In italiano lo chiamiamo fuorigioco, ma in tutto il mondo ormai è il nome inglese offside. Delle quattordici regole della prima codificazione ufficiale del 1863, il fuorigioco era la numero 6. Ciò significa che il calcio non è mai esistito senza offside. D’altronde una partita senza regola del fuorigioco sarebbe stata impossibile: uno o due giocatori starebbero fissi davanti al portiere per ricevere passaggi e segnare. La regola così recitava: «Quando un giocatore ha calciato il pallone, ogni giocatore della sua squadra che si trovi più vicino di lui alla porta avversaria è fuori gioco e non può nè toccare la palla nè impedire agli avversari di toccarla fino a quando uno di essi non lo abbia fatto: nessun giocatore è in fuori gioco se la palla viene calciata da un punto posto dietro la linea di porta». Una regola che in 150 anni è cambiata pochissimo; solo tre volte: nel 1866 si trovava in fuorigioco, in qualunque parte del campo, il calciatore che non avesse davanti a sé almeno tre giocatori avversari; nel 1907 si era in fuorigioco chi, nella metà campo avversaria, non avesse davanti a sé almeno tre giocatori dell’altra squadra; nel 1925 il fuorigioco prevedeva chi, sempre nella sola metà campo avversa, non avesse davanti a sé almeno due giocatori avversari. Regola tuttora attuale con una sola variante codificata nel 1990: non è considerato in fuorigioco il calciatore in linea con il penultimo avversario (in genere l’ultimo è il portiere). Potremmo dire che la trasformazione del fuorigioco sia diventata una vera e propria tattica e la creazione della linea immaginaria che fa da discriminante o meno per la regolarità della posizione di un giocatore. Indimenticabile nel 1974 la visione olandese della tattica del fuorigioco che ai Mondiali in Germania, fece impazzire le squadre avversarie. Una difesa che si schiera a zona, scattante in avanti mettendo in offside gli avversari già a centrocampo. Rimangono nella storia del calcio le immagini di sei o più calciatori olandesi che scattavano contemporaneamente in avanti, tutti contro il giocatore avversario in possesso del pallone, che spaventato da tale assalto, si ritrovava in un attimo a perdere il pallone. Una novità che sconvolse le vecchie logiche e che per anni fu portata avanti non solo dalla nazionale orange ma anche da squadre di club, si pensi al Milan di Sacchi.