Allora, io mo’ vi spiego un fatto. Partendo da un presupposto: il presupposto è che io del coronavirus non ci ho capito granché e pure sui vaccini non mi sentirei di dire che ci abbia una competenza di qualsivoglia tipo.
Fatta questa dovuta premessa, è successo che c’è stata una pandemia da un virus che mi sembra di capire abbia ‘sto problema che è particolarmente aggressivo e contagioso. Talmente aggressivo e contagioso che con le misure per contenerlo quello si è trasmesso lo stesso mentre non abbiamo preso manco l’influenza normale.
Ora non è colpa di nessuno, almeno fino a prova contraria, però di fatto proprio l’umanità tiene un solo compito: tornare alla normalità.
Abbiamo dimenticato che questa non è la normalità?
Mi sembra di capire, sempre da ultimo delle persone che capisce coccos’, che per tornare alla normalità dobbiamo raggiungere un’immunità di gregge. In modo che se il 70, 80 percento di noi nel mondo sviluppa gli anticorpi possiamo stare abbastanza tranquilli. Cioè, ci si ammalerà comunque di Covid, ma la situazione non sarà più ingestibile.
Viceversa, continueremo a fare i giochi degli scemi tipo zone colorate, chiusure e fallimenti, ma soprattutto non so se ogni tanto vi ricordate quella vita normale di un anno fa. Lo so, siamo da così tanto nella bolla che a volte dimentichiamo che questa non è la normalità, ma un surrogato di essa fatto di connettività, Amazon e Shein, Netflix, didattica a distanza e i single che dopo il match di Tinder devono darsi appuntamento al reparto surgelati della Conad sennò non hanno il valido motivo per flirtare.
Tornare alla normalità, sinceramente, mi sembra prioritario.
Quindi, ognuno di noi è chiamato a fare la sua parte. E dato che su ‘sta cosa di fare la propria parte c’avite acciso ‘a salute quasi quanto il Covid, perché eravate in molti convinti che fare la propria parte voleva dire affacciarsi al balcone cantando Sannino nei 10 minuti d’aria (per chi il balcone lo aveva), ora sul vaccino nun ce putite accirere ‘a salute.
Perché la nostra parte è quella di contribuire a creare quel 70 percento di esseri umani con gli anticorpi che fermerà la carneficina e farà respirare i reparti. Solo quello.
Il compito istituzionale è quello di permettere il raggiungimento di tale risultato, e nel frattempo non distruggere il distruggibile. Due punti chiave, che per essere conseguiti hanno previsto solo in Italia due Governi, un sacco di DPCM, due commissari straordinari, svariate centinaia di esperti, un’app da scaricare su base volontaria che non è servita a una benemerita cippa e vabbé non stiamo a parlare d’altro tipo banchi a rotelle sennò non ne usciamo più.
Vaccini, le 12 Fatiche di Ercole
Arrivati alla 431 parola di questo testo possiamo quindi riassumere per sommi capi che:
- noi dobbiamo vaccinarci;
- i Governi devono metterci in condizione di vaccinarci.
Due punti che, nel momento in cui vi scrivo, sembrano le 12 fatiche di Ercole.
Perché è vero che Astrazeneca, fatti, cose; ed è vero pure che l’Italia fa parte della Comunità Europea e si spera sempre che mal comune è mezzo gaudio. Ma, Governo, you have one job. Se un tempo la premiata coppia Conte – Casalino con le sue dirette delle 21 – in cui spiegava al popolo “Tuttapposto” (un po’ come l’Orchestra RMS del Titanic) – tamponava l’effetto panico, ora col Governo dei migliori nessun professore pugliese dallo smagliante sorriso si espone in prima persona per spiegarci che gran casino sta succedendo.
Intanto il popolo può – per motivi che sfuggono alla mia comprensione – decidere tranquillamente di non farsi inoculare niente. Vero è che trattare il popolo come i bambini, che devono obbligatoriamente vaccinarsi, può essere un po’ offensivo, ma anche il popolo aveva in realtà one job. Che non è cantare Sannino dai balconi o impastare il pane per poi metterne la foto su Instagram, ma contribuire a tornare alla normalità. In questo momento, questo è l’unico contributo fattivo e reale.
Che noi, tra sospensione di vaccini fino a quel momento approvati, condivisi e pubblicamente difesi, paure introiettate anche a mezzo stampa, la possibilità di negarci alla somministrazione, le fiale da 11 che puoi aprirle solo se ci sono il numero giusto di persone da vaccinare sennò se jetta ed è un peccato, le piattaforme per la registrazione che non rimandano indietro il codice OTP, le esigue quantità di dosi arrivate, i blocchi, il risiko dei poveri con l’Australia, stiamo davvero inguaiati.
Non come in Russia. Non come a Cuba. Non come in Bahrain.
Stiamo inguaiati a modo tutto nostro, e spero vivamente di sbagliarmi.