Esclusiva – parla con noi Enrico Buonocore: “A Ravenna i miei migliori anni da calciatore. Il calcio moderno? Specchio della nostra nazione”

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Talento cristallino, classe immensa ed un sinistro capace d’incantare anche le piazze più esigenti. E’ questa la descrizione di Enrico Buonocore. L’ex giocatore tra le altre di Napoli, Venezia e Ravenna è intervenuto ai nostri microfoni parlandoci delle sue esperienze palla al piede e non solo. Dagli inizi tra i polverosi campi ischitani passando per Zaccheroni fino ad arrivare al calcio moderno, la parola al “Sommo Poeta“.

Ha iniziato la sua carriera tra i polverosi campi ischitani per poi essere notato dal Napoli: cosa la distingueva dagli altri ragazzi?

Calcisticamente la tecnica e la bravura, la quale mi ha consentito ad Ischia di emergere tra gli altri. Poi ho avuto la possibilità di entrare a far parte del settore giovanile di una squadra di Serie A, il Napoli, il quale in quegli anni aveva un settore giovanile importante.

Quale storia si cela dietro il soprannome di “Sommo Poeta”?

Risale ad un pomeriggio ad Ischia, mi è stato dato da un amico questo soprannome qui. Erano gli ultimi anni della mia carriera, giocavo ad Ischia ed avevo 34 anni. Questo mio amico, Ivan D’italia, ha inventato appunto questo soprannome che mi piace tanto.

Nel corso della sua carriera ha dato il meglio di sé ovunque, ma possiamo dire che l’esperienza emblema della sua forza è quella al Ravenna?

Si, sicuramente quelli sono stati gli anni più belli da calciatore. Ho percorso delle annate molto buone, giocavo con giocatori molto forti ed era più facile. In quel periodo lì qui a Ravenna avevamo delle squadre molto forti da cui sono passati allenatori importanti quali Del Neri, Guidolin, Novellino e Sandreani. 

Per quanto riguarda gli allenatori ci viene da pensare ad Alberto Zaccheroni, il quale lo ha allenato nella sua esperienza al Cosenza. Che ricordo ha del tecnico?

Il ricordo è quello di un allenatore molto preparato. Veniva da un paio di anni difficili con gli esoneri a Venezia e Bologna, quella al Cosenza era un occasione importante e se non avesse fatto bene la sua carriera da allenatore sarebbe stata diversa. In quell’anno lì abbiamo fatto molto bene, ci siamo salvati nonostante i 9 punti di penalizzazione e forse, senza questa penalizzazione, avremmo potuto concorrere per arrivare in Serie A. Zaccheroni è stato molto bravo, ci ha gestito bene ed eravamo un bel gruppo. L’anno dopo è passato all’Udinese, in Serie A, e la sua carriera ha preso una svolta importante e meritata. L’anno di Cosenza è stato da slancio alla sua carriera. 

Al Messina vive momenti di alti e bassi, dalla promozione in Serie B all’esperienza da vice allenatore, per certi versi, negativa con Salvatore Marra. Qual è il ricordo che ha del pubblico messinese e della città peloritana?

Quando vi giocavo io (dal 2000 al 2003, ndr) era una città che viveva di calcio. Alle spalle avevamo una società importante, con un presidente (Emanuele Aliotta, ndr) dalle grandi disponibilità economiche che hanno permesso al Messina, nel giro di pochi anni, di tornare in Serie B. Era una società strutturata con molta serietà ed i vari direttori sportivi hanno fatto bene. In seguito con l’avvento di Pietro Franza (presidente in seguito al luglio del 2002, ndr), ci sono state ancora più possibilità economiche è arrivato in Serie A. Messina è cambiata molto, attualmente, come in molte altre città, il livello di vita si è abbassato ed i suoi effetti si riflettono anche nel calcio. Negli anni in cui ci giocavo io era una città nella quale l’economia girava molto ed adesso, non solo a Messina, ci sono molti problemi. Negli anni ci sono state tante persone che non hanno fatto il bene del Messina. L’anno scorso ci siamo salvati, nonostante a gennaio la squadra è stata cambiata molto, a fine anno la società è fallita. Purtroppo quando non ci sono serietà e programmazione è una conseguenza.

Quali sono gli obiettivi della sua emergente carriera da allenatore?

Fare l’allenatore non è facile, specialmente adesso anche in categorie quali eccellenza o interregionale. Il calcio è cambiato molto, ma in peggio. Ci sono circa il 60-70% degli allenatore dall’eccellenza alla serie B che portano degli sponsor. Sono contro questo genere di cose, ho giocato a calcio ed ho una mia identità e preferisco starmene a casa tranquillo a fare altre cose. Se mi capita la possibilità o la chiamata per allenare, non importa la categoria, importa la serietà e la programmazione: in tal caso potrei anche farlo. Mi sono reso conto che negli anni il calcio è diventato lo specchio della nostra nazione, quindi è diventato un mondo difficile nel quale certa gente incompetente si inventa allenatore o direttore sportivo e perciò non è più facile. Il calcio è stata per me ha una passione, sopratutto quando giocavo, e mi piace tuttora guardarlo in televisione ma non mi ci rivedo in questo mondo per questi motivi. Ho una mia dignità, ho giocato a calcio e mi sono sempre comportato in una certa maniera anche perché mi ha dato da vivere ed ho molto rispetto verso questo mondo. In questo momento penso che ci troviamo al momento più basso, dalla Serie A alla terza categoria, quindi in questo momento intendo stare fermo.

Ringraziamo Enrico Buonocore per la sua grandissima disponibilità ed auguriamo il meglio per il prosieguo della sua carriera sportiva e non.

 

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