Quella di ieri sera è stata la vera notte in cui il Regno Unito ha deciso la sua strada per l’imminente futuro. La brexit, tema onnipresente nell’opinione pubblica inglese dal 2016, è stata la tematica su cui il leader Tory, Boris Johnson, ha puntato tutto in queste storiche elezioni e che è risultata vincente. Lo stacco rispetto al Labour party di Jeremy Corbyn è abissale. Su 650 seggi parlamentari, il partito conservatore ne conquista 365, 47 in più rispetto alle scorse elezioni, mentre il partito laburista ottiene 203 seggi, perdendone 59. Terzo partito si conferma lo Scottish national party (partito indipendentista scozzese) che si aggiudica 48 seggi (13 in più), mentre i Liberaldemocratici ottengono 11 seggi perdendone uno, quello della giovane leader Jo Swinson che non è stata rieletta. Nessun seggio per il Brexit party di Nigel Farage.
L’esultanza di Johnson e la brexit
Per i Tory si tratta del miglior risultato elettorale dal 1987, dai tempi di Margaret Thatcher. Subito dopo la diffusione degli exit poll Johnson ha twittato ringraziando chi ha votato, chi è stato volontario e chi si è candidato, ribadendo che il Regno Unito è la più grande democrazia del mondo. Adesso con la maggioranza assoluta dei seggi l’accordo sulla brexit dovrebbe finalmente trovare una conclusione. Salvo imprevisti, Londra dovrebbe uscire dall’Unione europea il prossimo 31 gennaio sulla base degli accordi negoziati ad ottobre. Mentre nulla o quasi dovrebbe cambiare per chi vive e lavora nel Regno Unito cambieranno invece le cose per l’Irlanda del Nord. Mentre il resto del paese sarà fuori dall’Unione quest’ultima rimarrà nel sistema doganale e nel mercato unico. Anche il regime di libera circolazione finirà e si privilegeranno i lavoratori qualificati a scapito dei non qualificati. E pur vero però che la vera sfida per il leader riconfermato partirà dal prossimo febbraio quando il Regno Unito dovrà definire i futuri rapporti con l’Ue. Sul piano interno, punti forti della campagna elettorale sono stati sanità, scuole e comunità rurali in difficoltà. Tutti campi in cui il governo concentrerà la sua azione a brexit ultimata.
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La debacle dei laburisti
Per il Labour party si tratta della peggiore sconfitta dal 1935. Un risultato peggiore persino di quello realizzato da Michael Foot nel 1983. La prima reazione dei laburisti è avvenuta per bocca del Cancelliere-ombra dello Scacchiere, John McDonnel, secondo cui si sarebbe trattato di un risultato estremamente deludente, arrivato come uno shock. Nonostante la tenuta a Londra dove ha conquistato 49 seggi su 73 il partito ha perso in storici distretti “rossi” del nord come quello di Blyth Valley in mano alla sinistra dal 1950 o quello di Workington. Realtà fiaccate pesantemente dalla crisi e apertamente pro-brexit. La sconfitta avvicina ora sempre di più le dimissioni di Corbyn, un leader che nel tempo ha saputo suscitare forti emozioni soprattutto nei giovani, ma che non ha saputo cogliere le opportunità concesse della campagna elettorale. La sua ideologia, a detta degli esperti, ancorata al marxismo non gli ha permesso di affrontare le priorità lampanti come l’antisemitismo presente nel partito (oggetto di ripetuti attacchi da parte dei Tory) e soprattutto di avere una linea ferma sulla brexit. Inoltre il programma del partito, basato su nazionalizzazioni, innalzamento delle tasse e confische confermano come la sinistra debba trovare nuove soluzioni per riconquistare i voti perduti a favore di destre populiste e nazionaliste sempre più agguerrite.
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Le reazioni dopo gli exit poll
Il primo a congratularsi con Johnson per i risultasti elettorali è stato il presidente americano Donald Trump che ha twittato in favore del leader riconfermato, assicurando che ora finalmente Gran Bretagna e USA saranno libere di mettere appunto un nuovo accordo commerciale post-brexit. Confermando quindi quella special relationship che ha sempre legato i due paesi anglofoni. La nuova presidente della Commissione Ue, Ursula Von der Layen, si dice ora pronta più che mai a negoziare quanto necessario, aspettandosi ora un mandato chiaro dai leader Ue per le prossime mosse. Così anche il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, che dopo essersi congratulato con Johnson si è detto fiducioso sulla ratifica dell’accordo su brexit da parte del parlamento inglese. Anche il presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte, si è congratulato con Johnson. E mentre Nigel Farage si consola che la brexit si farà, all’ombra l’orizzonte sembra offuscarsi dopo la crescita del partito indipendentista scozzese. Il primo ministro scozzese e leader dell’Snp, Nicola Sturgeon, ha infatti dichiarato che se Johnson ha ricevuto il mandato di fare uscire l’Inghilterra dall’Ue non ha avuto il mandato di fare uscire la Scozia e quest’ultima ha tutto il diritto di scelta sul proprio futuro. Dopo l’instabilità causata dalla brexit che si profili una Catalogna britannica?