Massa e voto per Milei, la più coerente sembrerebbe la terza, ma le posizioni dell’ultraliberale Milei non sono gradite a molti conservatori. Bullrich non ha espresso preferenze sul turno di ballottaggio, ma è tornata ad attaccare il governo, dichiarando testualmente:

Noi di Insieme per il cambiamento non saremo mai complici del comunismo in Argentina o delle mafie che hanno distrutto il nostro Paese”.

Sul ballottaggio del 19 novembre pesa molto anche l’astensionismo, perché, nonostante in Argentina il voto sia obbligatorio con la previsione di una multa per chi non lo esercita, al primo turno l’affluenza si è fermata al 74%, il dato più basso dal ritorno della democrazia nel 1983, e ben nove punti in meno rispetto alle elezioni del 2019.

La grande preoccupazione degli analisti argentini, ma anche degli osservatori internazionali restano la grande incertezza che regnerà ancora per un mese sui mercati, le nuove turbolenze, e la volatilità dei cambi, in un Paese già in grandissima difficoltà economica, nel quale l’inflazione galoppa verso il 140%, il tasso di povertà è al 40% e le riserve della Banca centrale sono ai minimi storici.

Sergio Massa promette di formare un governo di unità, incentrato sull’economia con l’obiettivo di ricostruire la patria argentina, attraverso un accesso facilitato alla terra e all’alloggio, il rafforzamento delle aziende pubbliche, una politica di adattamento volontario ai cambiamenti climatici e una rivoluzione educativa, che però non viene ulteriormente specificata.

Milei è un grande ammiratore dei repubblicani americani e soprattutto di Donald Trump, e ha lanciato un appello a recarsi alle urne, sostenendo che il kirchnerismo sia stata la cosa peggiore accaduta in Argentina nella sua storia politica.

Il programma di Javier Milei prevede una riforma integrale dello Stato, con forti tagli al bilancio e la cancellazione di tutti gli aiuti sociali, la soppressione dei ministeri della Sanità, dell’Istruzione, dello Sviluppo sociale e della condizione femminile. Milei promette meno tasse, maggiore flessibilità del lavoro, per creare occupazione, la dollarizzazione dell’economia e maggiore sicurezza.

Milei intende abrogare la legge che dal 2020 consente l’aborto in Argentina, e anche liberalizzare il commercio delle armi e la vendita di organi all’interno del Paese, arrivando spesso ad attaccare pesantemente il connazionale, Papa Francesco, un fattore che potrebbe pesare a favore dell’italiano Sergio Massa.

Infatti gli attacchi duri sono stati dei veri e propri insulti quali quelli di “Gesuita che promuove il comunismo”, “rappresentante del Male nella Casa di Dio”, e persino “imbecille”.

Il candidato cinquantaduenne Javier Milei, ritenuto dal suo partito anche un grande economista ha accusato Papa Francesco finanche sul piano religioso, parlando del suo pontificato come quello che starebbe producendo “politiche ecclesiali di m***a”.

Questi insulti sono stati espressi però in passato nei mesi precedenti alle elezioni presidenziali in alcuni programmi radiofonici e televisivi, ma poi Milei ha cercato di correggere il tiro nella fase avanzata della sua campagna elettorale, cercando di recuperare l’elettorato cattolico del suo paese, ma in pochi considerano sincero il suo pentimento quando ultimamente ha abbassato un po’ i toni spiegando che lui personalmente rispetta il Papa come capo della Chiesa cattolica e come capo di Stato. La ferita è rimasta e l’italiano Sergio Massa farà di tutto per calcare la mano su questo argomento nella campagna elettorale per il ballottaggio.

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(Foto da Wikipedia – Di sconosciuto – Milan, 115 anni di storia, su gazzetta.it, 15 dicembre 2014., Pubblico dominio, https://it.wikipedia.org/w/index.php?curid=5921784 )

 

 

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