Diamanti grezzi, trama e recensione


Diamanti grezzi, un film targato Netflix dall’andamento insolito che ci mostra un Adam Sandler inconsueto, il quale conferma di avere molteplici frecce al suo arco attoriale

Diamanti grezzi, trama

Il gioielliere Howard Ratner (Adam Sandler) ha un suo showroom a Manatthan, una famiglia e anche un’amante. Giocatore d’azzardo incallito, deve molti soldi a suo cognato (Eric Bogosian), legato al mondo della criminalità. Quando finalmente gli giunge dall’Etiopia l’opale che aspettava da tempo per venderlo all’asta e risolvere tutti i suoi problemi spunta fuori il cestista dell’NBA Kevin Garnett (nel film ancora in attività). Il quale vuole a tutti i costi la pietra, la scambia con un suo anello e si convince di poter trarre da tutto ciò influssi benefici quando scende in campo. Per Ratner comincia così una a dir poco rocambolesca avventura per recuperare l’opale.

Recensione

Benny e Josh Safdie imprimono a questo lungometraggio un andamento insolito, tra accelerate improvvise e brusche frenate, provando a rendere anche visivamente l’adrenalina che scorre attraverso il protagonista. Il quale risulta talmente goffo nel muoversi con scarsissimi risultati in giri loschi da suscitare empatia, quasi pietà. E, scommettiamo, anche una buona dose di immedesimazione dello spettatore. La fotografia di Darius Khondji ci immerge nel caos della New York più nascosta mentre molto apportano all’atmosfera generale le musiche psichedeliche firmate da Oneohtrix Point Never (Daniel Lopatin).

La sceneggiatura scritta dai due registi con Ronald Bronstein riesce a piazzare in tutto questo pochissimi orpelli e una buona dose di ironia. Nella sequenza iniziale l’interno di un diamante estratto in Etiopia diventa il colon di Howard Ratner, l’interno di un corpo che fatica a sgrezzarsi e a trovare il proprio posto nel mondo. Quando viene inquadrato in piano ravvicinato l’opale lascia trasparire con una certa parsimonia la bellezza dei suoi colori e il suo essere speciale: tutto questo è allo stesso tempo messo in ombra dalle grosse porzioni di roccia in cui sono incastonati i diamanti. Risulta chiara l’influenza di un maestro come Martin Scorsese, tra l’altro produttore esecutivo di questo film. Svetta su tutto e tutti la grande performance di Adam Sandler, che probabilmente meritava almeno una nominaton agli ultimi premi Oscar. Il suo personaggio crede di salvarsi attraverso la pietra che invece lo porterà ancora più in basso (e non era facile vista la sua condizione), fino a toccare il fondo in maniera irreversibile.

Un film non per tutti, che si odia o si ama, con il suo montaggio frenetico, i suoi colori cupi e le sue ambientazioni claustrofobiche. Una cifra autoriale insomma molto particolare e personale, quella dei fratelli Safdie.  Che in questa occasione non disdegnano una certa dose di critica sociale, di riflessione sul capitalismo e sulla vita attuale in una grande metropoli. La confusione di New York è la confusione in cui oggi sono spesso avvolte le nostre vite, in una corsa a ostacoli dove è sempre più difficile fare le scelte giuste.

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