Nell’ultima settimana si è parlato molto, giustamente, del problema razzismo negli stadi in Italia, a seguito di quanto avvenuto a San Siro durante Inter – Napoli.
NON E’ COSI’ CHE SI COMBATTE IL RAZZISMO
Partiamo da un presupposto, visto che altrimenti si potrebbero intendere cose diverse da quanto scritto: non stiamo giustificando ciò che è accaduto a Milano a Koulibaly, tutt’altro, vogliamo rincarare la dose per combattere al meglio questa battaglia.
Durante Lazio – Torino dalla curva laziale sono partiti diversi “buu” razzisti, come sono stati ormai etichettati, nei confronti di Meité, come hanno fatto anche notare diverse pagine sui social network ed alcuni siti web.
Le principali testate giornalistiche italiane però tacciono, sembrerebbero non aver sentito quello che invece migliaia di persone hanno udito. A questo punto la domanda, provocatoria, sorge spontanea: perché chiudere lo stadio/la curva dell’Inter e non quella della Lazio?
Ecco, una riposta, ancora provocatoria, io ce l’ho: un fatto accaduto ad una squadra come l’Inter, contro una squadra come il Napoli, ad un giocatore come Koulibaly, fa rumore, se invece accade ad altri allora la cosa può passare senza troppi problemi.
I vari organi calcistici (e giuridici) quindi smettessero di fare gli One Man Show, mostrandosi al pubblico come paladini della giustizia soltanto quando sanno di avere telecamere puntate addosso, ma sono pregati di fare il loro lavoro SEMPRE.
Il razzismo, in questo caso negli stadi ma non solo, è un problema che va combattuto, che sia a San Siro, all’Olimpico, al Benito Stirpe o al Bentegodi.
Siamo tutti Koulibaly, ma siamo anche Meité, e chiunque altro ne sia vittima.
La Redazione di MagazinePragma
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