Nel fenomeno di tangentopoli si parlava di malavitosi e malloppo, di banconote usate, ma in realtà le accuse riguardavano soprattutto il finanziamento illecito dei partiti, quelli che avevano fatto la storia d’Italia. La storia attuale ha per protagonista Antonio Panzeri, ex eurodeputato, del quale hanno trovato i quattrini ancora impacchettati, fascettati come se fossero appena usciti dalla stamperia, come quella del film di Totò, la banda degli onesti.
Gli uomini dei servizi segreti, che sono penetrati di nascosto nella casa di Panzeri a Bruxelles, hanno trovato queste banconote come succede anche nelle case dei colletti bianchi della Mafia, la Camorra e le altre organizzazioni malavitose del nostro Paese. Gran parte di queste banconote ritrovate portava una Z nel piccolo codice che indica il paese di stampa, Z, la lettera del Belgio e anche di quel maledetto settore della folle notte dell’Heysel nella famigerata tragica finale di Bruxelles della Coppa Campioni tra Juventus e Liverpool, con la strage dei tifosi italiani.
Quindi il malloppo ritrovato veniva direttamente dal Belgio, con la Z della banca rivelatrice ancora di dolore, seppure questa volta incruento. Le banconote riguardano Bruxelles, sede di un altro scandalo per l’Italia, ma non solo e con tutto il garantismo del caso, che fa da contraltare invece alla deriva giustizialista della tangentopoli di mani pulite, il destino dell’ex deputato europeo Panzeri e degli altri arrestati di questo Qatargate sembra dirigersi almeno ad un amaro Natale dietro le sbarre.
Infatti l’udienza preliminare davanti alla Court de Justice di Bruxelles finisce male per il politico ed ex sindacalista Panzeri, che addirittura puntava alla liberazione, o almeno agli arresti domiciliari. I giudici belgi confermano il carcere per Panzeri e il suo ex assistente Francesco Giorgi. Ottiene invece i domiciliari, ma con braccialetto elettronico, Niccolò Figà Talamanca, segretario della Ong No peace without justice, che secondo i suoi legali era finito dentro per un equivoco, che evidentemente è stato chiarito nell’udienza preliminare solo in piccola parte.
In carcere resta anche la politica greca Eva Kaili, la più alta in grado degli arrestati perché vice presidente del Parlamento europeo, che ha con il compagno italiano Giorgi una figlia piccola. La vice presidente sperava di uscire per accudire la bimba, ma uno sciopero ha impedito il trasferimento della Kaili dal carcere di Haren a Bruxelles con il rinvio della decisione sulla scarcerazione.
I giudici hanno valutato la posizione dei quattro con un materiale di prove, molto più nutrito di quanto fosse trapelato all’inizio. Sulle banconote trovate a casa di Panzeri e della vicepresidente Kaili sarebbero in corso anche le ricerche delle impronte digitali, che sono la «pistola fumante», della prova della grande operazione di corruzione attuata nel Parlamento, cuore pulsante dell’Europa .
Nel dossier, raccolto dal giudice Michel Claise, pare esserci tanto altro, la ricostruzione dettagliata della rete di rapporti, che aveva consentito a Panzeri di garantire un trattamento indulgente, da parte di numerosi parlamentari, nei confronti del regime del Qatar e dell’organizzazione dei Mondiali.
Per i giornalisti greci sarebbero coinvolti addirittura 60 eurodeputati, con una rete in buona parte interna ad un gruppo parlamentare determinato, che ora dopo la rivelazione di quattro dei suoi componenti finiti nelle carte dell’inchiesta, sembra sconvolto e incapace di reagire. Infatti. se risulta facile scaricare Panzeri perché ormai privo di ruoli formali nel Parlamento, spiegare invece come nessuno si sia accorto in questi mesi del mutato atteggiamento di parte del gruppo S&D verso il Qatar rischia di essere più complicato.
I sigilli apposti dall’Ocrc, la polizia anticorruzione, a una ventina di uffici di parlamentari della sinistra sono imbarazzanti e il segno della vastità della rete di Panzeri. Il tessuto connettivo sono gli assistenti parlamentari, pagati direttamente dalla UE, usando il budget di 21mila euro mensili di ogni deputato, ma che rispondono direttamente a quest’ultimo e anzi ne sono spesso la guida nel mondo complicato delle istituzioni comunitarie.
Questa nuova tangentopoli non si può chiudere, scaricando le colpe solo sugli assistenti. Secondo alcuni giornalisti è possibile proprio l’esatto opposto, cioè che l’inchiesta compia un salto di qualità, e dopo avere scavato sulle offerte della lobby pro-Qatar ai parlamentari vada a analizzare eventuali contatti nel cuore vero del potere europeo, la Commissione, il governo dell’Unione. Panzeri e Giorgi possono presentare ricorso contro il provvedimento che li tiene in carcere, ma sarà la Corte d’appello a diversi esprimere.
Nel frattempo l’inchiesta va avanti e decine di computer e cellulari sequestrati nel corso delle perquisizioni sono analizzati dagli inquirenti, per poter fare uscire fuori altri elementi, che potrebbero fare allargare l’inchiesta.