Dopo le recenti elezioni politiche, inglesi e francesi si interrogano sul sistema elettorale, che è maggioritario con l’uninominale secca ad un turno, nel caso della Gran Bretagna, e a doppio turno, per quanto riguarda la Francia.
Proporzionale o maggioritario, lo scontro che da decenni appassiona i politologi
Entrambi i sistemi sembrano non riuscire a fornire un’oggettiva rappresentanza politica dei cittadini votanti, e così si sta rinnovando lo scontro, che appassiona da decenni i politologi, tra il proporzionale e il maggioritario, che in questi ultimi anni sta producendo risposte di diverso tipo, in riferimento soprattutto agli squilibri tra numero di votanti e seggi attribuiti nei parlamenti.Le ultime trasformazioni delle società britannica e francese hanno dimostrato in modo chiaro l’incapacità del sistema maggioritario di rappresentare a livello legislativo il numero di parlamentari, rispetto ai voti assoluti raccolti dai rispettivi partiti nazionali.
Le forze partitiche inglesi e francesi hanno rimescolato le fratture delle loro società con l’antieuropeismo, che ha scombussolato le carte ideologiche novecentesche, affermatesi almeno dal 1967.In effetti il sistema maggioritario anglosassone con collegi uninominali ad un turno unico si sviluppò molto tempo prima, già nel penultimo decennio dell’ottocento, e fu denominato maggioritario first past the post, essendo modellato sulla contrapposizione netta tra Tories, gli attuali conservatori, e gli Whigs, i cui eredi seppure alla lontana risultano essere gli attuali Liberal Democrats.
Con l’avvento dei partiti socialisti e poi marxisti nei primi anni del Novecento la situazione cambiò, perché per esempio in Italia ci fu, nel congresso di Livorno del 1921, la scissione dei comunisti dal partito socialista, mentre in Inghilterra il Labour è legato fortemente alle Trade Unions, che possono essere considerati gli attuali sindacati.Questo legame non è presente in modo così forte in nessun altro paese, e poi soprattutto il partito laburista inglese, non ebbe legami col comunismo russo dopo la rivoluzione bolscevica del 1917, e così il sistema maggioritario resse per tanti decenni, perché la forza di massa dei laburisti sconfisse quantitativamente e ideologicamente i LibDem, ponendosi come secondo polo rispetto ai conservatori, nel sistema bipolare, che proprio il sistema elettorale maggioritario aveva implicitamente creato.
Nel corso degli anni i LibDem non furono mai capaci di andare oltre una dozzina di seggi, nonostante avessero percentuali di votanti addirittura a doppia cifra, accontentandosi di arrivare dopo circa un secolo e precisamente nel 2010 a Downing Street, governando in una coalizione assieme ai conservatori.Nelle ultime elezioni i laburisti prendono meno voti rispetto al 2019, con 9.704.655 voti del primo ministro Starmer, rispetto ai 10.269.076 del perdente Corbyn, ma passano clamorosamente da 202 deputati a ben 414, mentre i LibDem, pur ricevendo rispetto al 2019 più o meno gli stessi voti, vale a dire 3 milioni e mezzo contro i 3 milioni e 600 di cinque anni fa, passano da 11 deputati addirittura a ben 72. La terza forza popolare tra gli elettori inglesi, il Reform UK, di Nigel Farage, con ben 4.117.221 voti, ottiene solo 4 deputati.
Questa tornata elettorale, quindi, dimostra in modo dirompente come il maggioritario secco a un turno, nel quale chi arriva primo vince subito il seggio nel collegio, anche con percentuali ben al di sotto della maggioranza del 50%, non riesca a rappresentare effettivamente la spinta popolare di un nuovo partito che, porta democraticamente a votare una fetta enorme di elettorato.In conclusione i Lab con 9 milioni e settecentomila voti prendono 414 seggi, Reform UK con oltre 4 milioni di voti solamente 4, un fatto che democraticamente non si può sopportare.
