La quiete dopo la tempesta. Le prime considerazione dopo l’esonero del tecnico campano
Dopo 14 partite in bilico, dunque, alla fine è arrivato l’esonero di Vincenzo Montella. In molti, a dire il vero, aspettavano questo momento. Ma siamo davvero sicuri che sia stata tutta colpa sua? Che poi, colpa di cosa? Di aver perso gli scontri diretti? Se io cambio 7/11 in un colpo solo e il calendario mi mette tutte le big a distanza di pochi giorni tra loro, è inevitabile che squadre più compatte e con una costruzione di anni alle spalle mi possano battere. Solo 2 sconfitte su queste 6 complessive possono essere messe sul banco degli imputati, ma le sconfitte contro Roma, Juve e Inter su tutte, sul campo hanno detto ben altro rispetto al risultato finale, che purtroppo, è quello che conta.
L’operato di Montella
Le prestazioni e soprattutto la sua competenza, non possono essere valutate soltanto con queste 14 partite. Infatti, l’anno scorso, con una squadra ben peggiore sul piano qualitativo, è riuscito a riportare a Milanello la Supercoppa Italiana, battendo la stessa Juventus che da li a poco sarebbe andata a giocarsi la finale di Champions contro il Real Madrid. Quest’anno, invece, è stato penalizzato in primis dalla pressione e poi da una squadra alla quale si chiedeva di trovare un’intesa e forma fisica eccellenti in troppo poco tempo. In 14 partite ha vinto 6 volte, pareggiato 2 e perse 6 e non sono state tanto queste sconfitte, secondo me, a penalizzare l’operato di Vincenzo Montella, ma per lo più lo sono stati i due pareggi avvenuti in casa contro il Genoa e contro il Torino, costato appunto l’esonero del tecnico. Purtroppo però, in questi due pareggi a reti inviolate sono stati i centimetri a sentenziare le sorti di Montella, proprio come da lui ironicamente sottolineato nelle brevi parole concesse all’uscita da Milanello. In questo anno e mezzo alla guida del Milan, l’operato dell’ormai ex tecnico rossonero è da considerarsi a mio avviso ottimo, visto che ha riportato un trofeo che mancava da ben cinque anni e l’approdo in Europa che mancava da quattro. Se solo gli avessero concesso la possibilità di esprimere al meglio le sue potenzialità, ovvero di lavorare senza che ogni giorno piovessero su di lui critiche e nomi di allenatori vari, magari da qui a fine anno la classifica del Milan sarebbe stata diversa. Il gioco della squadra stava pian piano crescendo e se davvero non si voleva aspettare la fine del campionato per vedere cosa sarebbe accaduto, almeno lasciavi che l’allenatore concludesse il girone d’andata, per poi tirare le dovute somme. Non come fatto con Mihajlovic, che a 6 giornate dalla fine fu esonerato da 6° in classifica e con in tasca la finale di Coppa Italia. Al suo posto venne chiamato Christian Brocchi, altro allenatore promosso dalla Primavera che, nelle sette partite stagionali rimaste da disputare, mancò l’accesso all’Europa League per mano del Sassuolo e perse la finale di coppa contro la Juventus. Questi due allenatori citati fanno parte dei ben 7 tecnici cambiati dal Milan in meno di 4 anni: dall’esonero di Allegri, passando per Seedorf ed Inzaghi, finendo con appunto il nostro Rino Gattuso.
I numeri di Ringhio
Le statistiche da allenatore, fin qui, non sono proprio tutte a favore del tecnico calabrese. Per lui, infatti, ci sono alcune esperienze deludenti all’estero e alcune occasioni in Italia dalla doppia faccia. La prima panchina su cui siede Gennaro Gattuso (come allenatore-giocatore) è quella del Sion, dove dopo solamente 4 partite ufficiali, viene esonerato. La seconda esperienza da allenatore, stavolta senza doppio ruolo da giocatore, è quella sulla panchina del Palermo. Una piazza già troppo grande per un emergente come Rino, soprattutto se si pensa che alla guida della baracca c’era e c’è ancora Maurizio Zamparini. Infatti, dolo solo otto partite alla guida dei rosanero, Gattuso viene esonerato e parte di nuovo per l’estero alla conquista di Creta, in Grecia. Questa esperienza però, non dura molto, visto che a causa dei grossi problemi societari del club, l’ex centrocampista del Milan è costretto a dare le dimissioni. Finalmente però, troviamo la prima buona, e soprattutto intera, annata del Gattuso allenatore che, alla guida del Pisa, in Lega Pro, centra al primo colpo una clamorosa promozione in Serie B nella stagione 2015-2016, battendo a sorpresa il Foggia di De Zerbi nella finale play-off. L’anno successivo, però, non ci fu un secondo miracolo e ancora a causa di problemi societari, il Pisa retrocesse di nuovo in Lega Pro. Ringhio, a questo punto, riceve la chiamata del nuovo Milan cinese e torna a Milanello per guidare la Primavera rossonera. Le prime uscite non sono eccellenti e arrivano subito due K.O. di fila, ma nelle successive 8 partite, Gattuso raccoglie ben 6 vittorie, un pareggio e una sola sconfitta, prima della chiamata finale alla guida del Milan vero e proprio.
Come giocherà il Milan di Gattuso
Il modulo usato da Gattuso con la Primavera è lo stesso che Montella usava nella prima squadra, ovvero, la difesa a tre. La formazione iniziale, quindi, sarà pressoché uguale a quella del tecnico campano, con il trio difensivo Romagnoli-Bonucci-Zapata che dovrebbe essere riconfermato, con le fasce occupare sia che per urgenza che per ruolo da Rodrguez e Borini, in attesa di Conti e con attacco formato da Bonaventua, Suso e uno tra Kalinic, Andrè Silva e Cutrone. Gattuso, che sarà presentato domani mattina a Milanello, avrà giusto una settimana di tempo per riorganizzare le idee e realizzare il passaggio dal piccolo Milan, al grande Milan. Domenica, infatti, ci sarà l’esordio in Serie A dell’ormai tecnico rossonero e guarda caso, lo farà di fronte a Roberto De Zerbi, allenatore contro il quale Gattuso ha raggiunto il suo più grande non che unico traguardo da allenatore.