Se fosse stato in vigore il sistema proporzionale, sarebbe stato possibile sostenere nel parlamento inglese un governo di centrodestra, con dentro ovviamente i conservatori, ma anche Reform e i LibDem.E dura accettare che il proprio partito di riferimento possa essere sottostimato in modo così consistente, mentre il partito avversario essere clamorosamente sovrastimato in termini di deputati, rispetto ai voti realmente ottenuti dai cittadini elettori.
In Francia invece dalla nascita della Quinta Repubblica con il generale De Gaulle, nel 1958, si passa da una repubblica parlamentare pura con una durata media dei governi piuttosto bassa, ad una repubblica semipresidenziale, caratterizzata dall’elezione diretta del presidente della repubblica con l’esecutivo che viene scelto prima dallo stesso presidente e poi votato dal Parlamento.Nel 1962 c’è stata l’introduzione del sistema elettorale maggioritario al posto del proporzionale, con una soluzione inedita di un doppio turno, nel quale se al primo turno il candidato vincente non arriva al 50+1% si va sempre al secondo turno.
Insomma fino all 1981 hanno dominato i candidati sia a livello parlamentare che presidenziale, come Pompidou e Giscard d’Estaing, riferibili all’area gollista-conservatrice.Negli anni successivi il socialista Mitterand mette alla prova il sistema istituzionale ed elettorale, formando in pratica la cosiddetta “quadriglia bipolare”, vale a dire socialisti e comunisti da una parte e i due partiti afferenti all’area gollista dall’altra.
Il sistema sembra essere piuttosto equilibrato e rimarrà ben saldo fino all’invenzione del partito, En Marche, dell’attuale presidente della Repubblica, Macron.Questo sistema può prevedere, come peraltro è già accaduto in questi decenni, anche la possibilità di una “coabitazione”, vale a dire un presidente della repubblica gollista con governi socialisti, ad esempio, garantendo nello stesso tempo la rappresentabilità del corpo elettorale, che praticamente in questi sistema non viene a mancare.
Ma le ultime elezioni legislative del 2024 mettono in crisi questo sistema perché il quadro politico francese è ormai suddiviso in tre grandi aree partitiche, la sinistra, il centro, e la destra e quindi si è venuto a creare un sistema politico multipolare e non più quello di quattro blocchi, comunque separabili in due, con comunisti e gollisti, che si aggiungono in un quadro definito.Infatti nel momento in cui emerge come seconda forza, o addirittura prima, il Fronte Nazionale, denominato attualmente Rassemblement, iniziano i problemi politici, che rischiano di rompere tutto il sistema.
Infatti il Rassemblement National di Le Pen e Bardella nel primo turno prende il 33% con 10.647.914 voti, vincendo in maniera evidente le elezioni perché sono 8 milioni e novecentomila i voti per il Nuovo Fronte Popolare, il 28%, e 6 milioni e 400mila per il partito di Macron, il 20%.Il sistema elettorale maggioritario francese però assegna soltanto qualche decina di seggi al primo turno e anche se nei tre quarti rimanenti dei seggi in testa c’è sempre un candidato di RN, non riuscendo a raggiungere il 50+1, sia il Nuovo Fronte Popolare che il partito di Macron fanno un patto di desistenza, pur non avendo grosse affinità politiche e un programma in comune, unicamente allo scopo di non far vincere l’altro avversario più temibile, per la matrice fascista.
Questa mutazione epocale del sistema francese palesa l’inadeguatezza del sistema maggioritario.Infatti, nonostante RN rimanga il primo partito, aumentando pure la percentuale al 37% con oltre dieci milioni e 200 mila voti, NFP diventa secondo scendendo a 7milioni di voti con il 25% e Ensemble scendendo anch’esso al 23% addirittura diviene terzo.
Per quanto riguarda i seggi i numeri si ribaltano, perché RN diventa il terzo partito con 142 seggi, Ensemble secondo con 150 e NFP primo con 178.In pratica non c’è una rappresentazione politica adeguata ai partiti anche in Francia, come del resto in Inghilterra, nonostante la diversità dei due sistemi, il cui vulnus resta quello tipico del maggioritario, ossia la criticità della rappresentatività’, che invece è fatta salva nel proporzionale, seppure a discapito della governabilità, che però ora dopo queste elezioni politiche è stata messa in crisi anche nel sistema francese a doppio turno.